Missioni Consolata - Gennaio 2008

MISSIONI CONSOLATA la volontà di riunificazione della pe- nisola e la definitiva cancellazione della linea di confine tra i due paesi. È dal 1953 che questa frontiera, sal- damente chiusa al transito sia di merci che di uomini, segna la proie- zione simbolica in Asia di quello che per l’Europa era il Muro di Berlino. In quell’anno, un armistizio pose tem- poraneamente fine a una sanguino- sa lotta armata costata la vita a due milioni e mezzo di uomini fra coreani, cinesi e statunitensi. La Guerra di Corea fu il primo con- flitto «per procura», che pose di fron- te le due superpotenze uscite vitto- riose dalla Seconda guerra mondiale: Stati Uniti e Unione Sovietica.A que- ste se ne aggiunse in seguito una ter- za, la Cina, che cominciava a riaffac- ciarsi alla scena mondiale dopo le u- miliazioni subite nell’Ottocento da parte dei paesi europei. Pechino non solo interpretava il coinvolgimento di Usa e Urss in un paese a lei confinante, come un peri- colo alla sua stessa esistenza,ma en- trando direttamente nella contesa, voleva far sapere a tutto il pianeta che una terza potenza mondiale era nata dopo il 1945.Mao Zedong, in Corea, ci perse il suo figlio prediletto, uno dei 150.000 cinesi morti a fianco dei soldati di Pyongyang.Da allora l’intera penisola rimase divisa e anco- ra oggi le due Coree sono ufficial- mente in stato di belligeranza, visto che non è mai stato siglato un tratta- to di pace. Il 38° parallelo resta così l’ultimo tratto della Cortina di ferro non anco- ra smantellato.Un retaggio di Yalta e- duna contraddizione al tempo stes- so, visto che la contesa mondiale del XXI secolo non si esplica più come op- posizione tra mondo capitalista e mondo socialista. E proprio in questo nuovo ordine mondiale, diviso più dall’appartenenza religiosa che da quella ideologica e politica, la Corea del Nord, ultimo regime a economia socialista «pura» esistente sulla terra, si sente isolata e respinta da quelle stesse nazioni che, un tempo, la ap- poggiavano, come la Cina. Pyongyang allora cerca di soprav- vivere cercando alleati tra quelle po- tenze che, pur combattendo aperta- mente l’idea marxista, si contrappon- gono al nemico comune: gli Stati Uniti. Iran, Siria, Pakistan intrattengo- no ottimi rapporti diplomatici e eco- nomici con Kim Jong Il. In cambio di assistenza militare, campo in cui la scienza nordcoreana eccelle, ecco ar- rivare quel petrolio che Clinton ave- va promesso nel 1994 per sopperire alla chiusura delle centrali nucleari, ma che Bush ha negato appena sali- to al governo. Le continue tensioni tra Pyongyang eWashington hanno in- fastidito anche Seoul, timorosa che un’ escalation del nervosismo influi- sca negativamente sulla crescita eco- nomica. È per questo che sulla linea di demarcazione valicata a piedi da Roh Moon-hyun campeggiavano due parole ben visibili: «Pace» e «Pro- sperità», due condizioni essenziali per lo sviluppo dei 70 milioni di co- reani. DIALOGO E INVESTIMENTI E pace e prosperità erano anche le parole d’ordine che hanno concluso gli attesi negoziati a sei tenutisi a Pe- chino contemporaneamente all’in- contro tra i due capi di stato coreani. Al termine dei loromandati, sia Bush che Roh hanno voluto lasciare in ere- dità ai successori uno spiraglio per ri- solvere al meglio il nodo coreano. «Una Corea del Nord economica- mente stabile è un vantaggio per MC GENNAIO 2008 59 Reparto di un supermercato per «ricchi» nella capitale nord coreana. Padre Josep Sayer, presidente della Misereor, celebra l’eucaristia nella chiesa cattolica di Changchung a Pyongyang.

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