Missioni Consolata - Gennaio 2008

MISSIONI CONSOLATA georgiano aveva già avuto l’ordine di mobilitazione. L’occupazione sovietica è sempre stata mal digerita dai georgiani. Subi- to dopo la rivoluzione del 1917 la Georgia si era resa indipendente e solo nel febbraio del 1921 fu ricon- quistata dall’armata rossa e costretta ad aderire all’Urss. In seguito, tuttavia, i georgiani diedero un considerevole contributo al regime sovietico, i cui crimini non si possono imputare ai soli russi.Georgiani erano Stalin e Be- rija, dal 1942 capo dell’Nkvd e della polizia politica: la Georgia non può certo chiamarsene fuori. Ai tempi dell’Urss la repubblica go- deva di un tenore di vita alto rispetto ad altre parti dell’Unione, crollato ra- pidamente dopo l’indipendenza con la chiusura delle fabbriche e lo scate- narsi dei conflitti sopra accennati.Ep- pure, a differenza di altre repubbliche ex sovietiche,qui non ho sentito nes- suno lamentarsi che, almeno dal lato economico, si stavameglio prima. PATRIOTTISMO...INDOLENTE L’amor di patria non è certo un cat- tivo sentimento;ma, allora, perché tutte quelle braccia giovani e forti pendono inerti dalle spalle, perché tutti quegli uomini seduti ai bar o ap- poggiati al muro di una casa? Perché le buche nelle strade non vengono colmate, i campi rimangono incolti, gli edifici cadono a pezzi senza che nessuno li ripari? Appena si lascia la Georgia e si en- tra inTurchia, attraverso il remoto po- sto di frontiera tra le montagne del Samtskhe, sembra di essere catapul- tati in Svizzera, tanto è stupefacente il contrasto tra le due parti del confi- ne. D’improvviso l’auto prende a sci- volare su un asfalto lucente, ovunque si vedono i segni del lavoro dell’uo- mo nei campi ordinati, nelle case, nei paesi. Qualche ora prima, in territorio georgiano, la nostra jeep arrancava su una strada tutta buche, con un pallido ricordo dell’antico fondo a- sfaltato; si attraversava paesi decrepi- ti e campi incolti.Nella cittadina di Vale, il maggiore centro urbano pri- ma della frontiera, il luogo più ani- mato era la fontana, dove la gente veniva di continuo ad attingere ac- qua, che le tubature rotte ormai non portano più nelle case. Seduti sulle panche sistemate lì accanto o ap- poggiati agli alberi della via, c’erano diversi giovani in attesa, di che cosa? Forse, di un autobus che non passa mai.Di scene simili in Georgia se ne possono osservare a ogni passo, nel- le città come nei villaggi. Il conte polacco Jan Potocki, che viaggiò nel 1797 da Mosca al Cauca- so, così scriveva nel suo diario: «Ho attraversato ancora un villaggio co- sacco e sebbene non fosse più gior- no festivo,ma feriale, non ho visto nessuno che si occupasse di alcuna opera e il far niente mi sembra in gran favore presso questo popolo». Almeno sotto quest’aspetto russi e georgiani sono fratelli.Anche a chi viaggia in terra georgiana viene da pensare che la cultura del lavoro non vi sia molto sviluppata, se non altro nella sua parte maschile, perché le donne sembrano avere un ruolo più attivo nell’economia. Non se ne può dare tutta la colpa al periodo sovietico, che ha inibito la libera iniziativa, o alla mancanza di la- voro, che ha spinto i più intrapren- denti ad andarlo a cercare in altri paesi, soprattutto in Russia. Padre MC GENNAIO 2008 49 Superficie: 69.510 kmq Popolazione: 4.395.789 (georgiani 70%; armeni 8,1%; russi 6,3%; azerbaigiani 5,7%; osseti, abkhazi e azeri) Capitale: Tbilisi Religione: ortodossi georgiani 65%; musulmani 11%, ortodossi russi 10%; ortodossi armeni 8% Lingua: georgiano ufficiale; russo,abkhazo, armeno, azero, greco, kurmanji, turco e differenti lingue caucasiche Alfabetizzazione: 86% Moneta: lari georgiano Pnl: 1.060 dollari pro capite Ordinamento politico: repubblica presidenziale; presidente Mikhail Saakashvili (2004); primo ministro Lado Gurgenidze (nov. 2007). Parlamento unicamerale: 235 membri Economia: agricoltura (cereali, agrumi, tè); allevamento (bovini e ovini); scarse risorse minerarie (manganese e idrocarburi); indu- stria (agroalimentari, tessili, attività legate al petrolio) Batumi, la sinagoga.

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