Missioni Consolata - Gennaio 2008

46 MC GENNAIO 2008 ITALIA di un ammalato, doveva costeggiare un isolotto in quel tratto di fiume. So- pra un banco di sabbia quattro ippo- potami si muovevano nella sua dire- zione. In quel momento gli venne in mente l’espressione «rispetto per la vita». Si rese conto che tale espressio- ne aveva in sé la soluzione del pro- blema che lo stava assillando.Gli venne inmente un’etica incompiuta e parziale che, per quanto lui sapesse, non aveva mai sentito né letto; ossia un’etica che prenda in considerazio- ne soltanto il nostro rapporto con al- tri esseri umani è un’etica incompiu- ta e parziale, e perciò non può posse- dere una piena energia. M a cos’è il rispetto per la vita, e come nasce in noi? «Se l’uomo vuol far luce su sé stesso e sul suo rapporto con il mon- do - sosteneva Schweitzer -, deve prescindere dalla congerie di ele- menti che costituiscono il suo pen- siero e la sua cultura e rifarsi al primo fatto della sua coscienza, il più imme- diato, quello che è perennemente presente. Solo di qui può giungere a una visione ragionata del mondo... L’affermazione della vita è l’atto spiri- tuale con cui egli cessa di lasciarsi vi- vere e comincia a dedicarsi alla sua vita con rispetto per elevarla al suo vero valore.Affermare la vita è ap- profondire, interiorizzare ed esaltare la volontà di vivere... Il rispetto per la vita, nato dalla volontà di vivere dive- nuta consapevole, contiene stretta- mente congiunte l’affermazione del mondo e l’esigenza morale. Essa cer- ca di creare valori e realizzare pro- gressi che giovino all’ascesa materia- le, spirituale ed etica dell’uomo e del- l’umanità». Tutta l’etica di Schweitzer deriva dal semplice e profondo pensiero che il «rispetto per la vita», di cui ci in- dica le possibili applicazioni: l’etica, a suo avviso, non ha nulla a che vedere con un’interpretazione del mondo; essa deve essere cosmica e mistica senza cadere nell’astratto... Egli fonda razionalmente il rispetto per la vita, come René Descartes (Cartesio 1596-1650) fondava razionalmente la certezza della propria esistenza. Mentre Descartes dice: «Penso, dun- que esisto», e poi si perde nell’astrat- to, Schweitzer rimane sul concreto e afferma: «Io sono la vita che vuole vi- vere inmezzo a vita che vuole vivere. Bisogna dunque rispettare la vita. L’uomomorale possiede il coraggio di lasciarsi tacciare di sentimentali- smo, ma rispetterà la vita universal- mente. Ossia l’essere umano può chiamarsi essere etico soltanto se considera sacra la vita in se stessa, sia la vita umana sia quella di ogni altra creatura». M a con il passare degli anni, con gli avvenimenti bellici e altri eventi, constatò che la mancanza di umanità era aumentata rispetto alle generazioni precedenti. Da un’analisi dei due conflitti mon- diali e delle relative conseguenze, Schweitzer si domandava come si potesse presentare a tutti il proble- ma della pace; inmodo del tutto par- ticolare dato che la guerra di epoche precedenti, rispetto a quella attuale, ha a disposizione mezzi di distruzio- ne e di morte enormemente più sofi- sticati di quelli del passato. Un tempo si poteva considerare la guerra unmale accettabile come uti- le, in qualche modo, se non addirittu- ra necessario. Era diffusa l’opinione che mediante la guerra i popoli più forti si imponessero su quelli più de- boli, determinando il corso della sto- ria. E dai molti esempi che si potreb- bero citare è possibile dedurre che una guerra favorisca il progresso,ma è anche possibile che conduca a un regresso. Se già ai tempi di Schweitzer si po- tevano avere meno speranze che la guerra moderna procurasse un pro- gresso, oggi, tali speranze sono anco- ra più lontane, in quanto la moder- nità e le tecnologie più avanzate so- no causa di una ben più ampia distruzione, e quindi di un immane regresso. «È evidente - ammoniva il grande filosofo - che una guerra rappresenta una orribile calamità, e non bisogna lasciar nulla di intentato pur di evitar- la; e ciò, soprattutto per una ragione etica.Nei due ultimi conflitti ci siamo macchiati delle colpe di un’orribile disumanità, e sarebbe ancora peggio in una guerra futura». Se nelle diverse manifestazioni la pace, che ben comprende il rispetto per la vita, è più che altro un fatto o la conseguenza di un conflitto, consi- derazioni diverse vanno fatte in riferi- mento all’ipotesi che essa sia consi- derata come un bene, e quindi come un valore da perseguire e, da questo punto di vista, diverse sono le inter- nazionalità e intensità.Ma ciò che è importante è l’individuazione di stra- de razionali e fattibili che portino alla pace: privando, in via minimale, gli e- ventuali contendenti dei loro stru- menti di guerra (disarmo); intendere la pace come prodotto di intese poli- tiche (più omeno libere), che si tra- ducono quindi in accordi fondati sul- la potenza, ritenere che la pace di- scenda da una scelta matura e consapevole (pacifismo), la cui forma più intensa è la non violenza (l’ante- signano della quale fu Indira Gandhi, 1917-1984). In decenni caratterizzati dalla gran- de incidenza del dibattito sui proble- mi della vita e sul rispetto della stes- sa, con il contributo di Schweitzer si è venuta a formare una concezione e- tica che richiama la nostra responsa- bilità per la vita dai rapporti interper- sonali all’atteggiamento nei confron- ti del mondo e della natura. ■ Il celebre ospedale fondato da Schweitzer a Lambaréné (Gabon) nel 1913.

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