Missioni Consolata - Gennaio 2008
MISSIONI CONSOLATA MC GENNAIO 2008 43 Gli autori G IANFRANCO T ESTA Missionario della Consolata. Ha lavorato in Spagna, Argentina e in Nicaragua. Da alcuni anni è in Colombia dove collabora con la Fundación para la Reconciliación e svolge servizio pastorale a Caracolí, una delle tante ba- raccopoli che disegnano il fianco della montagna a Sud di Bogotá. P AOLO F ARINELLA Prete della diocesi di Genova. Esperto di studi biblici e lingue orientali, collabora regolarmente con Missioni Consolata. L EONEL N ARVÁEZ Sociologo, missionario della Consolata, ha lavorato fra le tribù nomadi del Kenya (1979-1989) e poi (1990- 2000) fra i coloni della regione amazzonica colom- biana, dove ha anche svolto il ruolo di mediatore in negoziati fra il governo della Colombia, la chiesa e il gruppo guerrigliero delle Farc (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia). È il fondatore e coordi- natore della Fundación para la reconciliación . M ARIA N OSENGO Laureata in Psicologia, vive e lavora a Torino. Si è occu- pata di minori e attualmente opera come psicologa, prevalentemente in ambito scolastico e giudiziario. Interessata alle dinamiche sul conflitto, ha approfon- dito la conoscenza delle «Scuole di perdono e riconci- liazione» durante un soggiorno a Bogotá. modalità relazionale sono molti: dal campo internazionale, fino a quello della famiglia e della rela- zione nella coppia. De Beni (2002, Brescia) in un convegno su «Dono e Perdono» parla dell’a- more (definito «straordinaria esperienza di accoglienza») co- me del dono che, fin da bambini, dovremmo ricevere per forgiarci a diventare adulti «capaci di rico- noscerlo, reinventarlo e metterlo a disposizione dell’altro». Affer- ma anche che «il dramma di tan- ti conflitti, anche nella scuola di oggi, è la mancanza di amore per i giovani: guidati da una profes- sionalità neutrale e distaccata, si dimentica non la cultura, ma la cultura dell’essere accolti. E se ci dimentichiamo di questo i giova- ni non impareranno né geografia né storia…ma cercheranno di ac- caparrarsi quello spazio che gli è stato negato, e lo esprimeranno magari nel modo sbagliato». Le brusche interruzioni con cui le piccole e grandi violenze spezza- no il circuito dell’amore (e con es- so l’equilibrio e il benessere psi- chico delle persone) possono es- sere ricucite solo con il perdono. Esso ci permette di: - superare il passato senza rima- nerne schiavi o prigionieri - liberarsi dalle emozioni negati- ve, quali rabbia e rancori - ristabilire la fiducia nella vita e nel genere umano - ripristinare l’equilibrio psicolo- gico destabilizzato dalla violenza. Vorrei concludere citando il mon- do dell’infanzia e i meccanismi evolutivi dei bambini. Ne «Il mon- do incantato» di Bettelheim (1975), parlando del valore delle fiabe tradizionali nella crescita dei più piccini, l’autore constata che la magnanimità e il perdono diffi- cilmente appartengono alle trame delle fiabe per l’infanzia, sottoli- neando come ciò sia assoluta- mente positivo per una sana cre- scita del bambino. Egli ha bisogno di sapere con chiarezza cosa sia buono e cosa sia cattivo, in modo da formarsi una capacità di giudi- zio morale che ancora non pos- siede. Per questo motivo i perso- naggi delle fiabe sono unidimen- sionali (o malvagi o eroici), ma non si situano mai in una via di mezzo. Essi sono dei simboli che aiutano il bambino a riconoscere le sue stesse emozioni (che lo in- vestono sia sotto forma di gioia che di rabbia) senza considerarle distruttive per se stesso. Nel mondo adulto spesso rischia- mo di comportarci come i bambi- ni (senza però esserlo!): l’adulto infatti ha già compreso e speri- mentato la coesistenza degli op- posti, come una stessa persona possa avere aspetti sia buoni che criticabili, così come sa che nella sua vita si alterneranno situazioni in cui sarà vittima e altre in cui creerà vittime. A noi in quanto adulti, viene ri- chiesta una visione dell’uomo do- ve non ci siano «streghe cattive e fate buone», bensì uomini e don- ne con sentimenti ed emozioni contrastanti, talvolta anche di- struttivi. La strategia del perdono, che parte dalla «decisione» di in- traprendere un cammino di libe- razione interiore, ci insegna a guardare all’uomo nella sua uni- tarietà e ci spiana la strada verso la libertà. ● Un bambino colombiano descrive con un disegno un fatto violento di cui è stato testimone.
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