Missioni Consolata - Gennaio 2008
MISSIONI CONSOLATA MC GENNAIO 2008 39 vita, sono altre grandi sfide per la Colombia di oggi. In questo cam- po, la «Fondazione per la riconci- liazione» porta avanti, per mezzo delle «Espere», un programma di formazione di ex membri di grup- pi armati già reinseriti. Saranno poi loro le persone in grado di aiu- tare coloro che abbandonano la lotta armata e iniziano un proces- so di re-inserimento nella società. Abbiamo chiamato questo pro- gramma: «Leader della pace». Infine operiamo per «fare rete» con tutti gli operatori del settore in grado di collaborare a costrui- re processi sostenibili di pace. In Colombia, la dinamica virtuale di intercambio e comunicazione di esperienze e modelli nell’ambito di pedagogie per la pace, è debo- le; rafforzarla è uno dei nostri obiettivi primari. Che futuro hanno le «Espere»? I crescenti indici di violenza nel mondo sono ragione sufficiente affinché si sostengano le meto- dologie del perdono e della ri- conciliazione. Vari motivi posso- no dimostrare più profondamen- te la validità di un progetto come quello portato avanti dalla «Fon- dazione per la riconciliazione». Un primo motivo va direttamente al cuore della persona umana: punto, occorre sottolineare il la- voro svolto in seno ai gruppi etni- ci che, storicamente, sono stati marginalizzati e oppressi come le comunità indigene e afrodiscen- denti. Inoltre, la cosmovisione in- digena e il diritto proprio che ad essa si ispira apportano nuove ed originali modalità di comprensio- ne e soluzione dei conflitti anco- ra sconosciuti dalle comunità na- zionali. Oggi le «Espere» stanno creando, per la Colombia e per il mondo, un metodo innovativo di verifica- ta efficacia per garantire processi sostenibili di pace sia a livello col- lettivo sia a livello intra-persona- le, famigliare e comunitario. Grazie alla cultura ed alla peda- gogia del perdono, inteso come risorsa intrinsicamente politica più che come virtù religiosa, vo- gliono favorire narrative nuove che aiutino vittime e carnefici a li- berarsi dalle catene del passato alle quali restano irrimediabil- mente legati. L’affrancarsi da que- ste catene potrà creare un doma- ni diverso in cui possa esserci più spazio per verità, giustizia e la pa- ce, condizioni fondamentali per il consolidamento della democrazia in Colombia e nel mondo. Davvero, merita ripetere come un mantra la famosa frase del Premio Nobel per la pace sudafricano De- smond Tutu: «Senza perdono non c’è futuro!». ● rabbie, rancori e desiderio di ven- detta sono fattori soggettivi della violenza (sia di quella politico- sovversiva, sia di quella sociale). Trattarli adeguatamente costitui- sce la condizione senza la quale sarebbe impossibile qualsiasi pro- cesso di pace sostenibile. Inoltre, l’assenza di modelli di as- sistenza psicosociale a vittime della violenza (reinseriti e popo- lazioni vulnerabili in aree di vio- lenza) richiede presenze che mol- tiplichino sforzi per diffondere la cultura della riconciliazione. Non bisogna neppure nascondere il fatto che la violenza che matura in famiglia e nella scuola genera soggetti potenzialmente violenti. Se organizzazioni come la nostra riescono a giungere a questi nuclei basilari della società si potrà pre- venire, un domani, il reclutamen- to di nuovi soggetti armati da par- te di gruppi impegnati nel conflit- to o ai margini della legge. La Fondazione cerca di lavorare anche sulla formazione del citta- dino. Dare alle persone strumen- ti che le aiutino ad annullare le conseguenze della violenza, si- gnifica aumentare la loro capacità di mobilitazione, organizzazione e gestione politica nella rivendi- cazione dei loro diritti. Parzialmente collegato a questo Un esercizio di gruppo durante un scuola del perdono.
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