Missioni Consolata - Gennaio 2008

MISSIONI CONSOLATA MC GENNAIO 2008 33 per piede» (Es 21, 24) che costi- tuisce un passaggio di civiltà enorme. Prima di Mosè, infatti, la vendetta aveva un rapporto di uno a sette, degenerando fino a rag- giungere l’impressionante cifra di uno a settanta volte sette, cioè un numero senza fine: «Sette volte sarà vendicato Caino, ma Làmech sarà vendicato settanta volte set- te» (Gen 4, 24). Ciò significava che per un torto, una violenza, una morte, si riparava con sette torti, sette violenze, sette morti fi- no a Caino, ma fino a settanta vol- te sette da Làmech in poi. In que- sto contesto sociale, la legge del taglione introdotta da Mosè che, a noi sembra una barbarie, costi- tuì un trapasso di civiltà portando la vendetta ad un rapporto pari- tario di uno a uno. Bisognerà aspettare Gesù di Na- zareth per piantare l’altra pietra miliare che cambia il volto e il cuo- re dell’uomo: la vendetta si ripara col perdono. All’ingiustizia e al male si risponde con l’amore e con la misericordia, fino a diventare il simbolo del vangelo del Dio incar- nato: «Amate i vostri nemici e fa- te del bene a coloro che vi odiano» (Lc 6, 26). In un tempo in cui la vendetta è il pane quotidiano di molta parte dell’umanità e le folle sono assetate di sangue, in un tempo in cui popoli interi alimen- tano di vendetta il proprio futuro, uccidendo così solo la speranza dei propri figli, annunciare e testi- moniare il perdono e la misericor- dia è la più grande rivoluzione che oggi si possa compiere perché es- sa non si occupa di modificare le strutture, ma si preoccupa di toc- care il cuore e la parte profonda dell’animo umano: là dove avvie- ne l’incontro tra Dio e la persona e dove ciascuno di noi può fare propria la preghiera di Davide: «Abbi pietà di me, o Dio, nella tua chesed (amore di tenerezza), se- condo l’abbondanza delle tue ra- chamìm (grembo materno) can- cella il mio peccato» (Sal 51,3) e sentire come una eco in sottofon- do la voce degli angeli che canta- no: «Il Signore, il Signore Dio di pietà e di misericordia, lento all’i- ra e ricco di tenerezza e verità» (Es 34, 6). Di fronte a questo proget- to di civiltà non ci resta che acco- gliere l’invito di Gesù al dottore della Legge nella parabola del buon Samaritano: «Va’ e anche tu fai così» (Lc 10, 37). ● razione e ai ciechi la vista; per ri- mettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Si- gnore… Allora cominciò a dire: “Oggi si è adempiuta questa scrit- tura che avete udita con i vostri orecchi”» (Lc 4, 18-21; cf Is 61, 1- 2). La citazione di Luca è molto im- portante specialmente per quello che non dice. Il v. 2 di Isaia (a cui fa riferimento il v. 19 del passo lu- cano) dice testualmente «a pro- mulgare l’anno di misericordia del Signore, un giorno di vendet- ta per il nostro Dio». Luca omette la seconda parte del versetto («un giorno di vendetta per il nostro Dio»), per evidenziare l’atteggia- mento favorevole con cui Dio, in Gesù Cristo, viene incontro agli esclusi dalla mensa della pienez- za della vita. Il primo atto pubblico di Gesù è un discorso programmatico di mi- sericordia che è il nome nuovo della giustizia di Dio (Sal 33/32,5; 36/35,11). Questa giustizia se- gna tutta la vita e il vangelo di Ge- sù: dall’accoglienza dei peccato- ri (Lc 7, 36-50) fino ai suoi croci- fissori che egli perdona in punto di morte (23, 34). Non c’è nulla della logica umana nel comporta- mento del Figlio dell’uomo, che viene a rivelare una giustizia estranea all’orizzonte umano: Dio è giusto perché perdona sen- za tenere conto di meriti e deme- riti perché la sua misericordia è radicata nel cuore stesso di Dio. Senza condizioni Con una frase a effetto si potreb- be dire che il mestiere di Dio è il perdono. È la teologia della croce la sorgente di questa «novità». Su quel legno di morte Cristo insieme a sé ha «crocifisso» anche il pec- cato dell’umanità (Rm 5, 19), inau- gurando «l’anno di grazia del Si- gnore» (Lc 4, 19). Questo consiste proprio nel dare la giustificazione a coloro che non possono acce- dervi perché non hanno nemme- no la forza di alzarsi dalla loro de- bolezza. Il perdono è per Dio l’u- nico modo di essere giusto: il suo modo; egli non si limita a cancel- lare il male, ma rigenera la perso- na a nuova vita come se rinasces- se nuovamente. Risulta chiara nel- l’episodio dell’adultera narrato nel vangelo di Giovanni: «Donna... nessuno ti ha condannata? Nessu- no, Signore... Neanch’io ti con- danno; và e d’ora in poi non pec- care più» (Gv 8, 10-11). Nel «per- dono» di Gesù alla donna si evidenzia un atto di liberazione che è il punto di partenza per la vi- ta nuova di una persona destinata alla morte per lapidazione da par- te di coloro che l’avevano abusa- ta. Etimologicamente «perdona- re», in italiano e nelle lingue euro- pee, è formato da un prefisso «per-» che esprime pienezza e ab- bondanza e dal verbo «donare»: il verbo composto significa pertan- to «donare completamente/del tutto, donare in sommo grado/in abbondanza». In altre parole «perdonare» è il verbo «donare» al superlativo. San Tommaso, rifa- cendosi ad alcuni testi del Nuovo Testamento (Ef 4, 32; 2Cor 2, 10) afferma che nel perdono Dio eser- cita un potere superiore a quello della creazione perché il dono per eccellenza è il perdono (S.Th., II- II,113,9, sc.). Nella storia biblica vi sono due pietre miliari che riguardano il perdono e la misericordia. La pri- ma è costituita dalla legge del ta- glione «occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede La parabola del Buon Samaritano in un disegno Macua (Mozambico). Anche questo paese africano ha dovuto riconciliarsi con il proprio passato di guerra e dolore.

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