Missioni Consolata - Gennaio 2008

DOSSIER 28 MC GENNAIO 2008 Mondiale sono riusciti ad ottenere regimi democratici attraverso lot- te civili crudeli e violente. La Bibbia stessa pone come esem- pio dell’intervento di Dio a favore del suo popolo un fatto intriso di forti connotazioni religiose, ma che nello stesso tempo lascia in- travedere azioni di sabotaggio, razzia e massacro (Esodo 12, 29.35). Ancora una volta il cammino per arrivare a ottenere un cambio so- ciale e politico (e quindi la libera- zione) è stato violento e sembra essere questo, in realtà, il para- digma necessario. Tuttavia, anche il popolo eletto e liberato ha dovu- to percorrere un lungo cammino di purificazione e di formazione per riuscire a uniformare la sua vita se- condo quello che era il progetto originale di Dio. Nasce di conseguenza la doman- da: è sufficiente ottenere la libera- zione per essere liberi? È sufficien- te avere coscienza di appartenere a un progetto di Dio, per riuscire a realizzarlo e a viverlo? Che cosa manca al cammino dei popoli che hanno raggiunto un alto grado di indipendenza e di benessere per sentirsi veramente e interiormen- te affrancati? Viviamo una scissione fra realtà e memoria e a causa di questo in- contro fallito si trascinano situa- zioni che non ci permettono di es- sere liberi. Molte volte il passato conserva al suo interno una gran- de carica di traumi e dolore che spesso cerchiamo di nascondere, invece di elaborarli e assimilarli. Far sì che un passato negativo non ci condizioni troppo, al punto da non permetterci di vivere con spe- ranza e libertà: questo è perdono. Nel perdono, pertanto, si incontra una forte carica di memoria riela- borata e, lì dove possibile, tra- sformata in un elemento di forza. Il perdono non è mai dimentican- za, perché non si può perdonare il nulla. Ci sono perdoni «facili», che in realtà non sono dei veri perdo- ni, in quanto, secondo quanto af- ferma il filosofo Jaques Derridá, si può solo perdonare l’imperdona- bile. Per il credente, il perdono è la realtà che ci introduce nella parte più profonda del mistero di Dio che è soprattutto compassione e misericordia. Per coloro che non fanno riferimento a un credo spe- cifico, il perdono permette co- munque di vivere l’esperienza del- la libertà e della gratuità. Il perdono è gratuito, non ha altro prezzo che la capacità di mettere bene, lì dove c’è il male, la benda dove ci sono ferite. E tutto ciò non nasce da un mandato etico o mo- rale: non si perdona perché si de- ve, ma soltanto perché lo si vuole. Quando qualcuno si sente obbli- gato e «deve» perdonare, crea sì la condizione di un nuovo incontro con l’altra persona, ma non entra nella dinamica del perdono che, essendo l’atto che esprime la mas- sima forma di umanità, esige an- che la massima libertà. Chiaramente, uno può invitare o persino obbligare due bambini a perdonarsi, dandosi la mano: si tratta in questo caso di un’azione pedagogica; ma nel caso di un adulto questi potrà giungere a per- donare soltanto perché lo vuole e secondo le modalità che lui stesso desidera stabilire. Per questo motivo, perdono e ri- conciliazione devono essere pre- parati attraverso una progressiva presa di coscienza, un cammino che coinvolga la persona nella sua totalità, non solamente emoziona- le e neppure esclusivamente ra- zionale. Il perdono è sempre un processo in cui emozioni, ragione, volontà e spiritualità reclamano il proprio spazio. Una complemen- tarietà fra questi elementi non è facile da ottenere, può succedere che uno di essi prenda il soprav- vento sugli altri pregiudicando l’e- quilibrio del processo. Se questo avvenisse, il perdono potrebbe as- sumere la forma di un imperativo D a unpo’di anni a questa parte perdono e riconciliazione sono entrati a farparteconpiù insistenzadella riflessionemissiologica,colmando un vuoto apparentemente inspiegabile se si pensa che in fondo, quella della chiesa, è soprattutto unamissione di riconciliazione. Basti pensare che l’opera di David Bosch TransformingMission (La trasformazione del- la missione), una vera e propria «Summa» di missiologia pubblicata nel non lontano 1991,nonne fa il minimo accenno.Un’inversione di tenden- za in questo senso si deve ad alcune decisioni cruciali prese a cavallo del millenniodi fronte alla necessità e al dramma di confrontarsi conunpas- sato carico di violenza e di dolore. Forse il punto più significativo di que- sto voler tessere nuove trame per costruire una società diversa non più fondata sull’odio e la vendetta è stata l’istituzione delle commissioni di veritàericonciliazione inSudAfrica (1995) eafigureeccezionali comeNel- sonMandelaeDesmondTutuchehannoavuto il coraggioe la fededi cre- derci, promuoverle e sostenerle. Il contesto, ancora una volta, ha provocato la teologia. Una donna sudafricana offre la sua testimonianza in una commissione di verità e riconciliazione.

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=