Missioni Consolata - Gennaio 2008
MISSIONI CONSOLATA MC GENNAIO 2008 27 propri atti di eroismo da parte del- la vittima. Solo a queste condizio- ni il perdono è in grado di creare una catena di relazioni capaci di rinnovare una vita umana in modo profondo e totale. Strumento di liberazione Con molta solennità si insiste a ce- lebrare fatti di guerra come fonda- mento di liberazione dei popoli. L’Africa e l’America Latina ricorda- no con molto orgoglio le gesta dei propri eroi che, quasi sempre, han- no conquistato la libertà per i loro popoli grazie a guerre e solleva- zioni di massa, anche se non sem- pre l’indipendenza ha significato «libertà». Allo stesso modo, molti popoli europei, tra cui l’Italia, do- po la fine della Seconda Guerra potenziale o reale conflitto. In queste circostanze è allora pos- sibile perdonare? Chi? Come? È fa- cile comprendere che in situazioni limite o in circostanze in cui il ne- mico è invisibile o indefinibile, il te- ma del perdono si faccia più sfu- mato e più complesso. D’altra par- te, quante volte si è considerato il perdono come una soluzione faci- le e ad effetto, soprattutto quando questo viene offerto senza molta coscienza o in modo spettacolare? Il perdono è sempre un processo, a volte lento e faticoso, che esige tempo e riflessione. Un perdono esigito solo e soltanto per com- piere un dovere – anche se religio- so – o «regalato» con superficialità, non ha radici e non può dare frut- to. Il perdono è la negazione di ciò che è semplice e a poco prezzo. Para- frasando Bonhoeffer possiamo tranquillamente dire che il perdo- no costa caro. A volte costa veri e P uò succedere nella vita di tro- varsi davanti a quelle che sono delle vere e proprie «situazio- ni limite». Può darsi che queste as- sumano i tratti della morte violen- ta di una persona che si ama o di una grave offesa alla propria di- gnità; di un inganno che tradisce la fiducia riposta, oppure di un ge- sto o un episodio di violenza: qual- cosa, insomma, che sembra in- trappolarci, precludendoci ogni via di uscita. Tanto la storia personale, come quella sociale presentano spesso ostacoli capaci di intralciare o a volte impedire un vivere insieme armonico, positivo. I gravi fatti che nel passato hanno segnato le vite dei popoli, hanno creato divisioni molto profonde, aprendo ferite storiche dopo secoli e secoli, così come è successo nei Balcani, in Rwanda o in Burundi. La presenza di eserciti internazionali sotto le in- segne delle Nazioni Unite, invece di essere un deterrente, ha molte volte contribuito a rendere più profonda la reciproca avversione fra le parti in conflitto, prolungan- do in questo modo l’agonia della pace. La geografia, frutto di trattati tra vincitori o di decisioni di grandi po- tenze coloniali o neocoloniali, pre- senta condizioni che alterano i rap- porti fra i popoli e disegna scenari e situazioni sovente esplosivi. La povertà, infine, risultato della ingiusta distribuzione dei beni è fonte di un grave malessere che può sfociare in violenza e guerre quando gli unici nemici ricono- sciuti sono le politiche economiche globali che causano situazioni di Un faticoso cammino di liberazione IL PREZZO DEL PERDONO In un mondo che sembra favorire modelli di conflitto e rivalsa la scelta di perdonare potrebbe apparire una scelta debole e perdente. Al contrario, il perdono si propone come un’opzione forte, un maturo percorso di liberazione che investe la totalità dell’essere umano. Di Gianfranco Testa L’autore dell’articolo con un giovane della periferia di Bogotà .
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