Missioni Consolata - Gennaio 2008
UN DIO RECIDIVO È interessante notare come lo stess o verbo nella stess a costruzione sintattica è usato da Luca altre due volte so- le. Nella parabola del Samaritano (Le 10,25-37 ) che men- tre si trova in viaggio pass a accant o a un suo acerrimo ne- mico, «lo vide e n'ebb e compassione». Il secondo verbo in greco è reso da «esplanchnìsthé) (Le 10,33) . Un nemico che sperimenta un amore viscerale, generativo è un atto rivoluzionaroi che incrina la logica dell'odio e vendetta. Nel racconto della vedova di Naim, Gesù «è scoss o nel- le viscere» (Le 7,13) di fronte a una donna senza marito che perde anch e i l figlio. Qui lo scuotimento interiore previene una catastrofe: una donna in quelle condizioni poteva diventare schiava, perché senza protezione, senza uomo. In tut ti e tre i casi Le descrive un ritorno alla vita, una rigenerazione delle persone coinvolte. Il padre, secondo l'usanza del tempo, avrebbe dovuto attendere i l figlio fermo, in piedi sulla soglia di casa , in- vece troviamo un uomo che corre disordinatamente, per- dendo la sua dignità: «Correndo cadde sopra il collo di lui e lo baciò (teneramente)» (v. 20). Con nove parole (in gre- co) l'evangelista riesc e a dipingere una scen a drammat-i ca e straordinaria: il padre che corre, inciampa nel figlio nella foga di toccarlo, lo investe quasi a volerlo riportare dentro le sue viscere paterne, lo bacia senza ritegno e senza fine. È un modo simbolico per esprimere il deside- rio di «mangiarselo» per riportarol dentro i l suo cuore reintegrando la sua condizione di figlio rigenerato. L'irruenza del padre che irrompe nella vita del figlio della parabola lucana, è espress o dall'autore con una co- struzione orecchiabile (tecnicamente si dice «onoma- topèica, fare lo stess o nome-suono»): epèpesen epì tòn tràchèlon. lI verbo epèpesen (cadde) è costruito ripeten- do due volte la preposizione «epì-», che in italiano signi- fica «sopra» e non è assolutamente possibile rendere con tutta l'intensità del greco: «Cadde sopra, (proprio) sopra il collo di lui». PERDERE LA DIGNITÀ PER RESTITUIRE L'ONORE L'accenno esplicito alla «corsa del padre» è significat-i va: secondo i l costume del tempo (sia in Oriente che in Grecia, a Roma), l'uomo che «corre» compie un gesto i - gnobile, contrario alla sua dignità di uomo e di «capo» con una autorità legale e sociale. Avere fretta significa non rispettare i l tempo necessari o a ogni cos a e l'uomo che corre ha fretta e con ciò dimostra di esser e ineduca- to e inferiore. L'uomo maturo, nobile non ha mai fretta perché tutto deve compiersi con onore e dignità. È terri- bilmente disdicevole che un padre corra verso suo figlio. Il padre sa tutto questo e, nonostante tutto, «corre»: preoccupato di restituire la dignità al figlio, non esita a perdere la sua. Il padre non tiene in alcun conto la sua dignità e decoro. E un elemento ulteriore della natura del padre come immagine del «Padre» dei cieli: davanti al re- cupero, nessun galateo o convenzione può bloccare la gioia incontenibile, che suscita atteggiamenti e compor- tamenti che all'esterno possono apparire anche come di- sdicevoli e non consoni alla dignità di chi l i compie. Un parallelo al femminile di questo comportamento si trova nel libro di Tobia dove l'autore usa le stess e pa- role. Tobia è di ritorno con l'angelo, portando il fiele di pesc e per curare la cecità del padre. Egli è un figlio che lascia i l padre per andare a cercar e lontano una cura che lo guarisca. La madre di Tobia, Anna, sta seduta sulla soglia di cas a a scrutare la strada da cui era par- t i to il figlio. Ella ha la percezione di vedere il figlio e do- po averlo detto al padre Tobi, così continua il testo gre- co: «Anna cors e avanti e si gettò sul collo del figlio» (Tb 11,5-13 , qui v. 9). In greco vi è una corrispondenza straordinaria: sia i l padre del figlio della parabola che la madre di Tobia non temono di perdere la faccia pur di andare incontro ai rispettivi figil che tornano salvi: il primo dopo avere ucciso i l padre torna con un resi- duo di vita che vuole consumare nella servitù; i l se- condo per amore del padre che vuole guarire dalla sua cecità con l'aiuto di Dio. IL BACÌO: SACRAMENTO DEL PERDONO «Lo baciò». Baciar e qualcuno non significa solo vici- nanza e affinità, ma anche perdono. Il bacio è il segno del perdono totale, perché è un gesto d'amore totale. Inse- gna la psicologia che i l bacio per sua natura tende al morso, perché esprime i l desiderio di comunione asso - luta: mangiare l'altro per farne la parte interiore più profonda di sé. E l'atteggiamento della mamma che col- mando di baci i l proprio bambino dice «ti mangio, t i mangio». Chi bacia esprime, chiede e offre intimità, co- munione, condivisione, totalità. Nella bibbia si hanno alcuni esempi di questa dinam-i ca affettiva: «Cadere sul collo e baciare». Nel racconto dell'incontro tra Giacobbe ed Esaù, questi ha tutte le ra- gioni ambientali per odiare suo fratello che lo aveva scip- pato della primogenitura; invece «gli cors e incontro, lo abbracciò, cadde sul collo di lui, lo baciò e piansero» (Gen 33,4) . Anche Giuseppe, quando incontra il vecchio padre Giacobbe, «si gettò sulla faccia di suo padre, pian- se su di lui e lo baciò» (Gen 50,1) . Anche Giuda «baciò» il suo maestro, ma solo per ind-i carlo come bersaglio dell'aggressione umana e ferocia assetat a di morte (Me 14,45) . Lo stess o gesto può esser e simbolo e sigillo di amore totale, ma anche di tradimen- to senza scampo. I l bacio del padre però non è disgiun- to dal fatto che «cadde sul collo di lui», quasi a dire che intende raccoglierlo nel suo grembo e goderselo come figlio partorito per la second a volta. L'azione del cader e indica che il padre lo copre con tutta la sua persona, fa- cendo da scudo alla fragilità del figlio e rincuorandolo con i baci del cuore espress i dai baci della bocca . Il figlio non fa in tempo a dire i l suo pentimento che già si trova «baciato» dal padre, cioè perdonato: egli è perdonato prima ancora di chiedere perdono. Sta qui l'annuncio della parabola lucana, che ancora oggi fac- ciamo fatica a capire, per cui non riusciamo nemmeno a incontrare Dio, perché ci incaponiamo di volergli attri- buire modi umani di comportamento: il perdono del fi- glio, dato prima ancora che lo chieda, è la logica di Dio, è la rivoluzione delle religioni di ogni tempo, che si ba- sano su una certa reciprocità. Qui non c'è alcuna reci- procità, perché chi ama non aspetta di ricevere in cam- bio qualcosa, non mercanteggia e non ha dignità da sal- vaguardare. Chi ama perde se stesso , perché vive per l'al- tro senza calcoli e interesse, ma con i l solo obiettivo di esser e strumento di nascita per la persona amata. (continua - 15) 24 • MC GENNAIO 2008
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