Missioni Consolata - Gennaio 2008

1 lo attrae al suo cuore. Il figlio non sa, non conosc e la for- za che lo spinge, ma ne è coinvolto e quando è all'oriz- zonte, prima ancora di vederlo, il padre ne percepisc e la presenza e corre, corre, corre precipitandosi verso di lui perché i l suo cuore «sa già» che è lu.i Nell'impatot dell'incontro nessun a parola, solo una convulsa gestualità di affetto. Padre e figlio comunicano con la fisicità dei loro corpi, perché quando l'amore e- splode, nessun a parola del vocabolario è sufficiente a e- sprimerne la pienezza e totalità. Rest a solo il silenzio d'a- more che parla attraverso i gesti del corpo. In questo sen- so la corporeità acquista una valenza fortemente spiri- tuale, perché diventa l'anima visibile e palpabile. Bisogna vedere non solo da lontano, ma bisogna an- che saper e vedere lontano per cogliere i segni di una presenza che solo nella profondità e lungimiranza si può scrutare. Che fare con quel figlio dato per morto? Agli occhi del padre deve esser e apparso come uno spettacolo miserevole, un uomo ridotto in schiavitù, un figlio mezzo morto e perduto, eppure quegli occhi san- no vedere oltre, contemplano la visione del figl io in quanto tale, indipendentemente dalla condizione in cui si trova. Un padre comune, potremmo dire un padre «ovvio», a questo punto per prima cos a avrebbe fatto u- na predica al figlio e lo avrebbe inchiodato in un sens o di colpa da cui difficilmenet si sarebb e salvato. Il padre della parabola al percepire i l figlio ancora prima di ve- derlo, mentre era lontano, ritrova la vita. Certo, i l figlio ha sperperato la sua vita in un paes e lontano, ma ora torna e riporta solo le briciole di quella vita che ha d i- sperso senza sens o e senza salvezza. I l padre sa che de- ve ripartorire quel figlio, se vuole che rinasca di nuovo. Anche i l figlio, ora, lo sa. L'AMORE RIMETTE IN MOTO LA VITA Dopo la «visione» i l padre «fu commoss o nelle vi- scere». Luca usa il verbo passivo greco «esplanchnìsthé» che traduce l'ebraico rahàm (da cui rèchem, utero, e i l «L'ihcontro di Giuseppe e Giacobbe» di Giovanni Andrea de Ferrari (chiesa di 5. Rufino a Leivi, Genova). «Tobi e Anna» di Rembrandt (Museum Roymans van Boiningen, Rotterdam). suo plurale rachamìm, uteri, viscere interiori). Da questo termine deriva anche ciò che noi esprimiamo con la pa- rola misericordia. L'ebraico richiama Lutero materno (= rèchem) nell'atto di generare alla vita (cf Sai 51/50,3) : i l soccors o dato a qualcuno, l'aiuto donato è sempre un ge- sto generante. La traduzione della Bibbia Cei, che rende con «com- mosso», non fa giustizia al testo che invece intende e de- scrive un amore viscerale, cioè senza ragione logica, un amore a perdere, che solo una madre e un padre sanno sperimentare: i l riferimento al «grembo/utero» materno mette in evidenza che la misericordia di Dio, qui rappre- sentato dal «padre», non è una concession e benevola, ma un atto che genera e riporta alla vita. Quando si è affer- rati dal perdono di Dio si scoppia di vita e questa zam- pilla di gioia. Ecc o lo scandalo del Dio di Gesù Cristo: e- gli perdona perché vuole fare rinascere a vita nuova. Il sapiente Siracide aveva criticato il padre le cui visce- re si sconvolgono a ogni grido del figlio (cf Sir 30,7) , mentre l'innamorata del Cantico si sent e sconvolta nelle viscere, quando l'amante cerc a di forzare la porta per en- trare da lei (Ct 5,4) e infine i l profeta Isaia afferma l'im- possibilità per una madre di abbandonare i l figlio a se stesso : «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per i l figlio delle sue viscere?» (Is 49,15) . Geremia invece ci ricorda che Dio, nonostan- te l'infedeltà di Efraim, prova per lui un amore di tene- rezza: «Per questo le mie viscere si commuovono per lu,i provo per lui profonda tenerezza» (Ger 31,20) . In tut ti questi testi in ebraico si usa i l verbo o i l so- stantivo «rachàm, rèchem» e i l Siracide che è scritto solo in greco usa i l sostantivo corrispondente «splànchina», restando quindi tut ti nel contesto del significato fonda- mentale: un amore generativo senza calcolo e senza a- spettative che Davide invoca dopo i l duplice peccat o di omicidio e di adulterio: «Sii grazioso, o Dio nella tua te- nerezza, nell'abbondanza delle tue rachamìm (viscere materne) puliscimi dalle mie ribellioni» (Sai 51/50,3) . MC GENNAIO 2008 • 23

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