Missioni Consolata - Gennaio 2008
religiose e «antisocialiste» dei lo- ro familiari. I funzionari del « si- gurimi » entravano nelle case,con le scuse più banali, e le perquisi- vano, frugando perfino nei bauli del corredo delle donne, per scoprire segni religiosi, e poi ac- cusare gli inquilini come «antiso- cialisti». Il venerdì santo del 1967, per esempio, gruppi del- l’associazione «Pionieri» entra- rono nelle case dei quartieri cat- tolici di Scutari, per controllare la situazione e la pulizia;ma il ve- ro scopo era quello di riferire al- la polizia in quali case si stavano preparando dolci o si colorava- no le uova di pasqua,oppure do- ve si trovavano rosari,croci e im- magini sacre. Ormai tutti i preti, nessuno e- scluso, erano stati tolti dalla cir- colazione. I gerarchi del partito comunista si vantavano di aver fatto dell’Albania «il primo pae- se ateo al mondo». Il triste pri- mato non è l’unico. Il livello di re- pressione religiosa è stato supe- riore a quello di altri regimi rossi, sia per la durata che per la cru- deltà, il sadismo e le perfide mo- dalità orientali con cui la perse- cuzione veniva perpetrata. Il co- munismo aveva affidato compiti e poteri per il lavoro più sporco ai musulmani. Riportiamo alcuni esempi. A don Lazer Shantoja furono spezzati piedi e mani. A vederlo così ridotto, sua madre esclamò disperata: «Compro io il proiet- tile per ucciderlo,ma non lascia- telo più in queste terribili condi- zioni. Fu il primo martire, fucila- to, nel 1945. Padre Serafin Koda, francescano, spirò con la trachea strappa- ta fuori dalla gola; papas Pandit, prete cattolico di rito bizantino, fu decapitato e la testa fu lasciata in mostra sul petto; papas Jo- sif, anche lui prete di rito orientale, fu sepolto vivo nel campo di lavoro della palude di Maliq. A don Mark Gjini fu chiesto, sotto indicibili torture, di rinnegare Cristo; rispose invece: «Viva Cri- sto re!»:morì legato in modo da soffocare e il suo corpo fu get- tato ai cani; i resti poi furono buttati nel fiume. Suor MariaTuci, fu sottoposta a torture inumane:morì all’ospedale di Scutari po- co dopo gli interrogatori. Padre Frano Kiri, francescano, rimase legato con un cadavere in decomposizione per tre giorni e tre notti. Il gesuita padre Gjon Karma fu chiuso vivo in una cassa da morto.Padre Bernardin Palaj morì di tetano causato dai ferri con cui fu torturato. Don Lekë Sirdani e don Pjetër Çuni morirono immersi con la testa in giù nel pozzo nero.Don Mikel Beltoja fu a lungo torturato con punteruoli e poi fucilato. C on la morte di Hoxha, nel 1985, finiva un incubo; ma an- che sotto Ramiz Alia (presidente fino al 1992), non man- carono le forme subdole della dittatura comunista contro la chiesa cattolica, almeno fino al 4 novembre 1990. Quel giorno fu celebrata una santa messa nel cimitero cattolico di Scuta- ri, la prima dopo decenni di ter- rore. La chiesa cattolica poté co- minciare a riorganizzarsi e, so- prattutto, a raccontare la sua storia di martirio. Dei circa 200 perseguitati tra preti diocesani, religiosi e vescovi, solo in 27 e- rano sapravvissuti.Dei circa 170 martiri, molti erano caduti per morte violenta (5 vescovi, 60 preti diocesani, 30 frati france- scani,13 gesuiti, 10 seminaristi e 6 suore), gli altri erano decedu- ti a causa di stenti e di fatica du- rante la lunga detenzione. Ma la storia non è ancora fi- nita: nell’elenco mancano so- prattutto migliaia di laici, dal momento che, per affermarsi, il regime comunista ha dovuto sbarazzarsi anche di tutta la classe dirigente e intellettuale del paese, costituita in preva- lenza da personalità del mondo cattolico. Nel 2002 è stato avviato il processo di beatificazione di 40 martiri albanesi, 38 dei quali uc- cisi durante la dittatura comu- nista: sono vescovi, preti dioce- sani, religiosi francescani e ge- suiti, laici, tra cui anche una donna. Il numero può sembrare esiguo, ma è sufficiente per sti- molare il ricordo e la venera- zione di tutte le altre vittime, conosciute e sconosciute, cri- stiani o appartenenti a altre confessioni religiose, il cui sacri- ficio ha permesso agli albanesi di ritornare a sentirsi uomini li- beri. U na cinquantina di anni fa, il montenegrino Milovan Djilas, sostenitore e poi oppositore del comunista iugoslavo Ti- to, scriveva: «Fra 40 anni il mondo si meraviglierà delle realiz- zazioni grandiose compiute dal comunismo e si vergognerà dei metodi usati per compierle».Ma inAlbania del comunismo è ri- masta solo vergogna. Simbolo inquietante e grottesco del regi- me di Hoxha sono gli orridi « bunker » che dominano il paesag- gio in tutto il territorio: piccole fortificazioni di cemento, di cui emerge nei campi e prati solo un pezzo di superficie emisferi- ca con due feritoie. Dicono che ce ne siano più di un milione. Dentro i bunker i soldati dovevano sparare contro chissà quale invasore; naturalmente non sono mai stati usati. Oggi nei bunker più grandi, quelli allestiti per i carri armati, la gente si ritrova per la santa messa. È la rivincita della storia. • Benedetto Bellesi MISSIONI CONSOLATA Fotografie di martiri albanesi esposte in varie chiese cattoliche del paese. MC GENNAIO 2008 15
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