Missioni Consolata - Gennaio 2008
ALBANIA L a diffusione del cristianesimo in Albania risale al I sec. d.C., quando il paese faceva parte della provincia romana dell’ Illi- ricum . San Paolo afferma di aver predicato il vangelo nell’Illiria (Rom 15,19) e la leggenda narra di una sua visita a Durazzo.L’e- vangelizzazione fu portata avanti da missionari provenienti da Roma e da Bisanzio, attraverso l’antica Via Egnatia . Con la divi- sione dell’impero romano tra Oriente e Occidente (395), la re- gione rimase legata amministrativamente a Costantinopoli, ma ecclesiasticamente dipendente da Roma. La maggioranza degli albanesi gheghi, che vivevano a nord del fiume Shkumbini, ade- rirono alla chiesa di Roma; a sud, gli albanesi toschi entrarono nella chiesa bizantina.Con lo scisma d’Oriente (1054) il sud del- l’Albania mantenne i legami con Costantinopoli e la chiesa gre- ca, mentre il nord rimase sotto la giurisdizione romana. Per 47 anni la comunità cristiana resistette agli eserciti turchi, sotto la guida dell’eroe nazionale Giorgio Castriota,detto Skan- derbeg (1405-1468),definito dai papi contemporanei « atleta Ch- risti ». Ma con la sua scomparsa, l’occupazione ottomana ebbe il sopravvento (1479); terrorizzati dai metodi repressivi dei do- minatori, forti nuclei di popolazione albanese emigrarono in I- talia, insieme a prelati e ordini religiosi, eccetto i francescani. L’impossibilità di regolari relazioni con Roma lasciò le comunità del nord in balia di se stesse,mentre quelle del sud ebbero una sorte migliore, essendo legata al patriarcato di Costantinopoli, unica autorità civile cristiana riconosciuta dall’impero turco. La crescente infiltrazione di colonie musulmane nel territo- rio, l’influenza religiosa dell’ambiente islamico, la persecuzione attuata da alcuni fanatici governatori e la politica ottomana, che concedeva carriere civili e militari agli albanesi purché musul- mani, provocarono un graduale passaggio all’islam di individui, famiglie e interi villaggi; uno stillicidio cessato solo con l’avven- to dell’indipendenza (1912). A partire dal secolo XVII , riprese l’organizzazione della chie- sa, la formazione del clero (in seminari «illirici» in Italia), l’avvio di missioni francescane. Tale ripresa culminò nel secolo XIX ,gra- zie all’indebolimento dell’impero turco e alla protezione del- l’Austria, che garantiva la sussistenza del clero e delle opere cat- toliche inAlbania; i francescani aprirono scuole in varie città; al- trettanto fecero i gesuiti: il loro collegio a Scutari forniva il clero a tutto il paese e con le «missioni volanti» raggiunsero i luoghi più montagnosi, promuovendo istruzione e fervore religioso. Al momento dell’indipendenza, la chiesa cattolica godeva di prestigio eccezionale, sia per il sostegno dato alla lunga lotta di liberazione nazionale, sia per l’elevatezza culturale. Il cattolice- simo aveva dato un’impronta decisiva all’identità nazionale: i più grandi poeti, scrittori, giuristi albanesi sono cattolici e quasi tut- ti appartenenti al clero. N on per nulla Enver Hoxha si accanì subito come una furia contro i preti cattolici,ritenuti i maggiori ostacoli alla nuo- va ideologia. Per 46 anni (1944-1990) una dittatura spietata e crudele, stupida e malvagia, ridusse il paese in un gigantesco la- ger. Una generazione di albanesi è cresciuta in un regime di ter- rore che ha messo gli uni contro gli altri, dividendoli tra vittime o carnefici:pare che metà della popolazione albanese fosse coin- volta con il « sigurimi », la famigerata polizia segreta del regime, con cui il dittatore controllava tutte le manifestazione di vita della società albanese. Nel suo furore ideologico, Hoxha si è scagliato contro i cre- denti di tutte le religioni, ortodossi e musulmani compresi, ma la sua persecuzione si è accanita con inaudita brutalità soprat- tutto contro i cattolici: i campanili furono abbattuti in tutta l’Al- bania; molte chiese (e moschee) distrutte; gli edifici di culto ri- sparmiati dalla distruzione vennero trasformati in sale di cultu- ra, palestre, tribunali, prigioni, magazzini e stalle. Fin dal 1945, bersagli preferiti diventarono il clero e i fedeli. «Ogni fascista portatore di un vestito clericale deve essere ucci- so con una pallottola in testa e senza processo» diceva uno dei motti del regime. Vescovi, preti, religiosi furono arrestati, mal- menati in pubblico, torturati, fucilati, imprigionati, inviati nei cam- pi di lavoro.Le suore furono obbligate a lasciare l’abito:quelle che rifiutavano venivano sottoposte al pubblico ludibrio,torture e in- viate ai lavori forzati. Accusati di essere «fascisti» o «antisociali- sti» clero e laici cristiani venivano sottoposti a processi farsa,dif- fusi via radio e riassunti in uno speciale la domenica mattina al- l’ora della messa; titolo della trasmissione era: «L’ora gioiosa». All’inizio del 1967, il dittatore Enver Hoxha impose l’ateismo «ufficiale», emanando leggi che imponevano la chiusura di i luo- ghi di culto di tutte le associazioni religiose, proibiva ogni manifestazione di culto, la pubblicazione e vendita di ma- teriale religioso, l’insegnamento di qualsiasi religio- ne. Tali disposizioni furono confermate nella Co- stituzione del 1976 negli articoli 37 («lo stato non riconosce alcuna religione») e 55, in cui veniva sancito il divieto di qualsiasi associazione,propa- ganda e attività religiosa. Al tempo stesso la «ri- voluzione culturale cinese» fu estesa negli angoli più sperduti del paese. Ma poiché nel segreto della vita familiare i cri- stiani continuavano qualche tradizione religiosa, la repressione continuava, insieme alla propa- ganda, all’odio e al fanatismo anticattolico, sen- za che alcuno potesse contraddire.Nelle scuole gli alunni erano invitati a denunciare le pratiche RIVINCITA DELLA STORIA Secondo le ultime statistiche gli albanesi sono: 38% musulmani e 35% cristiani (di cui 22,5% ortodossi e 12,5% cattolici), 16% agnostici o senza appartenenza religiosa. Tre stele accanto a una chiesa cattolica ricordano i martiri cristiani e musulmani, vittime della persecuzione di Hoxha.
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