Missioni Consolata - Gennaio 2008

MISSIONI CONSOLATA a raccogliere i fondi necessari».Altri aiuti sono arrivati anche da Austria e Italia; così si spera di frenare l’esodo dei giovani con iniziative come quel- le di padre Sergio, che vuole far co- noscere questemontagne all’estero, creando basi di appoggio per un tu- rismo sportivo e sostenibile in una natura selvaggia e incontaminata. D’estate arrivano i cicloturisti dal Montenegro e già si pensa di predi- sporre un’area campeggio per ospi- tarli. Le idee sono buone,ma le diffi- coltà enormi. Il suo entusiasmo si confronta con le difficoltà di far ca- pire i progetti alla gente, che tanti anni di sottomissione e chiusura ha umiliato e resa inerte. Al tempo stesso, padre Sergio vuole incrementare l’artigianato lo- cale: ha in programma un viaggio in Italia, con l’auto carica di tappeti tes- suti dalle donne di Tamare. Lo ac- compagneranno anche Giovanili e Mariana, che saranno ospitati da fa- miglie di amici e potranno imparare l’italiano e l’arte dell’accoglienza. S ulla via del ritorno, l'ultima tap- pa del nostro viaggio è Selce, un villaggio ai piedi di un'im- pressionante scarpata rocciosa.Ci accoglie Angelina, una bella donna, alta, elegante e vestita di scuro.Di- rettrice della locale scuola media, sta affrontando i problemi dell’educa- zione delle giovani e per questo ha fondato un’associazione femminile. Le iscritte sono già 50, alcune tra loro sono anziane. «Se vogliamomiglio- rare la qualità della nostra vita, dobbia- mo cominciare con l’educazione delle donne. Il futuro del paese è nelle mani delle giovani ma- dri». Angelina parla con fervore, crede in quello che fa e le do ragione. Quando ci abbraccia- mo per lasciarci, la stringo e sento il calore delle sue gote arrossate. Le chiedo: «A casa tua, che educazione hai ricevuto, per avere una mentalità così aperta?». «Mia madre ha avuto sette figli, era un’educatrice meravi- gliosa» mi risponde. ■ tre durante l’inverno tornano nella casa dei genitori, per affrontare l’iso- lamento che può durare a lungo. La mattina partiamo a piedi per raggiungere il nucleo centrale di Vermosh, dove ci sono la scuola e la chiesa.Nei campi recintati pascola- no cavalli e pecore.Ciò che maggior- mente attrae l’attenzione sono le croci, poste dappertutto: sulle case, sui ponti, al collo dei bambini e delle donne, persino sui pali della luce. Intanto, il signor Giovanili, la cui fa- miglia ha avuto un ruolo importante nella comunità della valle, ci raccon- ta la sua storia,mentre camminiamo insieme lungo il torrente: «Abbiamo soffertomolto, prima sotto il domi- nio turco, poi sotto la lunga dittatura comunista,ma siamo rimasti fermi nella nostra fede.Mio padre e i miei zii, fratelli di mia madre, sono stati in carcere, a lungo».Uno di essi, uscito di prigione, fuggì in Belgio e a causa sua la famiglia venne perseguitata. Dopo il 1990, quando si aprirono le frontiere,Giovanili volle raggiun- gere lo zio. Trovò lavoro per due an- ni a Bruxelles, in una pizzeria italiana; ma non riuscì a ottenere il permesso di soggiorno. Il francese imparato in quegli anni gli consente di comuni- care con noi e con i rari visitatori. Quindi prosegue: «Quando si deci- se la costruzione della chiesa,mio padre si recò in visita alle nostre co- munità di NewYork e Detroit e riuscì Sposalizio a Tirana. Donna albanese con la tipica capigliatura a onde piatte sulla fronte, fermate da forcine. Zampognaro.

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