Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2007
: to,e contro l'ingerenza,dall'altro;«in- ' : gerenza economica, politica e anche : culturale»,tieneaprecisare. : Lo ha ribadito un po'ovunque.Nel : suo paese,che conosce una demo-- : crazia precaria e una povertà diffusa, I : ma anche nei vari raduni planetari a : cui ha partecipato,da Porto Alegre a : Mumbaysino all'ultimo WorldSocia/ ' Forum di Nairobi, nel gennaio 2007. e he fare dunque per spezzare questo circolo vizioso di indif– ferenza e ingerenza? Le parole chiavedellaTraoré potrebbero esse– re semplicemente due:speranza e re– sponsabilità. «C' è.un dovere di verità che si impone - afferma convinta -, innanzituttoanoi africani. È estrema– mente importante,addirittura fonda– mentale. Eloèsoprattutto in que– st'epocastorica cruciale per tutto il mondo.Perchéanche l'Africa possa far sentire la sua voce. E che sia una voce vera,autentica». Lei ci sta provando, non sempre compresa.Del resto,le sue denunce e la sua intraprendenza hanno finito con lo schiacciare i piedi amolti. È unadonna che dà fastidio,e lei lo sa bene.Anche questa consapevolezza, che qualcuno scambia per suppo– nenza, fanno parte del suocarattere e del suo personaggio. Ma basta sentirla parlare in pubbli– co per percepire il carisma che eser– cita sulla gente,anchequi da noi in I– talia, e specialmente sui giovani.For– se perché lei stessa non solo ci crede aquelle idee,ma è la prima ametter– le in pratica.Una delle sue ultime ini– ziative è stata l'apertura di un alber– go-ristorante-centro culturale nel cuore della capitaledel Mali,Ba– mako. Tutto tipicamente africano: ar– redamenti, tappeti,tessuti, stoviglie... Etuttomolto accogliente.Perché chiunque passi di qui,possa·sentirsi a casa e sentirsi libero di incontrarsi, confrontarsi,mettere in comune i– dee, progetti,iniziative... Soprattutto in ambitoculturale, che resta il cuore dell'impegnodi madame, ovunque, anche nel suo al– bergo. Qui passanoe si fermano mol– ti occidentali,ma èanche un punto di riferimento di letterati eartisti lo– cali e africani.In comune,spesso, hanno il desiderio di superare barrie– re e pregiudizi.Che forse è il primo passo per conoscersi e comprender– si. Atutte le latitudini.■ MAURITANIA Fatimata Mbaye: fondatricedi«Sos-schiavi» LIBERI TUTTI U na figura-simbolo della lottaper il rispetto dei diritti dell'uomo»,con que- ~( sta motivazione la città di Norimberga ha assegnato,nel 1999, il Premio ~ internazionale per i diritti umani a Fatimata Mbaye,49 anni, unico avvo- cato donna della Mauritania. Un riconoscimento importante per una donna che ha sempre condottomolto discretamente,lontano dai riflettori dei media internaziona– li, una battaglia coraggiosa in un paese come il suo, dove lottare per i diritti più ele– mentari può ancora voler dire mettere ingioco la propria vita. La sua, poi, è stata una battaglia cominciata molto presto, quand'era giovanissima: contro famiglia e tradizione, che le hanno imposto un matrimonio forzato a soli 13 anni; contro il marito, a cui doveva obbedienza assoluta, che l'aveva costretta ad ab– bandonare gli studi;contro le leggi non scritte di costumi antichi, che permettono o impongono le mutilazioni genitali,tollerano la schiavitù,anche se abolita sulla carta. Dopo I O anni di matrimonio e una vita da reclusa, Fatimata ha detto basta;ma non è stato per nulla facile. Tra incomprensioni,minacce e disprezzo, ha deciso di comin– ciare una nuova vita. «Ho conosciuto il matrimonio forzato - racconta -, sono stata circondata da ragazzine che morivano a causa delle mutilazioni genitali, e dunque il mio cammino non poteva essere che quello».Ovvero, quello di lottare non solo per se stessa,ma anche per le altre donne e per tutti quelli che subivano ingiustizie e a– busi. Cosi, dopo il divorzio ha ripreso gli swdi ed è diventata la prima e unicadonna av– vocato del paese. Un traguardo doppiamente importante. Perché non solo Fatimata è donna,ma è anche nera;appartiene, infatti,all' etniapeu/,che in Mauritania è stata tra– dizionalmente schiavizzata dalle popolazioni maure. Si gioca dunque anche sul fronte della liberazione del suo popolo e dei neri-africani in generale la sua prima battaglia di avvocato e attivista. Nonché il suo primo arresto. Nel 1986,infatti,dopo la pubbli– cazione del «Manifesto del nero-mauritano oppresso» finisce in prigione insieme agli in– tellettuali che lo avevano firmato e agli studenti che li avevano sostenuti. Ma anche questa esperienza non è fine a se stessa. Questo e altri periodi di reclu– sione diventano occasione per denunciare gli abusi che i detenuti e in particolare le donne subiscono in carcere. Ll difesa dei diritti umani diventa a poco a poco la sua ragione di vita:«Ho scelto di udiare diritto per essere al servizio di chi i diritti non li ha», ripete in conti– nuazione. Ancora oggi sonomolti i fron– ti su cui è impegnata. Comincia con il mettersi a disposizione del Comitato delle vedove,poi è tra le fondatrici del– l'associazione di Sos-Esc/aves (Sos-schia– vitù) che lotta contro unapiagaWttorae– sistente in Mauritania. Per questo, nel 1998 finisce di nuovo in carcere a causa della diffu– sione in Francia di un documentario sulle conseguenze della schiavitù in Maurita– nia. Dal 2003 è presidente dell'Associa– zione mauritana dei diritti dell'uomo (Amdh).Questa,come wtte le altre asso– ciazioni che si battono al fianco dellagen– te, è stata considerata illegale sino al 15 maggio 2005,data in cui il ministerodel– l'Interno ne ha riconosciute formal– mente tre. Ma anche questo per Fati– mata non basta. «Ci sono decine di al– tre associazioni che attendono di poter agire legalmente nel paese»,ha dichiara– to in quell'occasione. E, dunque, per un traguardo raggiunto, nuove sfide si apro– no. E cosi la battaglia dell'avvocato Fati– mata continua... Anna Pozzi •-------------------------------------------------------------
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