Missioni Consolata - Settembre 2007

dro clinico di colera con disidratazione moderataograve in un pazientesu die­ ci circa, mentre negli altri il quadro è meno importantee può essere sovrap­ ponibile ad altri tipi di diarrea acuta. �l CHIOALTO �E IMPREPA�ATI Il numero di morti causati dal Vibrio cholerae è molto differente a seconda degli interventi che vengono messi in atto e della loro tempestività. Si tratta infatti di una condizione che se si veri­ fica in una zona pronta a rispondere in modo adeguato, con reidratazione del malato e se necessario con farmaci, i casi mortali sono menodi uno su 100; quando però l'infezione intestinale si diffonde in comunità non preparate e viene a mancare il trattamento o l'in­ tervento rapido, il numero di morti sale, arrivando anche al 50% dei casi, uno su due. Accanto poi ai provvedimenti nei confronti delle persone malate, vi sono le misure igienico-sanitarie, personali e della comunità, e di utilizzo di acqua e cibo sicuri per bloccare la diffusione del batterio e dell'infezione. OFrlf\JE nt Mlr;LJAIA DI CASI Il colera è diffuso e rappresenta un rischio costante di malattia, emorte,in diversi paesi. Vi sono anche epidemie isolate, favorite da tutte quelle condi­ zioni che mettono a rischio l'accesso ad acqua e cibo sicuri e le condizioni igieniche di base, per esempio in zone con sovraffollamento o nei campi pro­ fughi. In queste situazioni il rischio di morte per colera è alto: l'Organizzazio­ ne mondiale della sanità riporta come nel 1994, nel campo rifugiati a Goma (Congo) durante la crisi rwandese, il Vibriocholerae in un solo mesesiasta­ to responsabile di 48 mila casi e 23.800 decessi. Nonostante il suo possibile carico di morti evitabili, il colera viene dimenti- Vaccinazione contro il colera. Un tipodiriso prodotto inGiappone capace dicontenere il vaccino controilcolera . cato, confinato nelle periferie povere delle città, fra i profughi, nelle zone dove l'acquapulita non è scontata.Alla fine di gennaio dello scorso anno, per esempio, sono stati segnalati i primi casi di colera nel Sud del Sudan: in meno di un mese le infezioni sarebbe­ ro state oltre 3.700, con decine di morti. Il numero complessivo di casi di diarrea acquosa nella prima metà del 2006 (fra il 28 gennaio e il 14giugno) avrebbe superato i 16 mila, con 476 morti in otto su dieci stati del Sud Sudan. Sempre inAfrica, l'infezione avrebbe colpito in Angola oltre 40 mila perso­ ne, uccidendonemigliaia. Comparso a Luanda a metà febbraio, anche qui come in Sud Sudan collegatoa consu­ mo di acqua non sicura, il colera si sarebbe poi diffuso a 14 delle 18 pro­ vince, arrivando a una media di 25 morti ogni giorno. La popolazione si è trovata impreparata di fronte a una malattia per la quale da diversi anni non venivano segnalate epidemie nel paese. E quella del 2006 è stata defi­ nita da RichardVeerman, capo missio­ ne nel paese dell'organizzazione non governativa Medici senza frontiere, come cuna delle peggiori mai viste in Angola•. Secondo quanto riportato dall'Or­ ganizzazione mondiale della sanità, il 21 giugno, quando la diffusione del­ l'epidemia era in calo (seppur con ancora 125 casi segnalati ogni gior­ no), il totale delle infezioni riportate era arrivato a 46.758 casi, con 1 .893 morti. Ma lo scorso anno il colera in Africa ha imperversato anche in altre zone del continente: nel Nord del Sudan (con oltre 6.200 casi di infezione e circa 200 morti in quattro mesi) e nel Darfur, o ancora in Liberia, con la segnalazione di Medici senza frontiere ad agosto, di un aumento improvviso di casi nella capitale, in un paese in cui la malattia si presenta regolarmente con epidemie nella stagione delle piogge. INSE<..NARF Al BAMBINI Nel caso dell'epidemia in Angola, secondo quanto riportato da Medici senza frontiere, la conoscenza da par­ te delle persone di quello che era pos­ sibile fare per proteggersi dall'infezio­ neera limitata, come pure nel casodel­ l'epidemia nel Sud Sudan, dove il cole­ ra non è solitamente diffuso. Accanto a sovraffollamento, condi­ zioni igieniche precarie e così via, assu­ merebbe un ruolo anche la conoscen­ za delle popolazioni dell'infezione, di come si trasmette, di cosa fare per bloccarne la diffusione. Sulla mancata conoscenza delle norme igieniche più semplici e le possibili conseguenze sul­ la diffusione di malattie hanno pensato di lavorare, per esempio, due coope­ ranti dell'organizzazione non governa­ tiva Coopi, proponendo un percorso Iudica e nello stesso tempo istruttivo. Con un progettodi educazione sanita­ ria, indirizzata ai bambini in un quartie­ re povero di Kampala, capitale deii'U­ ganda, hanno cercato di renderli con­ sapevoli dell'importanza delle condi­ z.ioni igieniche e sanitarie nella vita di tutti i giorni,insegnandoperesempio a non buttare la spazzatura nei canali di drenaggio sotto casa. Un gioco con tanto di pedine, percorso che rappre­ senta la città, dado da tirare per muo­ versi, carte con domande su salute, igienee ambiente, a cui risponderee su cui discutere insieme, imparando men­ tre si divertono. folm • Coopi: http;/ / www.coopi.org/ • ru.1o dale NazioniUnile'* r llftmia(Unief): hnp://www.m.«g • MeGo senza frontiere: hnp://www.msf.il • O!gcrizzazioneII10IIIWedalasanità: hnp://www. who.int/ en • PecKereponw.net. http://www.pecxerapor1ar.net MC SETIEMBRE 2007 • 81

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