Missioni Consolata - Settembre 2007
Il testodeformato Ciò che inganna è l'espressione «ritornò in se stesso•, che noi leggiamo alla luce della nostra esperienza razio nale e forsemistica. È un tipico caso di ceis-egès�. cioè di cimmissione dentro.il testodi un sensoe acquisizioni po steriori che il testo non ha. Il momento della conversione è ancora lontano; avverrà soloquando lagratuità di cui si era presogioco lo avvolgerà e lorigenera del tuttonuovo: allora non avrà nemmeno bisogno di chiedere perdono, perché il perdono loaspettava già, prima che lui partisse. I:espressione ceis heautòn elthon (da èr c ho ma 1 ) - verso se stesso venendo/tornando• (v. 17a) nella letteratura della fme del sec. l d.C. ha il senso di cvalutare/ponderare/la mentarsi,.. In ebraico potreb be significare «convertirsi•, ma l'unico testo di riferimen to è At 12,ll, dove anche cPie tro rientrato in se stesso, dis se ...• , ma il verbo è diverso, cghln o mai- divento/faccio-. Il giustoe l ' e go i sta n patriarca entra in camerasua e prega (cfMt 6,6), il fi glio dissolutocvaluta, ragiona, pondera•la sua situazione e cerca una soluzionevantaggiosa. n patriarcapregaDio, il giovane si è allontanato da Dio; il patriarca trova forza nel ricordo delle parole del padre, il giovanepensa come sfruttare ancora la generosità e labontà del padre. U pa triarca digiuna a lungo, perché il dolore della fame non gli facciaperdere il senso moraledella sua responsabilità, il giovane, cosl terrorizzato dalla fame da indursi a me scolarsi con i porc� non ha più un padre da ricordare, ma solo unpadrone da sfruttare. Abbiamo però una spia in un testo che appartiene alla duplice tradizione giudaico cristiana, Testamento dei Do- Il poveroLazzaroe il riccoepulone, dici Patriarchi, apocrifo e- nell'interpretazionediJacopodaPonte. D ragionamentodel figlio gio vane è spudoratamente egoista, • fruttodi calcolodi convenienza. cVerso se stesso ritornando- si gnifica: preso atto della situa zione disperata. pensò... non di ritornaredal padre, ma ditrova re il modo di rimediare un cpo sto• tra i dipendenti di suo pa dre che hanno un trattamento di giustizia e vivono senza preoccupazioni. Il figlio è pri- ' gioniero ancora della sua su perficialità e immaturità. braico del sec. li a.C., rielabo- rato in epoca cristiana con contenuti cristiani, in cui si trova l'espressionecritornare/rientrare in se stesso• nello stesso sensodella parabola lucana. Un parallelo apocrifo In Gen 39.7-20 si narra del tentato adulteriodella mo gliedi Potifar,cconsigliere delfaraone e comandante del le guardie. (Gen 39,1), che aveva messo gli occhi sullo schiavo giudeoGiuseppe. figlio di Giacobbe e Rachele, cbello di forma e avvenente d'aspetto• (Gen 39,6). Egli e ra stato venduto dai fratelli, condotto in Egitto e acqui statoda Potifar. Nel Testamentodi Giuseppe, la donna a nonima nel raccontobiblico haunnome:l'egizianaMenfia, di cui il patriarca narra le insidie ostinate per indur lo all'adulterio. Giuseppe, che teme Dio, prega e digiuna per avere da Dio la forza di essere fedele agli insegna menti di suopadre. Poiproseguetestualmente:cMa io ri pensavoalle parole di miopadree,entrato incameramia, pregavo il Signore... Capii e mi addolorai fmo alla morte. Quando se ne fu andata, ritornai inmestessoe soffrli per lei per molti giorni• (U1,3.9). Sia ilgiovane figlioche ilsuoantenato, ilpatriarcaGiu seppe, ritornano in sestessi, ma con intenti eprogettidi versi, ciò che più conta, con atteggiamenti opposti. U pa triarcaesiaddolora finoallamorte.perchél'egiziana vuo le commettere peccato e soffre cper lei•. n figlio giovane invece, è scocciato della piega che ha presa la csua• vita: eMe ne sto qui a morire per carestia•. n giusto patriarca nongode della sventura che può capitare al suo nemico, ma si preoccupadellasalvezza delladonna; il giovanedel la parabola si preoccupa solo di sé e non ha il minimo slancio di altruismo. Confrontiamo più profondamente le ragioni intime di Giuseppe e del giovane. Il pensiero della casa del pa- ' dre è tutto rivolto al benessere materiale: «Quanti salariati di mio padre hanno abbon- 1 danza di pani, mentre io qui me ne sto a morire di care stia•. U verbocmorire» nella parabola ricorre tre volte, qui 1 inbocca al figlio e nei vv. 24 e 32 inbocca al padre, che ba un motivo inpiùper gioire: gli è stato restituito il figlio «morto-, ma egli lo ha rigenerato e ridato alla vita. Se la motivazione non è suflìdente Un'ultima osservazione, a conclusione di questa rifles sione che ci ha restituito il sapore del testo nella sua cru dezza. Abbiamodetto che il figlio non ha unmotodi con- ' versione, ma una motivazione ancora egoista perché os sessionatodalla povertà e dallafame. Ciononostante cini zia•a pensare al padre, anche se come padrone. La moti vazione non è genuina né entusiasmante; è decisamente , insufficiente, ma mette inmoto unprocesso irreversibile. Non sempre i grandi cammini o le grandi svolte nella vita accadonoperché lemotivazioni sonochiare, le idee limpide e gli interessi di tornaconto assenti. No! Siamo umani, fino al midollo deUe ossa, impastati di contrad dizioni, dubbi, paure, egoismi. Per questo una motiva zione insufficiente o del tutto inadeguata all'inizio può essere lo stesso il motore di avviamento della vettura della vita. Basta saperla cogliere, lasciarsi stupire dalle novità che quasi sempre accadono gratuitamente. La domanda a cui dobbiamo rispondere è: chi e cosa met te in movimento il figlio verso il padre? Se le sue ragio- ' ni sono meschine ed egoiste, chi muove il figlio a ri prendere il cammino a ritroso verso la casa del padre suo, anche se visto solo come padrone? Dove sta la ve ra ragione del ritorno del figlio? Lo scopriremo nel commento ai versetti seguenti. (c o n t in u a - 13) MC SETTEMBRE 2007 • 59
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