Missioni Consolata - Settembre 2007

Presidente del Centro culturale e sociale islamico di Beirut, ci acco­ glie nel suo studio, che dà sul cor­ tile di una grande moschea. L'ab­ bigliamento è occidentale, ma i modi sono propri di un leader scii­ ta. E ci tiene a sottolinearlo. Come a dire, l'apparenza è una cosa, la sostanza è un'altra. Così come tie­ ne a mettere subito in chiaro che «gli sciiti del Libano non sono Hez­ bollah, né tanto meno il contrario. Avolte si è accecati e non si vedo­ no le differenze. Gli sciiti non so­ no mai stati e non potrannomai es­ sere - proprio in quanto sciiti - un partito politico. Non si può ridurre la comunità sciita a Hezbollah. Ho la responsabilità e la legittimità, in quanto figlio di Mohammed Meh­ di Shamseddine, di dirlo. La mia o­ pinione è rispettata, ma non ne­ cessariamente accettata». Insomma, politica e religione nonsonoesattamente la stessa co- sa, anzi. Eppure, deve ammetterlo, nel contesto libanese le due cose spesso si mischiano pericolosa­ mente. E allora, il dialogo diventa talvolta arduo. Non solo tra cri­ stiani e musulmani, ma all'interno della stessa comunità religiosa. «Il nostro sistema politico - so­ stiene Shamseddine - tiene conto del pluralismo culturale e religioso del paese. Il Libano, tuttavia, non dovrebbe essere uno stato sparti­ totra le religioni, ma uno stato che si prende cura delle diverse comu­ nità. Purtroppo, però, le comunità religiose hanno spesso cercato di conquistare il potere. E quando lo stato diventa debole, tutti perdo­ no. Potenzialmente la più grande ricchezza del Libano è la sua di­ versità. Ma abbiamo bisognodi vi­ vere in pace e di essere lasciati in pace per sviluppare le nostre reali potenzialità». Il riferimento, anco­ ra una volta, è soprattutto a Hez- • MISSIONI LagrandemoscheadiBeirut. bollah, il «Partito di Dio», inconce­ pibile nell'islam, secondo Sham­ seddine, oltre che già di per sé e­ scludente. Ma è anche ai paesi vi­ cini, che «usano» Hezbollah- e non solo - per i loro giochi di potere. «La religione può essere uno strumentomolto efficace per affa­ scinare le persone e p er control­ larle - ammonisce - . E quello che fanno i politici e i potenti. Ma le persone sagge dovrebbero piutto­ sto dedicarsi a informare e forma­ re la gente correttamente. lo dico: "Dio ti ha creato libero: perché mi ritorni schiavo?"». È una chiara denuncia dell'op­ pressione attraverso la religione, quella di Shamseddine. Che tutta­ via mette in guardia anche sul confondere e mischiare le cose. So­ prattutto quando si tratta di dialo­ go interreligioso. «Il dialogo non è convertire, ma accettare le differenze. lo, come musulmano, non potròmai crede­ re in alcune verità del cristianesi­ mo. Viceversa, non ho bisogno che i cristiani credano nelle verità del­ l'islam. Ma ho bisogno di vivere e cooperare con loro. Le nostre di­ versità non significano che non possiamo lavorare insieme, essere amici e buoni vicini, condividere gesti di solidarietà. Quello che do­ vremmo fare è affrontare insieme alcuni fenomeni di quest'epoca e provare a trovare delle soluzioni ai problemi reali della gente». SFIDE DAAFFRONTARE INSIEME La cooperazione tra islam e cri­ stianesimo puòdiventare così non solo uno spazio di mutua cono­ scenza e comprensione, ma anche un'occasione per affrontare alcu­ ne sfide globali di questi tempi. Shamseddine ne cita due come cruciali: la difesa della famiglia e la bioetica. «Viviamo sui due argini dello stesso fiume - è la metafora che u­ sa-. Non si può immaginare un fiu­ me senza entrambe le rive. Per questo dobbiamo sforzarci di co­ struire un ponte che le unisca. Per me, come musulmano, sarebbe tri­ ste perdere il mio fratello cristiano che sta dall'altra parte. Per questo il dialogo è una via di vita e per la vita. Ed è per questo che la religio­ ne non può e non deve diventare fonte di guerre». • ---------------------------------------------------------------------- MC SETIEMBRE 2007 • 43

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