Missioni Consolata - Settembre 2007

Faccia a faccia con due leader islamici • MISSIONI Uno è sunnita, l'altro sciita: entrambi sono particolarmente rappresentativi delle loro comunità. E sorprendentemente molto vicini su alcuni temi cruciali dell'incontro islamo-cristiano. A !l'ingresso del suo ufficio, appesa al muro, è incorni­ ciata la sura del Coranodei­ I'AI-ma'ida (La tavola imbandita, 82): «Troverai che i più affini a co­ loro che credono sono quelli che dicono: uln verità siamo cristiani", perché tra loro ci sono uomini de­ diti allo studio e monaci che non hanno alcuna superbia». Ci tiene a mostrarlo subito quel quadro, il professar Mohammed Sammak, così come la foto che lo ritrae con Giovanni Paolo u in Vaticano. Poco distante, invece, c'è quella con l'ex primo ministro Rafie Hariri, assas­ sinato il 1 4 febbraio 2006. Il professar Sammak era suo consigliere, così come lo è attual­ mente del figlio Saad. Ma è anche consigliere politico del gran mufti del Libano. Sino a poco tempo fa, ha insegnato presso l'università dei gesuiti Saint )oseph di Beirut, oltre che negli Stati Uniti. Musul­ mano sunnita, autenticamente li­ banese e al tempo stesso cosmo­ polita, Mohammed Sammak è og­ gi, anzitutto, un uomo del dialogo. A molti livelli. Anche sul piano in­ terreligioso. È, infatti, segretariogenerale del Comitato nazionale per il dialogo islamo-cristiano e segretario del Gruppoarabo per il dialogoarabo­ cristiano. Ha preso parte più volte agli incontri «Uomini e religioni», organizzati dalla Comunità di Sant'Egidio e, nel 1 995, ha parte­ cipato, in rappresentanza della co­ munità sunnita, al Sinodo speciale per il Libano, convocato in Vatica­ no da Giovanni Paolo u. Sammak ha una grande ammira­ zione per papaWoitylae lo cita vo­ lentieri. Acominciare, lui pure, dal­ la celebre metafora del «paese­ messaggio». Donnamusulmanain v i sita alsantuariodiNostraSignora delLibanoadHarissa . INVENTARE LA SPERANZA «Questa terra- spiega - è in sé un esempio di tolleranza e coesisten­ za tra cristiani e musulmani. Non potrebbe essere altrimenti. La li­ bertà, intesaanche come libertà re­ ligiosa, e il pluralismo sono una condizione necessaria, perché al­ trimenti il Libano non potrebbe e­ sistere. l problemi nascono quan­ do si mischiano religione e politi­ ca e si fa un uso strumentale della religione per altri fini. Ma il mes- saggio resta. Ed è un messaggio positivo, incoraggiante, sia a livel­ lo di principio che nella prassi. Un messaggiochevale non solo per il nostro paese, ma per tutta la re­ gione». La storia del Libano, tiene a pre­ cisare il professore, è una storia di conflitti che hanno interessato tut­ to il Medio Oriente. Ma è anche la storia di un paese dove, diversa­ mente da tutti gli altri della regio­ ne, sono garantite la libertà di e­ spressione e di religione, il livello di scolarizzazione è molto alto e i diritti umani, in generale, e quelli delle donne, in particolare, sono sostanzialmente salvaguardati. La guerra civile e le aggressioni esterne hanno più volte messo in difficoltà questo sistema comples­ so e fragile, senza peraltro riusci­ re a scardinarlo completamente. «Nelle crisi libanesi - awerte Sam­ mak - non c'entrano cristianesimo e islam. Personalmente sono con­ vinto che la religione vada usata per risolvere i problemi, non per crearli. È quello che cerchiamo di far capire allagente. Dobbiamo im­ parare a prenderei cura l'uno del­ l'altro e a far sì che si rispettino le differenze. Soprattutto dobbiamo imparare, sempre di nuovo, a in­ ventare la speranza». PARTIREDACIOCHE UNISCE Il professore evoca la responsa­ bilità di ciascuno nel giocare la pro­ pria parte fino in fondo. Sia in cam­ po musulmano che cristiano. Ma, in prima istanza, è necessario pro­ muovere la conoscenza reciproca e individuare i livelli su cui è pos­ sibile instaurare un dialogo. «Se partiamo dalla teologia - av­ verte - forse non andremo molto MC SETIEMBRE 2007 • 41

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