Missioni Consolata - Settembre 2007

DOSSIER Mons.Nerses Bedros IV,patriarca della chiesa armeno-cattolica. musulmani, abbiamo aiutato quel­ li che avevano bisogno, che aveva­ no perso tutto, senza pensare a chi e cosaera. Musulmani o cristiani... ç'era la guerra e stavamo insieme. E stata un'esperienzadura, ma an­ che molto bella e significativa». VALELAPENASPERARE Anche Rosette sorride e prova a rileggere la storia del Libano al­ l'interno delle lotte che hanno coinvolto tutto il Medio Oriente. «Siamo una specie di cassa di riso­ nanza di quello che awiene nel mondo arabo. È una grande sfida per noi». Contrariamente a molti altri, lei continua acredere che val­ ga ancora la pena di sperare: «la società libanese è molto dinamica e generosa. Ci sono tante associa- GeorgesMassoudKhoury,presidente dellaCaritas libanese. 48 • MC SETTEMBRE 2007 Il patriarcadeimaroniti , card. NasrallahSfeir, con ilcardinale tedescoKarlLehmann. Mons.LuigiBressan,arcivescovo diTrentoepresidente della Commissione episcopale perl'evangelizzazionedeipopoli elacooperazionetralechiese emons.RolandAbouJaoude, vicario generaledelpatriarcamaronita. zioni, gruppi, ong, sia a livello cri­ stiano che musulmano. E tante ini­ ziative di solidarietà in diversi am­ biti. Dobbiamo mantenere viva la speranza». la guerra della scorsa estate, è vero, ha provocato morte e distru­ zione, e tuttavia ha creato anche occasioni di solidarietà e vicinan­ za. La Caritas, da sola, ha assisti­ to 91 mila persone, quasi tutte mu­ sulmane. Ma anche interi villaggi cristiani si sono mobilitati per ac­ cogliere gli sfollati musulmani, in fuga dalle bombe. «l cristiani - con­ ferma Georges Massoud Khoury - hanno aperto le porte delle loro scuole, dei loro centri, anche delle loro chiese, perdare rifugio ai mu­ sulmani. Sono gesti che la gente non dimentica. E che aiutano a su­ p erare i pregiudizi e la diffidenza. E il dialogo della vita e della soli­ darietà». Per i giovani sembra tutto più fa­ cile. È vero, la religione continua a rappresentare anche per i ragazzi un elemento identitaria forte, poi però intervengono elementi cultu­ rali comuni, influssi occidentali, la scuola o l'università frequentata insieme, modelli e stili di vita con­ divisi, internet, il cinema, la musi· ca, la voglia di divertirsi. . . E allora anche tra musulmani e cristiani di­ venta più facile condividere spazi e momenti di vita comune. «la religione non è tutto», con­ ferma Fadi Noun, giornalista di 0- rient-le-)our, l'unico quotidiano francofono del paese. Pur essendo un maronita molto militante, am­ mette che nella personalità del li­ banese entrano molti elementi: «U­ no spirito fenicio, commerciante, pagano, montanaro, tribale... E poi elementi culturali che si sovrap­ pongono, arabi e mediterranei, o­ rientali e occidentali. Tradizione e modernità che si incontrano e si scontrano. Tutto questo può esse­ re segno di pluralismo o pretesto di divisione». «Certo - ammette lo stesso Fadi Noun - la situazione è complessa. E quando tutto questo si mischia con la politica interna e interna­ zionale, con gli interessi e i giochi di potere, la situazione diventa po­ tenzialmente esplosiva. Noi liba­ nesi portiamo la grande responsa­ bilità di non essere uniti. Ma ab­ biamo comunque il diritto di esistere. Come paese e come po­ polo». •

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