Missioni Consolata - Settembre 2007
DOSSIER sioni, rigettare il «fanatismo, il fon damentalismo e laviolenza». E poi, «aiutare i cittadini a rimanere nel loro paese, malgrado le difficoltà economiche e politiche. La pre senza cristiana èminacciata, a cau sa della divisione che regna dentro la comunità. CONTENERE L'EMORRAGIA «Ma il libano senza cristiani non sarà più il Libano». � questo un al tro dei ritornelli che ricorre ovun que nel paese. Tra i religiosi come tra i giovani, alla Caritas come tra gli intellettuali cristiani. L'instabi lità politica, la difficoltà di trovare un lavoro, la paura di una nuova guerra spingono molti - soprattut to giovani e soprattutto cristiani - a lasciare il paese. Anche il patriarca armeno-catto lico, Nerses Bedros tv, non può non fare a meno di dolersi di questa e morragia inarrestabile. La sua è u na chiesa antichissima, nata nel 301 d.C. («prima che a Roma!», tie ne a sottolineare), una chiesa di spersa nel mondo, soprattuttodo po il genocidio armeno del 1 91 5, numericamente molto ridotta in Li bano, ma che «sta alle radici della cristianità in Oriente». Ci sonodiversi giovani seminari sti, soprattutto libanesi e siriani, nel monasterodi NotreDamede 8- zommar, dove dal 1 742 ha sede il 31 • MC SETTEMBRE 2007 patriarcato, segno di una chiesa ancora feconda. «L'instabilità di questa regione spinge purtroppo molti cristiani ad andarsene. Si sta perdendo una grande ricchezza anche in termini di cultura e tradi zioni». Non è da oggi che i libanesi emi grano. Forse fa parte anche del D na di un popolo affacciato sul ma re e proteso da sempre verso l'al trove, al punto che oggi sono molto più numerosi i libanesi resi denti all'estero di quelli che vivo no in patria: almeno 1 O milioni. BALUARDODI UNITÀNAZIONALE Ciononostante, in Libano vive la più numerosa comunità cristiana presente in un paese arabo. At tualmente sarebbero meno del 4096; sino a pochi decenni fa erano il 5 1 96. In mancanza di un censi mento ufficiale (l'ultimo risale al 1 932), le statistiche si basano su gli elenchi elettorali, secondo i quali il 41 ,2396dei cittadini con più di 2 1 anni è cristiano (22,496 ma ronita, 7,9296 greco-ortodosso, 5,2296 greco-cattolico, 3,0796 ar meno-gregoriano, e in percentuali minori tutti gli altri). Beirut:chiesodelpatriarcato deimaroniti (a sinistra) e San Giuseppe,chiesadeigesuiti (adestra). l musulmani sarebbero invece il 58,5796 (26,1 596 sunniti, 25,9696 sciiti, 5,6496 drusi, e in percentua li minori alauiti e ismaeliti). Nonostante il loro numero si stia assottigliando, i cristiani non ri nunciano a essere baluardodell'u nità nazionale e punto di riferi mento per le comunità ben più e sigue che sono presenti negli altri paesi arabi. Anche l'arcivescovo di Jbeil, Be chara Rai, altravoceautorevoledel la chiesa maronita, ribadisce l'im portanza di essere «messaggio»: «l musulmani del Libano - sostiene - hanno rinunciato alla teocrazia e i cristiani hanno rinunciato al laici smo occidentale. Entrambi voglia mo convivere in un sistema civile che rispetti la dimensione religio sa dei cittadini. Perciò il Libano of fre questo modello: si tratta non solo di un paese, ma di un "mes saggio", offerto sia all'Occidente sia all'Oriente. All'Occidente, im merso in un laicismo che non solo ha separato religione e stato, ma che ha diviso anche stato e Dio. � però un messaggio anche per l'O riente, il quale dice che culture e le religioni possono convivere e for mare insieme uno stato civile». E tuttavia, anche mons. Rai è preoccupato del futuro dei cristia ni nel suo paese. Asuo awiso, l'in cursione israeliana dello scorso an no non ha fatto che peggiorare le
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=