Missioni Consolata - Settembre 2007
�l LETTO�I DA UNA PICCOLA PARROCCHIA DI MONTAGNA I l quarantesimo anniversario della morte di Don LorenzoMilani, celebratosi alla fine di giugno di quest'anno, ne ha riportato ancora una volta la fi g ura al centro dell'attenzione mediatica; libri, articoli, speciali televisivi, «pellegrinaggi)) a Barbiana (anche Veltroni vi si è recato a cer- care ispirazione in vista delle incombenti nuove awenture politiche che lo attendono). La fron te spaziosa e gli occhi penetranti del ccpriore)) sono tornati a riempire il nostro immaginario di cristiani sempre in cerca di icone da contemplare, di punti di riferimento. Chissà se le sue paro le, rilette e riascoltate oggi fino all'eccesso, saranno ancora capaci di produrre il miracolo di risve gliare coscienze intorpidite, come accadde al tempo delle sue battaglie più tenaci. Me lo chiedo leggendo l'ultimo messaggio per la Giornata missionaria mondiale (pubblicato in questo numero di Missioni Consolata alle pagine 74-75), nel punto in cui il papa, rivolgen dosi alle nostre comunità cristiane di più antica tradizione, scrive: cc . .. queste chiese corrono il rischio di rinchiudersi in se stesse, di guardare con ridotta speranza al futuro e di rallentare il loro sforzo missionario)), la situazione ecclesiale in cui stiamo vivendo è molto diversa da quella di mezzo secolo fa, questo è certo, ma lo stile pastorale di Don Milani può dire qualcosa di importante anche a noi e alle nostre comunità di oggi. Don lorenzo non ebbe fra le sue corde una specifica atten zione alla missione ad gentes. Soprattutto nella seconda fase del suo apostolato, quella di Barbiana, la sua azione si concentrò in modo radicale ed esclusivo sulla sua comunità, all'in segnamento e all'educazione dei ragazzi. A ciò dedicò tutto se stesso al limite dello sfinimen to. Era e si sentiva il prete della sua gente e <<solo)) della sua gente. Ciò che rimproverava ad alcuni suoi colleghi era la dispersione in mille attività che non si focalizzassero direttamente sulle necessità dei più poveri affidati alle loro cure pastorali. A llo stesso tempo, fu capace di stimolare nei suoi ragazzi quella visione aperta del mondo e quel profondo senso di giustizia globale che sprizzano dalla Parola di Dio e di cui si nutre la missione di sempre. l ripetuti invii dei suoi ragazzi all'estero affinché appren dessero più lingue possibili, l'invito fatto ai loro coetanei stranieri di soggiornare a Barbiana e condividere la loro realtà con i ragazzi del posto, lo studio sistematico e critico della realtà fatto attraverso la lettura dei giornali e l'incontro con professionisti, politici, uomini di fede (non sempre capaci, per la verità, di superare la ghi g liottina critica del parroco e dei suoi stu denti) furono strumenti che Don Milani usò abbondantemente per spalancare ai suoi giova ni le porte che da Barbiana li avrebbe proiettati nel mondo. Un mondo che li avrebbe rispet tati e non più sfruttati, visto che ora erano capaci di comprenderne e dominarne i meccani smi. Non importa se questo viaggio si sarebbe fermato aVicchio o a Firenze. Gli strumenti per andare ccfino agli estremi confini della terra)) erano ormai in loro possesso. l: invito fatto dal papa alle nostre comunità a non chiudersi in se stesse non deve escludere la scelta, che DonMilani visse in modo quasi «fondamentalista)), di chiudersi «con)) esse, in una relazione di donazione totale. Penso sia rischioso, anche se oggi è la tendenza, limitare l'azio ne di animazionemissionaria a una formazione intensiva alla missione sul modello <<toccata e fuga)), trascurando il contatto diretto, personale, continuativo e spiritualmente profondo con le persone. UGO POZZOL! MC SETTEMBRE 2007 • 3
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