Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2007
- ■ GUINEA ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ r----------------------------------------------------------------------------------------------------------- GEPPETTO DI GUINEA N on avevo mai pensato che un giorno sarei arri· vato in Africa. Quando do· po sei mesi di anno sabba– tico nella comunità cattoli– ca San Giovanni vicino a Vienna, il priore mi ha fatto la proposta di andare in Guinea, dovevo cercare sul– la carta geografica questo paese a me sconosciuto. la comunità San Giovanni è stata fondata in Francia ne– gli anni Settanta dal dome– nicano Dominique Philippe, docente di filosofia a Fri· bourg in Svizzera, e un gruppo di suoi allievi. la nuova congregazione è cresciuta velocemente e nel 1993 è stata chiamata da monsignor Robert Sa· rah, in quei tempi arcive– scovo di Conakry, per apri– re un'attività missionaria in Guinea. Alcuni anni fa mon– signor Sarah si è trasferito in Vaticano, alla Congrega– zione per l'evangelizzazio– ne dei popoli. Robert Sarah continua a essere una per– sonalità molto stimata e ri· spettata in Guinea, anche da parte dei musulmani, per il suo coraggio e la sua voce incorruttibile nel denunciare le ingiustizie nel paese. la chiesa cattolica della Guinea è da tempo quasi completamente africanizzata e il numero di sacer– doti stranieri nel paese è molto ridotto. La chiesa cat– tolica in generale è molto rispettata da tutti e la con– vivenza con l'islam è buona. la comunità San Gio· vanni in Guinea ha aperto una missione vicino a Coyah, una piccola città a 60 km di distanza dalla capitale Conakry. È stata chiamata Mariamayah, che in lingua sussu, l'etnia locale, significa «là dove abi· ta Maria». Avevano bisogno di un falegname e quin– di ho accettato la proposta del priore in Austria. l'ho accolta nella fede, non senza timori, come una chia– mata del Signore, con spirito di curiosità e voglia di vivere un'awentura. A rrivai in Guinea da solo alla fine del mese di no– vembre 1998. Conakry era tutta nascosta nel buio della notte appena cominciata. Ma il primo lm· patto rimane indimenticabile: l'umidità dell'aria cal· da e piena di profumi e odori mai sentiti e l'attività caotica nel piccolo aeroporto. C'era John Jesus, un frate irlandese, ad accogliermi. Questo frate mera– viglioso, molto amato dalla popolazione per la sua gioiosa semplicità e umiltà, sarebbe poi diventato il mio punto di riferimento, nei primi sei mesi, prima del suo trasferimento nel Camerun. I primi mesi furono difficili, anche perché non sa· 51 ■ MC LUGLIO-AGOSTO 2007 pevo ancora parlare bene il francese. Mi diedero subito la responsabilità della falegna· meria, che faceva parte di una società di costruzioni ge– stita dai frati. Tutti gli edifici della missione· chiesa, i con– venti · erano stati costruiti con l'aiuto di artigiani locali. Alla fine dei lavori i frati ave– vano deciso di creare una dit· ta per garantire a questi arti– giani un lavoro, ma anche fornire formazione artigiana– le ai giovani. All'inizio dovet– ti gestire otto persone, nu· mero che crebbe fino a 25 ar· tigiani. la Guinea è in grande mag– gioranza musulmana e I cri– stiani si trovano soprattutto nella zona forestale nel sud del paese. I falegnami erano quasi tutti di fede musulma– na. Il rapporto con loro fu uno dei modi migliori per co– noscere le difficoltà della gente. Una volta conquistata la loro fiducia, venivano spesso da me per chiedere aiuto, per esempio piccoli prestiti per comprare farma– ci in una situazione di emer– genza familiare o solo per arrivare a fine mese. Una scuola di ascolto, certo, ma dovetti anche imparare a dire «no». 1 1 lavoro in falegnameria ogni giorno era una sfida. Di fronte alla continua mancanza di attrezzi o ai guasti dei macchinari era spesso necessario im· prowisare o avere pazienza, talvolta perché il lavo– ro andava a rilento oppure non si riusciva a far nul· la. Un concetto Importante da capire è che in gene– rale, per l'africano il lavoro è sempre secondario a– gli impegni familiari, anche nell'ambito della fami· glia allargata. Alla comunità San Giovanni sono state affidate an– che due parrocchie, Coyah e Forecarlah. La vita par· rocchiale era una buona occasione per creare con· tatti con la gente e amicizie con altri giovani. Pren– devo l'abitudine di fare regolarmente visita a diverse famiglie, godendo della loro calorosa accoglienza e gentilezza. Dopo un anno e mezzo di presenza in Guinea queste amicizie facevano parte delle espe· rienze più preziose che ho portato con me al mo– mento del ritorno in Italia. P articolarmente importante sarebbe stata l'amici– zia con Odilon, il mio assistente falegname, un uomo di più di quarant'anni con moglie e figli. Era cristiano, di etnia guerzé e originario della Guinea forestale. È stato nell'occasione del viaggio con lui
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