Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2007
DOSSIER -;, o S U D A ft -, CONGO R.D. no problemi di banditismo. Il morale cade a pezzi, non so co– sa fare. L'alternativa sarebbe quel– la di rifare il giro da El Obeid, ma il tempo stringe, non ce la farò mai. GuardoJamal negli occhi, non c'è neppure bisogno di parlarci, salia– mo in macchina, si parte. Se il de– stino è quello di saltare su una mi– na o essere preda di banditi, allo– ra è giunto il momento. Nei primi chilometri di pista ci so– no numerosi controlli di polizia, la strada è sbarrata da bidoni e filo spinato, che vengono spostati solo dopo la verifica accurata del pas– saporto e di tutti i permessi rila– sciati dalle autorità militari del luo– go. Man mano che ci si allontana dai centri abitati i controlli si fanno sempre più rari, fino a scomparire del tutto dopo l'ultima collina, che all'epoca della lunga guerra era controllata dalle milizie arabe. Il paesaggio è armonioso; di tan– to in tanto si incontrano gruppi di giovani con i loro dromedari. In questa zona i nuba convivono con molte altre etnie di ceppo arabo, ma la loro quotidianità è pacifica, non c'è odio. Si viaggia per l'intera giornata, cercando di non lasciare mai la traccia dei punti che ci hanno con– sigliato di seguire. Prima di arriva– re aTalodi faccio una sosta per fo– tografare i villaggi dei nuba ma– sakin. Ormai ne sono rimasti pochi, la maggior parte, mi dico– no, è migrata verso sud. Quando è già buio arriviamo a Tosi, villaggio famoso per l'impo– nenteJebe/ (monte) dove si posso– no ammirare graffiti rupestri. Chie- diamo ospitalità alla polizia, ma questa volta la risposta è negativa: ci dicono che per regolamento non possono far montare le tende nel cortile della caserma. Mentre di· scutiamo con i militari, si forma il solito gruppo di persone e una di esse ci offre la possibilità di usu– fruire del piazzale della scuola co– me campeggio. A tarda sera scopro che questi gentili giovanotti sono gli insegnanti della scuola stessa. Il posto è grazioso e recintato, non fa molto caldo; poi c'è anche la luna che mi fa da faro, mentre infilo i picchetti della tenda nel ter– reno. Un solo neo, l'intero spiazzo è invaso da formicai, me ne accor– go solo dopo aver montato il telo impermeabile dell'igloo, troppo tardi per rimediare. EXGUERRIERI ELOTTATORI Dopo una notte quasi insonne, a causa delle formiche che hanno in– vaso tenda e sacco a pelo, si ripar– te verso Kau, Fungor e Nyaro, tre villaggi resi famosi dalla fotografa tedesca Lenì Riefenstahl con la pubblicazione del libro fotografico «I Nuba di Kau» (1976). Guerrieri e lottatori nuba non sono più quelli delle foto di quel tempo. Il pro– gresso, si fa per dire, è arrivato an– che qui. Non mi ero fatto nessuna illusione prima di partire dall'Italia: sapevo di non trovare più le scene di vita quotidiana rappresentate nel libro, ma mi aspettavo un in– sieme di villaggi e una comunità abbastanza autonomi. Purtroppo la realtà è un'altra: i vii- laggi di Kau, Nyaro e Fungor sono ubicati in una zona difficilmente raggiungibile dalle arterie princi– pali, se non dopo almeno due gior– ni di fuoristrada, e il primo impat· to è lavisione di un agglomerato di capanne dimenticate dal mondo. Avevo portato con me dall'Italia alcune fotocopie a colori del libro di Leni. Ho provato acercare le per– sone ritratte: alcune sono andate a vivere altrove, altre sono decedu– te, altre ancora, con sorpresa, le trovo nelle loro abitazioni. Un anziano signore si riconosce nella foto e mi fa capire che è pas– sato un po' di tempo da quello scatto, non sa dirmi quanto, ma lo so io: quasi 30 anni. Dopo qualche attimo di attesa per controllare e vincere il comprensibile imbaraz– zo, l'uomo allunga il braccio e prende in mano la fotografia, la guarda attentamente, poi chiama alcuni amici e si mette a discutere e ridere con loro. Li lascio soli per un po', mentre cerco di distrarmi fotografando l'impagliatura dei tetti delle capan– ne. Dopo qualche minuto ritorno verso il gruppetto di uomini, anco– ra intenti nella discussione. Con de– licatezza li interrompo e chiedo, cercando di farmi capire, se posso ritrarre l'ex «guerriero» con la vec– chia foto tra le mani. Si guardano tra di loro, poi il più giovane si ri– volge a me, mi guarda e fa un cen– no di assenso con la testa. Il signore della foto ha un nome mai sentito da queste parti: dice di chiamarsi Sathir. Lo metto in posa, mentre cerco di pronunciare ripe- ~-----------------------------~-------------------------------~--~--- 32 ■ MC LUGLIO-AGOSTO 2007
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