Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2007

I ■ MISSIONI I la notte», come è chiamata dalla gente del posto, non ha finestre; i muri sono più spessi rispetto al re– sto della casa, per creare l'isola– mento necessario a mantenere u– na temperatura gradevole durante i periodi più caldi dell'anno. ATTENZIONE Al... «TARTUFI»! A pochi minuti d'auto daGidel o– perano i volontari di Save the Chi/– dren. Nel piccolo villaggio di Kumo hanno costruito un dispensario do– ve la gente si può curare e riceve– re medicinali. I posti letto sono sempre occupati e molti ammala– ti, purtroppo, non possono essere curati. Patrick, un giovane volon– tario che arriva dal Kenya, mi dice che tutto sarà diverso, quando «il grande» centro clinico di Gidel sarà operativo. Vorrei fermarmi per sempre in questo luogo di pace, ma mi ren– do conto che il viaggio deve conti– nuare, non prima però di aver cu– riosato nella scuola di Kauda, do– ve studiano i bambini vittime del bombardamento del 2001. Mi faccio accompagnare dalla suora della diocesi. Nella mia mo– leskine ho i nomi dei bambini che mi sono annotato durante l'ultima riunione con i volontari di «Sorriso per il Sudan». Li mostro agli inse– gnanti, i quali si consultano tra di loro e poi, con un sorriso di con– senso, mi dicono che ci sono tutti. In pochi minuti li ho davanti a me. Sono cinque, forse sei, non ri– cordo, ma quelli che più mi colpi– scono sono Amani e Adii, i più se– gnati. Il ragazzo ha l'avambraccio mozzato; la ragazzina, Amani, ha dovuto subire l'amputazione del– l'intero arto. Non credo ci sia da di– re altro a riguardo, le parole sa– rebbero solo retoriche e superflue. Osservando la carta topografica che mi ha fotocopiato un amico mi– lanese, posso notare una pista tracciata che collega Luere a Taio– di. Mi metto subito alla ricerca del– l'imbocco, ma perdo più di due o– re. Chiedo informazioni a chiun– que: nessuno ne sa nulla. Deduco che la mappa è sbagliata e me la prendo con chi l'ha disegnata. Non mi rassegno; riprovo a chie– dere informazioni in un campo del– le Nazioni Unite e, finalmente, un soldato malese dall'aria gentile mi dice che la pista è stata cancellata anni fa dalle piogge e quel poco che è rimasto è stato inghiottito dalla vegetazione o è minato. Muoversi sui monti può essere dawero pericoloso, ci sono molte zone disseminate di «tartufi» e, no– nostante il lavoro del centro di smi– namento della Dea (Dan Church Aid), gli ordigni inesplosi sono an– cora tantissimi. Non ci sono alternative, bisogna ripercorrere la pista fino a Kadugli e poi imboccare l'altra strada, an– che questa m{nata, perTalodi in di– rezione est. E già tardo pomerig– gio quando si decide di lasciare Donnenuba allavoro nei campi diarachidi. Kauda; tra non molto bisognerà cercare un posto dove fare campo e passare la notte. È bello monta– re la tenda in questo nulla africa– no, potersi rilassare davanti a un fuoco, fare due chiacchiere conJa– mal e poi, quando la natura si pla– ca, rilassarsi guardando le stelle negli occhi. In Africa la proporzione della na– tura è predominante ; è la natura stessa che vince su tutte le tenta– zioni di sostituirla a qualcosa d'al– tro, rimane lei l'unica intermedia– ria possibile di un contatto, che qui rimane esclusivo, tra gli elementi naturali e l'uomo. Purtroppo i viaggi africani non sono fatti solo di immensi cieli stel– lati e grandi distese incontamina– te; a volte bisogna fare i conti con i guasti meccanici del mezzo di tra– sporto. Prima la rottura della pom– pa del gasolio, poi le forature, poi ancora la balestra che cede ai con– traccolpi rimandati dalle pietre. Al– la fine ci vogliono quasi due giorni per poter ritornare a Kadugli. Si arriva in città col buio, non ci sono alberghi e l'unica soluzione per la notte sarebbe quella di bus– sare a qualche organizzazione u– manitaria. Provo a Save the Chil– dren, ma non hanno posto, sono al completo; alla polizia è meglio la– sciar perdere; faccio un tentativo all'Unicef, mi dicono di aspettare; dopo quasi mezz' ora di attesa, mi propongono una stanza nella loro sede staccata, ubicata nella perife– ria della città: anche questa volta è andata bene. TRA INUBAMASAKIN Percorrendo il tragitto da Kadugli a Talodi si dovrebbero incontrare alcuni villaggi masakin, ma non ne sono sicurissimo. A scanso di e– quivoci chiedo conferma a un «ra– gazzone» svizzero di nome Peter, che lavora per l'Unicef. Dopo una breve consultazione della mappa, Peter traccia dei punti e spiega: «Questi sono i villaggi che cerchi, ma attenzione: su questo percor– so, due giorni fa, un autobus che trasportava dei locali è saltato su u– na mina». Per un percorso più si– curo, mi consiglia di chiedere agli addetti delle Nazioni Unite i punti gps (sistema di rilevamento satelli– tare della posizione, ndr). Agli uffi– ci Onu mi sconsigliano vivamente la pista che passa dai villaggi ma– sakin perché, oltre alle mine, ci so- --------------------------------------------------------------------- MC LUGLIO-AGOSTO 2007 ■ 31

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