Missioni Consolata - Giugno 2007
■ CINA ■ ■■ ■■■■ ---------------------------------------------------------------------------------------------------------- Pagina precedente: Pechino, Tiantan, il tempio del cielo, per secoli il cuore del cerimoniale edel simbolismo imperiale. A fianco: negozio di alimentari nella Pechino degli hutong. quindi dedicato alle cosiddette «tappeobbligatorie».Mi sono recata in piazzaTian'anmen (la più grande al mondo) per ammirare la sua mae– stosità, poi sono entrata nella «città proibita», dove ho trascorso diverse oreavisitare i padiglioni, i giardini e i cortili un tempo dimoradell'impera– tore. Un'altragiornata è stata intera– mentededicata al palazzo d'Estate, residenza estiva del «Figlio del Cie– lo» (l'imperatore), dove mi sono la- ' sciata trasportare dall'atmosfera poetica del suo lagoartificiale,dei ponticelli edei salici piangenti scos– si da una leggerabrezza. MaPechino piaceai turisti occi– dentali non solo per queste mete, ancheper i suoi magazzini multipia– ni, dove si può compraredi t utto a cifre irrisorie.Così anch'io sono stata Cina in Italia NON TOCCARE ... LA CODA DEL DRAGONE S e dovessi definire la comunità cinese con due aggettivi, userei di primo acchito i termini «chiusa» e «impenetrabile». I cinesi hanno una grande civiltà millenaria, ma alla loro apertura eco– nomica iniziata con Deng Xiaoping dagli anni '70, non ha fatto fino ad oggi riscontro un'adeguata a– pertura culturale. Oltre un sesto della popolazione mondiale è costi– tuito dai cinesi, considerando tutte le comunità che si sono sviluppate al di fuori del continente asiati– co. Tante chinatown che tentano di riprodurre stili di vita, tradizioni e comportamenti tipici della ma– drepatria. Se da un lato tutto ciò ha favorito la dif– fusione dell'interesse nei loro confronti da parte di molti occidentali, dall'altro sta creando dei proble– mi di convivenza sempre meno gestibili. F acendo riferimento alla situazione in casa no– stra, in molte città italiane esistono quartieri a– bitati da un elevato numero di cinesi, che han– no aperto negozi per il loro mao yi (commercio) e intrapreso attività in vari settori, creando così ten– sioni con i loro vicini di casa italiani. Il problema di fondo di questi contrasti sta nel non– rispetto delle leggi italiane, anche se ho potuto con– statare di persona che in Cina, paese che detiene il «primato» delle condanne a morte, le leggi vengo– no rigorosamente applicate. Un giorno, negli hutong di Pechino, ho assistito a una scena che difficilmente si verificherebbe in lta- lia. Una donna stava abusivamente vendendo dei dolcetti che preparava lungo la strada lì sul mo– mento, quando un poliziotto le sequestrò il fornel– letto e, viste le resistenze della donna, la prese a schiaffi. Notai che nessuno osò reagire, anzi que– sto atteggiamento venne interpretato come un mo– nito da tenere bene a mente. C ollegando questo discorso ai fatti di Milano dello scorso aprile, alcune motivazioni di quanto è accaduto dovrebbero essere cercate proprio in questo contraddittorio atteggiamento ci– nese nei confronti delle leggi italiane. Le leggi so– no uguali per tutti, sia per gli italiani sia per i cine– si. Partendo dal presupposto che ormai viviamo in comunità multietniche, è importante potenziare il livello di collaborazione da parte di entrambi. In primis, i cinesi devono accettare e rispettare le regole del paese in cui ora vivono, ma allo stesso tempo uguale rispetto e obbedienza devono esse– re pretesi dagli italiani. Inoltre, le autorità comunali, preposte all'applica– zione delle leggi e al mantenimento dell'ordine pub– blico, dovrebbero investire di più nel campo della mediazione, dando la possibilità a personale quali– ficato di operare a diretto contatto delle comunità cinesi, per sensibilizzarle riguardo al problema del– la legalità, soprattutto relativamente al settore in cui lavorano. Francesca Bongiovanni --------------------------------------------------------------------------------------------■ 50 ■ MC GIUGNO 2007
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