Missioni Consolata - Giugno 2007

DOSSIER gica dei Pas - hanno fatto leva sulla deregolamentazione del set– tore, promuovendo la nascita di zone franche per l'esportazione, garantendo alle imprese straniere esenzioni fiscali, completa libertà di rimpatrio dei profitti ed as– senza di vincoli di natura sinda– cale e ambientale. Nascono così le Export Proces– sing Zones (zone franche per l'e– sportazione). Le zone franche si sono rivelate delle isole di profitto per le multinazionali, di sfrutta– mento dei lavoratori e, soprattut– to, lontane dai bisogni reali della gente. Il Kenya, un paese che non è autosufficiente a livello alimen– tare, ha 43 zone franche, di cui 28 operative, tra le quali quelle dedi– te alla coltivazione ed esportazio– ne di fiori in Europa. In queste zone i livelli salariali sono molto bassi, i turni di lavoro in media di dodici ore e gli stan– dard di sicurezza insufficienti. Inoltre, non sempre hanno creato nuovi posti di lavoro. Le imprese minerarie straniere in Ghana ten– dono ad impiegare personale spe– cializzato straniero piuttosto che locale. Gli investitori stranieri in Sudafrica fanno largo ricorso a contratti di lavoro flessibili con l'o– biettivo di abbattere i costi di pro– duzione. In ogni caso, dove vengono crea– ti nuovi impieghi, come nel tessile e nel settore dei prodotti vegetali, i lavoratori sono sfruttati, sotto pa– gati ed i loro diritti non rispettati. Attorno alle zone franche i pic– coli produttori vengono messi fuo– ri dal mercato locale perché non in grado di competere con le impre– se straniere. Inoltre, appena si pre– sentano nuove opportunità per aumentare i profitti, le grandi in– dustrie hanno la tendenza a muo– versi rapidamente fuori e dentro il paese, lasciando molte persone improwisamente senza impiego e senza dare loro il corrispettivo spettante per gli ultimi mesi di la– voro. È in atto un nuovo tipo di colo– nizzazione economica neoliberista che non mira alla conquista dei paesi, bensì dei mercati, delle ma– terie prime e delle risorse. L'Africa sub-sahariana è la re– gione del mondo con il più basso tasso di sviluppo umano, indice Piccola attività commerciale in uno slum di Nairobi. che comprende - oltre alla ricchez– za pro-capite - indicatori come l'al– fabetizzazione, l'aspettativa di vi– ta, l'accesso alle risorse essenzia– li quali cibo e acqua potabile. Dei 40 paesi considerati oggi po– verissimi ben 34 si trovano nell'A– frica sub-sahariana; negli ultimi 20 anni secondo la Banca mondiale, il loro reddito medio è diminuito da 400 a 300 dollari l'anno; secondo la Fao dei 50 paesi che ancora og– gi soffrono la fame, 30 si trovano in Africa. La descrizione di un continente che lentamente va alla deriva so– spinto dalla pandemia dell'Aids e dei conflitti e guerre «a bassa in– tensità», commistione di poteri lo– cali corrotti e forti interessi inter– nazionali. Si sta ridisegnando l'Africa se– condo una strategia della sparti– zione, un apartheid tra isole ricche da proteggere con le armi e ocea– ni di poveri da abbandonare ai massacri, agli aiuti umanitari, op– pure reclusi nelle fatiscenti città ombra ai margini delle grandi città e del mondo intero. Per tutti noi l'Africa è malata! Ha bisogno di aiuto. Ma il suo dottore, l'Occidente «benefat– tore» sa ben sfruttare i suoi ma– lanni. LA RICETTA EUROPEA Epas è l'acronimo inglese di «Economie Partnership Agree– ments» (accordi di partenariato economico) che, dal 27 settembre 2002, l'Unione europea sta nego– ziando con 77 paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (i cosiddetti paesi Acp). L'obiettivo è quello di creare, a partire dal 1 gennaio 2008 un'area di libero scambio. Ufficialmente, gli Epas si pro– pongono come fine principale lari– duzione e infine l'eliminazione del– la povertà, in linea con gli obietti– vi di uno sviluppo durevole e della progressiva integrazione dei pae– si Acp nell'economia mondiale. In realtà il modello di liberaliz– zazione proposto dall'Europa rientra nella strategia di creare maggiori opportunità di esporta– zione per le proprie imprese. Per i paesi Acp i benefici rimangono incerti mentre sono certi gli effet– ti negativi. L'Unione Europea ha spinto af– finché questi accordi fossero fon– dati su una rigida interpretazione delle regole del Wto, prevedendo l'eliminazione di tutte le barriere commerciali su più del 90% degli scambi tra Europa e paesi Acp ed annullando di fatto, come richiesto dal Wto al massimo entro il 2008, le condizioni preferenziali e non– reciproche concesse dall'Unione Europea in favore dei paesi più po– veri e vigenti da diversi decenni. Dietro la maschera di una «coo– perazione per lo sviluppo» l'Unio– ne Europea sta di fatto ripropo– nendo attraverso gli Epas la pro– pria agenda liberista sostenuta in ambito Wto. I paesi Acp che aderiranno agli Epa dovranno aprire i loro mercati domestici a quasi tutti i prodotti europei nel giro di un periodo che andrà dal 2008 al 2020. Inoltre, il processo prevede la li- ----------------------------------~---------------------------------- 40 ■ MC GIUGNO 2007

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