Missioni Consolata - Giugno 2007

ma i keniani sono poveri. Ne è conseguito un orizzonte schizofrenico dal quale emergono baracche di fango e grattacieli,antiche credenze ed internet, telefoni cellu– lari ed individualismo. Epoi problemi su problemi che si concentrano su uomini e donne che sono il volto della Sindone che cammina. In questa situazione di insicurezza generalizzata tutti sono poveri, tutti sono a rischio, tutti non possono aiu– tare perché tutti hanno bisogno di essere aiutati. Ognuno è mendicante.Queste contraddizioni sono tal– mente forti al punto da risultare inaccettabili al visita– tore esterno, ma chi vive qui sa di non avere scelta e fa– ticosamente cammina. Cammina. Quando non c'è l'e– lettricità lavora di notte, si alza alle 5 del mattino per ar– rivare in orario al lavoro. Esa anche essere felice, donare un sorriso e una stretta di mano, ridere e scherzare. In questa città mancano luoghi pubblici e spazi di con– fronto autentico.Ogni voce è sola lungo queste strade e dentro questi autobus. I ricchi vanno dall'ufficio a casa, dal negozio alla banca sempre di giorno e in auto, senza aprire i finestrini e con le porte bloccate perché può essere pericoloso. Le loro case sono più chiuse e controllate di un carcere: guardia giurata al cancello, al– larme sul comodino, rete elettrica di recinzione o muro con filo spinato, allarme elettronico in casa,finestre con inferriate. Ementre i grattacieli salgono sempre più in alto, su fino al cielo, cresce l'ansia nel domani. Gli spazi più vitali sotto questo aspetto sembrano es– sere gli slum, dove per necessità o altro, la gente sta ini– ziando a mettersi insieme per uscire dal vicolo cieco dell'individualismo e a costruire percorsi di cittadi– nanza, di diritto e solidarietà. 1 1grande mistero è di che cosa viva tutta questa massa di persone. Di che cosa e «come». Infatti, uomini e ■ MISSIONI donne non si trovano qui perché la città ha bisogno di loro, ma solo perché la miseria li ha scacciati dalle cam– pagne. Sono fuggiaschi, in cerca di salvezza e di soprav– vivenza. Mangiano tutto senza lasciare una briciola, nessuno ha provviste da parte, né saprebbe dove conservarle o rin– chiuderle. Si vive alla giornata. Non è realistico pensare al futuro. Nelle bidonville non vi sono inquilini fissi. È tutto un av– vicendarsi di nomadi cittadini in continuo movimento. A prima vista una baraccopoli si presenta come un'e– norme stazione ferroviaria dove però non ci sono né treni né manager e impiegati, esiste solo il corollario: gente seduta, volti anonimi, traffici vari, sporcizia, via vai frenetico, come se ognuno avesse qualcuno da cui fug– gire o da inseguire. È un luogo senza alberi alla cui om– bra fermarsi a discutere o ascoltare gli anziani che rac– contano una storia. È un luogo fatto di persone che stanno perdendo la memoria, che sanno sempre meno da dove vengono e non sanno dove andare. È anche un luogo di creatività, dove una vecchia lamina d'allumi– nio diventa una valigia, un barattolo si trasforma in una lampada, tanti piccoli pezzi di lamiera diventano una parete. Ai lati delle strade, di là dai rigagnoli, ferve la vita eco– nomica e familiare. Le donne cucinano chapati, frig– gono pesci, vendono frutta e verdura, biscotti, vestiti usati, lavano e asciugano la biancheria. Tutto in vista, quasi vigesse l'obbligo di uscire di casa alle sette del mattino e di riversarsi sulle strade. La ragione vera è un'altra: le abitazioni sono piccole, misere, anguste. Si soffoca, il tetto di lamiera moltiplica il calore del sole, blocca la circolazione dell'aria, manca il respiro. È nella strada che ferve la vita sociale. Si passa la giornata all'a- perto in movimento tra la gente. Fa. Fio. ---------------------------------------------------------------------- MC GIUGNO 2007 ■ 31

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