Missioni Consolata - Maggio 2007
RIUSCIRÀ A TROVARE UN CUORE L'EUROPA A 27? Ben 11 dei 27 paesi dell'Unione europea hanno conosciuto regimi comunisti. Sono proprio questi i paesi con più minoranze (per sangue, lingua o religio– ne). E sono sempre C{Uesti i paesi che oggi v~llono tutto, anche a costo di sperimentare un capitalismo senza regole, che tutto travolge. D'altro canto, le vecchie democrazie europee (a 50 anni, 1957-2007, dal trattato di Roma) mostrano verso la Ue allargata un sentimento di fastidio e di pessimismo. e , è aria di Chagall in queste dacie di vecchie scure tra– vi, con le finestre ingentilite da tendine bianche e fio– ri in vasi e da cornici allegre e fantastiche intagliate e dipinte come merletti, seminate nei dintorni di Plovdiv. Esse sonol'ultima testimonianza della presenza russa, fatta di fun– zionari sovietici che vi venivano a trascorrere il fine settima– na. Plovdivè la seconda città della Bulgaria, situata nella par– te meridionale, lungo la strada che unisce l'Europa occiden– tale a Istanbul. La fondò Filippo Il di Macedonia (340 a.C.) chiamandolaPhilippopolis. In etàromanafu il capoluogo del– la provincia di Tracia col nome di Trimontium, poi di Filibé durante la dominazione ottomana. Ma le popolazioni locali hanno continuato a chiamarla Pulpudeva (traduzione di Phi– lippopolis) e in seguito Puldin permarcarnela connotazione slava. Non a caso la città è riconosciuta fin dai tempi dell'itn– pero ottomano come un punto focale del movimento indi– pendentista bulgaro che si diffuse in tutto il Paese nel 1989 subito dopo la caduta delMuro di Berlino. Sicuramente non parleremmo di Plovdiv, se la Bulgaria, as– sieme alla Romania, non fosse entrata dal primo gennaio di quest'anno nell'Unione europea (Ue). Così ora fa parte del– l'Ue anchelaprimaminoranzamusulmana autoctona che di– spone di visibilità politica. Infatti, secondo il censitnento del 2001 in Bulgaria vivono 967 mila musulmani, dei quali 700 mila turchi. Con quelli degli altri paesi dell'Europa centro-o– rientale (Albania, Serbia,Macedonia), essi rappresentano l' e– redità religiosa dell'impero ottomano. Naturalmente quella di Bulgaria non è la comunità più numerosa, ma senza dub– biolameglio organizzata sottoil profilo politico.Ha dal 1990 un proprio partito, ilMovimentoperi dirittie lelibertà, il D– ps (4' bulgaro: Dvi?em'eza Prava i Svobodi, Dps; in turco: Hak ve (Jzgurlukler Hareketi, Hoh), che alle elezioni del 2005 ha ottenuto il 13,7% dei voti, con una crescita del 4,2% rispet– to alle precedenti. Non pochi voti, peraltro destinati ancora ad aumentare, perché questa minoranza cercherà di utilizza– re i fondi forniti dall'Ue, per consolidare la p ropria presenza politica e diventare protagonista di spicco nei rapporti fra Bruxelles e Ankara. La Turchia, è noto, non è un paese mol– to sensibile ai diritti delle minoranze, ma è molto probabile che lo diventi quando si tratterà di tutelare quelle turche. L e minoranze in Europa sono così diventate di un'im– portanza cruciale. Fino al 2003, quando l'Ue era di 15 stati, esse raggiungevanoi 20milioni di persone, il 5 % della popolazione. Con l'Europa dei27 sono 28milioni, rap– presentano il 5 ,6% dei 500 milioni di cittadini europei. In alcuni paesi, come nelle repubbliche baltiche, hanno un peso numerico determinante per gli equilibri politici: il 17% in Lituania o addirittura il 42% in Lettonia. In Estonia dove raggiungono il 32%, una persona su quattro, è di madrelin– gua russa. Pertanto non è fantapolitica sostenere che le po– polazioni russo/one dei paesi baltici potrebbero condiziona– re i rapporti dell'Ue con Mosca. Non c'è, invece, un dato uf– ficiale sul numero dei musulmani in Europa. Secondo l'agenzia di stampa Reuters (dicembre 2006), nella Ue vi so– no 15milioni di musulmani e quelli bulgari, come detto, so– no i più politicamente strutturati. Q uesto è né più né meno lo scenario nel 50°anniversa– rio del trattato di Roma (27 marzo 1957), che suggel– lò la nascita della Comunità economica europea (Cee), divenuta poi Unione europea (Ue). Ora appare meno artifi– ciosa la divisione fra «Est» e «Ovest», ma emerge, in manie– ra contraddittoria, da una parte il cosiddetto risveglio delle nazionalità e dall'altra parte il formarsi di enormi aggregati sopranazionali tenuti insieme dal miraggio di un facile be– nessere economico. Cosl l'umanità che vi abita appare dila– niata da una parte da particolarismi di sangue, di lingua e di religione ribelli e anarchici e dall'altra parte dalla rincorsa quasi ossessiva verso un capitalismo sfrenato di cui ignora i malefici effetti chepuò produrre. Sitenga a mente che 11 dei 27 capi di governo che siedono attorno al tavolo del consi– glio europeo, inclusa la cancelliera AngelaMerkel, meno di vent'anni fa erano sudditi di dittature comuniste. Sanno che cos'è la libertà, perché hanno sperimentato cosavuol direnon essere liberi. Tutti sono disponibili a trasformare la propria politica interna, l'economia, il diritto, i media, la società pur di mantenerla, ma la formula è tutta da sperimentare. Sicché semp re più grandediventala responsabilità deipae– si fondatori - Francia, Italia, Germania ecc. - con le loro de– mocrazie consolidate. Se questa parte d'Europa, come han– no rilevatomille e uno sondaggi, vive il presente con fastidio e guarda al futuro con pessimismo, sempremeno avrà stimoli e voglia di occuparsi di quel che gli accade intorno. Eppure non è difficile immaginare il malessere delle genti dell'Europa «allargata>>, quelle che fino all'altro ieri, dietro la cortina di ferro, ambivano al benessere occidentale speran– do nella fine del comunismo sovietico, e che ora si ritrovano prigioniere della povertà, turbate dal crollo delle usanze tra– dizionali, furenti per le promesse non mantenute dall'Occi– dente, spesso disperate, spesso costrette a lasciare il proprio paese, perché si ritrovano in casa la disoccupazione che pri– ma non conoscevano. E cosl, fino a quando il sentimento na– zionale, la coscienza di appartenere a unaminoranza riman– gono un qualche cosa di imp revedibile e ineffabile, che ora si trova in accordo e ora in disaccordo con il sentimento di costruire programmi condivisi, l'Europa non saprà cosal'at– tende. •
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