Missioni Consolata - Maggio 2007
DOSSIER Cooperazione «dal &asso» N egli ultimi dieci anni chi si occupa di cooperazione internazionale allo sviluppo ha visto crescere un fenomeno nuovo. Le città italiane, così come province e regioni hanno iniziato a interessarsi sempre più ai comuni e alle entità loro simili in Africa e America Latina. Sono nati coordinamenti per la pace tra comuni italiani e altri enti territoriali. Piccole quote dei bilanci comunali sono state allocate a progetti di cooperazione nel Sud del mondo, mentre alcune regioni e province si sono connotate come pro– motrici e finanziatrici di cooperazione. Il fenomeno non coinvolge solo l'istituzione, ma que– sta funziona da «attivatore» delle realtà sul proprio territorio. Così associazioni di base e di categoria, isti– tuti scolastici di vario grado, università, parchi, hanno creato le loro iniziative per mettere il proprio «mat– tone» di sviluppo in qualche sperduto paese africano o latino americano. Non senza commettere errori o pre– stare il fianco alle critiche. S pesso tanti micro interventi su un territorio non creano sviluppo, ma arricchiscono qualche perso– naggio locale, oppure creano ancora più disugua– glianze. Fondamentale è l'approccio territoriale. Questo significa avere uno sguardo che coinvolge l'è diverse competenze di un comune italiano. Ma anche affrontare il tema dello sviluppo locale in un territorio lontano in modo integrato e con conoscenze in mate– ria. Per questo, per interessare i territori, l'ente locale diventa l'istituzione più adatta a interagire con un ente analogo in un paese povero. Chi meglio conosce, o dovrebbe conoscere, il proprio territorio, da en– trambe le parti. C 'è poi la questione della politica della coopera– zione, che su base locale è, necessariamente, di competenza degli enti locali (che non dovrebbero es– sere in conflitto con le linee guida della cooperazione governativa).Per quanto riguarda le conoscenze tecni– che e di contesti così diversi dal nostro è obbligatorio farsi accompagnare da chi queste tematiche le af– fronta da sempre come propriamissione: leOng di svi– luppo e talvolta gli istituti missionari. Sono loro i veri «traduttori culturali» oltre che i tecnici dello sviluppo. N asce così un modo di fare cooperazione«dal basso» che coinvolge decine di attori diversi (ed è questa la grossa difficoltà dell'approccio), ognuno dei quali devemantenere il proprio ruolo.Una cooperazione che ha tutte le caratteristiche per essere quella più vicina alla gente, del Sud comedel Nord. Infatti un effetto po– sitivo della cooperazione decentrata è che le ricadute sono anche nei nostri comuni, dove si crea maggiore conoscenza, sensibilità e forse si formano le coscenze per nuovi stili di vita. Perché per creare sviluppo, è ob– bligatorio passare attraverso a una nuova redistribu– zione di risorse e di consumi, a livello planetario. Marco Bello --------------------------------------------------------------------- 26 ■ MC MAGGIO 2007
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