Missioni Consolata - Maggio 2007
- ■ BENIN ■■ ■■ ■ ~ ---------------------------------------------------------------------------------------------------------- Il nostro arrivo li sorprende; uno di loro corre ad awisaregli altri,gri– dando:«Yo-vo,yo-vo!».Molti ci corro– no dietro per farsi fotografare. Lungo la strada verso il villaggio storico di Lulè incontriamo un ra– gazzo in bicicletta a cui chiediamo informazioni.Ci dice che lui èpro– prio di Luiè; si mostra entusiasta di intrattenersi con degli stranieri per di più bianchi e comincia a parlarci di sé: ci tiene afar sapere che va a scuola e subito ci mostra il manuale di ingleseche tiene sottobraccio. Raggiunto il villaggio,ci porta fino alla sua umile abitazione e ci pre– senta la nonna, unica soprawissuta della sua famiglia. Dopo i saluti di ri– to, nonna e nipoteentrano in casa: l'uno ne esce con una panca e una caraffa d'acqua; l'altra con alcune fo– tografie del marito e ce lemostra con orgoglio,mentre gli occhi sono velati da un'ombra di tristezza. Entrambi insistono perchéci se– diamo e dissetiamo. Viste le condi– zioni igieniche, purtroppo siamo co– stretti a rifiutare,ma cerchiamo di farlo senza offendere la loro sensibi– lità,fingendo di non avere sete.Nella cultura delle popolazioni del Benin, come in quelledi altri paesi dell'Afri– ca Occidentale, infatti,offrire acqua a un viandanteè segno di benvenuto e di grande rispetto. L'immaginedi questa nonna e nipote,cosl dispera– tamente poveri,ma immensamente generosi,ospitali e dignitosi rimarrà a lungo nellamemoria;anzi,è per noi una grande lezionedi vita. Proseguendo verso il nord.Rag– giunto il piccolo centrodi Natitin– gou, ci spingiamo sulle alture dell'A– takora,fino al remoto villaggio di Boukoumbè, apochi chilometri dal confine togolese. Siamo nel territo– rio dell'etnia somba, popolazione dedita all'agricoltura,che vive in abi– tazioni-fortezza di fango e paglia, denominate tata. I somba sono piuttosto schivi eri– servati, non solo nei confronti dello straniero,ma ancheal loro interno tra i diversi nuclei familiari; per que– sto non vivono in villaggi,ma le loro abitazioni distano l'una dall'altra centinaia di metri.Con molta discre– zione riusciamo,tuttavia, ad awici– nare qualche persona;facciamo qualche domanda sulla loro cultura e sul perché del loro isolamento;ma la diffidenza li rende impermeabili alla nostra curiosità e l'ostacolo lin– guistico fa il resto. SORRISI TRA LE PALAFITTE La nostra curiosità ha più fortuna nel viaggio di ritorno verso sud,tra le popolazioni dellezone lacustri lungo il confine con la Nigeria.Si racconta che i loro antenati, per sfuggire ai guerrieri del re del Daho– mey, per i quali addentrarsi nell'ac- , qua era tabù, si affrancarono dalla terra ferma e si stabilirono negli iso– lotti di lagunee laghi,dove edifica– rono veri epropri villaggi su palafit– te, che conservano ancora un'arcata suggestione. In piroga,guidata da un giovane, studente in legge all'università di Cotonou,raggiungiamo una di que– steetnie «anfibie»nel villaggio di A– guèguè. La lentezza del mezzo di trasporto ci permette di fissare nella memoria tanti dettagli della vita del– la gente. La pesca è la principale atti- Anziana donna del villaggio di Lu/è. --------------------------------------------------------------------------------------------- %0 ■ MC MAGGIO 2007
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