Missioni Consolata - Aprile 2007

··~.,, --------- ,; I' I TuttoMondo I I ! PAWAGA (TANZANIA) l ~-- ' ' I CASE E... DIGNITA I i e he l'Africa si sia fermata non , è vero. Anzi, anche i paesi I più poveri si stanno muoven- : do nel contesto della globalizzazio– ! ne; o almeno sentono sempre più t forte la necessità di cambiamento. : In tale processo, oggi più che mai, l la scolarizzazione gioca un ruolo ! formidabile. Ascuola si impara, si : cresce e si vive, dal momento che i t giovani, piccoli e grandi, vi passano I tre quarti della giornata. Ascuola si ! impara: i giovani di oggi sono aperti ! alle novità del progresso e delle : tecnologie avanzate. : APawaga, per esempio, una zona : sperduta nella Rift Valley del Tanza– : nia, dove lavoro da alcuni anni, vedo ! diverse paraboliche per tv e satelli- ' tari, installate su capanne fatiscenti di fango e paglia, e frotte di gente che accorrono a guardare e riman– gono incollate al televisore fino a tarda notte. Un anziano missionario mi diceva: , «L:Africa ha fatto indigestione di progresso». Ma per progredire, non sempre sono necessarie le tecnolo– gie più avanzate, basta un po' di fantasia per stimolare e organizzare la comunità. U no degli ambiti del progres- l s~ che più mi sta a cuore l nguarda la casa, dove la : gente nasce, vive e muore. : Si dice che, per l'africano, la casa I non è un bene immobiliare, ma semplicemente un luogo dove pas– sare la notte. Ciò era vero fino a pochi decenni fa. Oggi sono molti quelli che desiderano un'abitazio– ne più dignitosa della solita capan– na di fango e paglia, per questo si improvvisano ingegneri, si scopro– no architetti, danno vita a nuove forme architettoniche, che per noi sembrano «bizzarre•, ma in realtà rivelano sorprendenti capacità nel– l'inventare e abbellire le proprie abitazioni. Questa novità mi ha coinvolto di persona e ho deciso di stimolare la gente di Pawaga a migliorare le loro abitazioni. Ho coniato una specie di proverbio: «Nyumba bora, kwa mai– sha mema», cioè, «una casa ben fat– ta è garanzia di vita dignitosa». È un progetto che ritengo ancora attuale nel mio lavoro missionario. Ho studiato il programma assieme alle comunità cristiane di base: le piccole comunità formate da poche famiglie che si radunano una o due volte al mese, per pregare, ascoltare la parola del Signore, per poi tra– durla nella vita pratica, nel fare fron– te alle necessità più urgenti della comunità e delle altre persone biso– gnose di aiuto. In tali incontri ci siamo guardati attorno e abbiamo esaminato la situazione delle abitazioni della gente. Ne abbiamo discusso a lun– go e a più riprese, finché siamo giunti a tracciare un piano concreto per invogliare la gente a costruire case in muratura. La missione di Pawaga si impegna a fornire una FILO DIAffiO tra i missionari della Consolata e I loro amici nei quattro continenti trentina di lastre zincate e una deci– na di sacchi di cemento; i beneficiari devono procurarsi i mattoni cotti, costruire i muri secondo il disegno prestabilito (4-6 vani secondo le esigenze della famiglia) e portare a termine il lavoro. Tale aiuto viene dato a tutti, cristia– ni e non cristiani senza distinzione, purché si impegnino a rispettare il contratto di collaborazione. Fissate le condizioni, abbiamo stam– pato e distribuito appositi formulari da compilare (circa 150). La rispo– sta è stata immediata: ci sono già pervenute 125 domande. Ma solo 55 di esse, le più urgenti, sono sta– te accolte per il momento. Le altre sono in lista di attesa e saranno accolte a mano a mano che arrive– ranno i fondi necessari. L:iniziativa ha avuto ripercussioni inaspettate: ha suscitato una vera e propria emulazione. Alcune famiglie hanno iniziato a costruire le loro case in muratura da soli. Hanno capito che, per avere una vita digni– tosa e sana, è necessario vivere in una casetta decente e pulita. Le capanne di fango e paglia stanno scomparendo a poco a poco; al loro posto sorgono belle casette che, oltre ad essere comode, resi– stono alle piogge torrenziali che si rovesciano nella savana. Sergio Antonucci PS. Mentre andiamo in stampa, arriva in Redazione una lettera di padre Silvestro Bettinsoli, parroco di Pawaga, con questa notizia: «Le piogge sono iniziate presto e con veemenza, causando veri e propri disastri. Sono cadute più di 600 case, quasi tutte di fango. Per fortu– na non ci sono state vittime, perché nelle pareti delle abitazioni le crepe si sono allargate gradualmente, dando così agli interessati il preav– viso per sbrigarsi a fare i fagotti. Alcuni sfollati sono stati accolti nel– le cappelle dei villaggi e nelle caset– te della missione». PadreSergio Antonucci con una donna masai. Ragazzi davanti a una tipica capanna di fango a Pawaga. w~--.....,'---- -------~••--• ~-v•~------•--•---------•--•- 70 ■ MC APRILE 2007

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