Missioni Consolata - Marzo 2007

Visiotti Africatte di Germain Bitiu Nama Considerazioni sulla pena di morte HO VISTO MORIRE SADDAM In tutto il mondo sono state trasmesse le stesse immagini. L'Europa ha visto ma anche l'Africa ha visto. Con un background di storia e tradi:zioni diverse. I l nostro mondo ha una visione Nord-centrica. L'Italia, gli Usa, oggi anche un po' l'Europa. È questo «il mon– do che conta». Esistiamo, quindi pensiamo, solo noi. I.:Afrlca, sono le guerre, i massacri, l'Aids, talvolta gli elefanti e le giraffe. L'America Latina ci porta samba e merengue, spesso il calcio. L'Asia, è la Cina, soprat– tutto, perché qualsiasi cosa tocchiamo è stato fabbri– cato n. Poi ci sono gli stranieri, di tutti i colori, che «in– vadono,, la nostra vita. C ppure In Africa esistono popoli, culture, modi di es- 1:.sere e di vivere. Nel quotidiano. Giornali, radio, te– levisioni, siti internet. Una società ricchissima di varietà, giovane e in cammino costante. Con I suoi personaggi di riferimento: politici, di chiesa, di cultura. C on questa nuova rubrica abbiamo l'ambizione di portare nelle vostre case almeno un po' della vi– sione africana del mondo e degli accadimenti. Un pic– colo segno per dire: un altro mondo è possibile, un al– tro mondo già esiste. A volte basterebbe ascoltarlo. Marco Bello S addam Hussein è stato impiccato il 31 dicembre scorso. Il giorno della Tabaski (Aid-el-Kébir, festa del sacrificio di Abramo, durante la quale si sgozza il montone, ndr). La sua esecuzione è stata largamente mediatizzata e ha profondamente scioccato l'opinione pubblica internazionale e, in_particolare, in Africa. Lo spettacolo del Rais, in giac– ca scura, la corda al collo, che parla ai suoi boia era particolarmente toc– cante e rivoltante, anche se non si perdono di vista i gravi crimini che pesavano sull'uomo. Le reazioni alla sua impiccaW:one sono state varie. Qual– cunometteva in causa le conélizi.oni poco degne della sua esecuzione a dir poco sbrisativa, quando avrebbe dovu– to rispondere a numerosi altri crimini durante il suo regno sanguinoso, sui quali si sperava di fare luce. Secon– do altri, le immagini insopportabili mostrate alla televi– sione sono giustamente la prova che la pena di morte è una pratica ai un'altra epoca e che bisogna bandirla per sempre dal diritto penale. Naturalmente le reaziom in Africa si sono divise su queste linee, dimostrando anche che tutti i luoghi del mondo sono entrati in una fase d'u– niformazione, realizzando così il villaggio planetario annunciato da Mac Luhan. Questi avverumenti di Bag_~– dad ci danno l'occasione di guardare l'evoluzione della pena di morte come sanzione penale in Africa. Prendia– mo il caso del Burkina Faso. N on c'è dubbio che, come tutte le società umane, le società africane tradizionali considerano la vita come un valore sacro, come del resto lo dimostra la sorte riservata alle donne, ai bambini e alle persone anziane durante i conflitti armati tra etnie rivali. La mor– te non è mai stata un fatto banale. Essa è inflitta solo in casi eccezionali. Nella zona mossì (etnia maggioritaria in Burkina Faso, ndr), una pena intermedia è stata P.revista P.er evitare di giustiziare certi individui destinati alla pena oi morte. Si tratta della castrazione. Questi uomini castra– ti restavano a palazzo dove si mettevano al servizio del re. lJassassinio appariva nelle società tradizionali come il fat– to più grave. In questo caso la sanzione penale è general– mente la morte. Anche in questo caso P.Oteva applicarsi una pena compensatoria diversa da quélla capitale. Ad esempio tra gli anyanga del Togo, la famiglia dell'assassino, se voleva salvar– gli la vita, doveva fornire

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