Missioni Consolata - Marzo 2007

sta scritto Paolo Farinalla (lC 24,46) DALLA BIBBIA LE PAROLE DELLA VITA ( 19) biblista LA PARABOLA DEL «FIGLIOL PRODIGO» ( 8) IL PADRE SPEZZA LA SUA VITA TRA I DUE FIGLI I ' I I : L a parabola del figliol prodigo si divide in due parti: ! a) vv. 12-24: il figlio minore; b) vv. 12-25: il figlio : maggiore. fl padre è il perno attorno a cui ruotano l tutti e due, anche a loro insaputa. Molti sarebbero i mo- di di accostarci al testo, scegliamo quello lineare, se– guendo l'ordine dei versetti come proposti da Le. I • PARTE: IL FIGLIO «PIÙ GIOVANE> (vv. 12-24) Dividiamo questa prima parte che si compone di 13 versetti in 6 piccoli frammenti letterari, così sintetizzati: 1) vv.11-15: morte come distacco 2) vv. 16-17: morte come condizione 3) vv. 18-19: coscienza della morte 1 4) vv. 20-21: decisione contro la morte 1 5) vv. 22-23: morte sconfitta : 6) vv. 23-24: morte trasformata in vita I ovvero rifiuto della famiglia ovvero mancanza della famiglia ovvero desiderio della famiglia ovvero famiglia come progetto ovvero rinascita nella famiglia ovvero famiglia in festa I Di ogni unità riporteremo il testo integrale nella ver- t sione della Cei; ma nel commento seguiremo il testo ori– : ginario greco e, quando sarà necessario suggeriremo, : una traduzione quasi letterale che ci permetta di fare un : confronto, ma anche di andare più a fondo, con lo scopo : di alimentare in noi il desiderio di «ruminare~ la scrittu– : ra, che non si esaurisce in un solo significato. : Di questa parabola, che costituisce «il vangelo del van– : gelo», con l'aiuto dello Spirito cercheremo di assaporare : parola per parola, cercando di sentirne la dolcezza come : il profeta Ezechiele dopo avere mangiato il rotolo della : parola di Dio: «Mangiai e accadde che nella mia bocca fu : dolce come il miele» (Ez 3,3). ' 1 ,------------- --:;-,-------.,----:,-.,.,.-,---,-, I 1' unità (vv. 12-15): la morte come distacco-rìfiuto della famiglia nb Un uomo aveva due figli. 12 • Il più giovane disse al padre: 12 b Padre, dammi la parte del pa– trimonio che mi spetta. 12< E il padre divise tra loro le sostanze. " Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue co– se, partl per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vi– vendo da dissoluto. 14 Quando ebbe spesotutto, in quel paese venne una grande ca– restia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. ISAl]ora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. : V. 11 b: «Un uomo aveva due figli» ! Nel numero di febbraio di MC abbiamo iniziato a com– , mentare la l' parte del 1• versetto della parabola lucana (v.11') «E disse», che ci ha permesso di mettere in eviden– za in modo particolare l'importanza della «Parola» in sé nel contesto dell'anonimato delle persone protagoniste della parabola: «Un uomo aveva due figli» (v. 11 b). Di que– sta espressione avevamo già anticipato sia l'anonimato ----------- --------·------··---------------- 24 ■ MC MARZO 2007 «Gesùprese il pane lo spezzò elodiede loro» (Mc 14,22> che la struttura circolare, dandone anche lo schema cir– colare o a chiasmo che riprendiamo. tespressione generica, infatti, ci lascia così stupiti da pensare che sia una scelta consapevole dell'evangelista per darci un messaggio particolare. tindicazione lucana non descrive una relazione affettiva, ma evidenzia una contrapposizione d'interessi. Riprendiamo lo schema osservando la posizione dei singoli termini: A ••un uomo B aveva C due flgli. C' ,,. Il più giovane B' disse A' al padre tuomo anonimo, solo dopo l'intervento dei figli acqui– sisce la dimensione esistenziale di padre. Nessuno è chi è per se stesso, senza rapporto a un altro. La nostra iden– tità dipende dalla relazione costitutiva del nostro essere. Limmobilità del possesso del verbo «avev~ si rapporta alla dinamicità del verbo «disse», che movimenta il cam– mino del figlio verso il padre. Il nucleo centrale di questa breve frase di presentazione è dominato dalla presenza, anch'essa anonima, dei due figli, di cui uno resta sullo sfondo (assente-presente incluso nei due figli), mentre immediatamente entra in scena «il più giovane». Luca è unico nel NT a usare l'espressione «ànthropos tis» che si può tradurre con «un uomo», ma anche e for– se meglio in senso più indefinito «un tale», perché fa ri– ferimento al genere umano indistinto (cf 10,30; 12,16; 14,2.16; 15,11; 16,1; 19,12; 20,9; At 9,33). In greco esiste un'altra espressione più individualizzan– te e precisa: «anertis-un uomo» (Le 8,27; At 5,1; 8,9; 10,1; 13,6; 16,9; 17,5;25.14) oppure «tis aner» (At 3,2; 14,8; 17,34), che Le usa da ottimo conoscitore della lingua gre– ca. Questa seconda espressione, pur anonima, mette in evidenza la caratteristica sessuata dell'uomo, come di– rimpettaio della donna e sarebbe stata più idonea a defi– nire un padre. Le preferisce la prima alla seconda forma, più logica, forse perché la riceve da una fonte preceden– te, che vuole fare risaltare, attraverso l'anonimato estre– mo, la vera ricchezza di quest'uomo: non è definito da sé, ma è identificato subito dopo dai due figli: egli è padre. Il padre crocifisso tra due figli-ladroni Quale ne è il senso? Solo nel versetto successivo (v. 12) quest'uomo è definito «padre» in rapporto al figlio «più giovane»: i figli definiscono se stessi in rapporto al •pa– dre», perché senzadi lui essi non esistono. Un padre/ma– dre senza il riconoscimento della loro paternità/mater– nità da parte dei figli restano anonimi: «un tale». Figlio e -----------------------------------------------------

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