Missioni Consolata - Marzo 2007

MISSIONI CONSOLATA polo schivo eall'apparenza duro, dal passato oscuro edal presente diffici– le,dove povertà e progresso sono due facce di una stessa medaglia. Oggi le suore sono conosciute,ri– spettate eapprezzate da tutta Sa– randa.Autorità comprese: la loro presenza e il loro parere in consiglio comunale sono sempre ben accetti; la loro esperienza è sinonimodi affi– dabilità e saggezza. STORIE DI EMERGENZA Ma come si èarrivati atuttoque– sto? Piccoli miracoli di ogni giorno,si diceva.Con il volto e la storia di suor Daniela,che èarrivata in Albania quando tutti,anche gli stessi alba– nesi, si davano alla fuga. «Nei primi anni '90 vivevamoa Lecce - raccon– ta lasuora, milanese di origine-. Ve– devamo passare centinaia di dispe– rati in cerca di nuove speranze». Erano gli anni delle navi mercantili sulle coste pugliesi, piene di albane– si in fuga dal proprio paese,dopo la caduta del rigido regime comunista. «Allora ci siamodette - prosegue suor Daniela -:anzichéaiutarli dan– do loro accoglienza, perché non an– dare nel loro paese e convincerli ari– manere?». Detto fatto.Cosl nacque la prima casa delleMarcelline aValona, appe– na 60 chilometri di mareda Brindisi. «Eravamo tre suore in una casa mol– to piccola - cont inua la suora-,ma da subitoabbiamo attivato un pic– colo asilocon 20 bambini, e l'aula era la nostra camerada letto».Un ri– cordo che ancora oggi lefa abboz– zare un sorriso,assieme aquello del– l'ambulatorio,«posto all'entrata del– l'abitazione: un salottino senza finestre». Ma erano tempi d'emergenza, che si sono poi aggravati nel marzo 1997,all'indomani della crisi finan– ziaria,che gettò sul lastricomigliaia di famiglie albanesi. In quel momen– to le suore si erano già trasferitea Saranda,dove la presenza interna– zionale era pressoché inesistente. Suor Daniela ricorda il 1997come un inferno,dal quale,però,non èvo- A destra: sopra, panorama di Saranda;sotto, una mamma accompagna i figli al «Centro sociale santa Marcellina». ■■ ■ ■■ ■■ Iuta scappare.«Anche la polizia ave– va abbandonato la città;tutti ruba– vano tutto; i ragazzini giravano in bande con i kalashnikov- racconta la suora -.Noi vivevamo rinchiuse nella nostra casa,ospitando più bambini possibile». La normalità sarebbe tornata solo molti mesi dopo,ma un'altra emer– genza era giàalleporte:migliaia di sfollati dalla guerra del Kosovo inon– davano l'Albania con le loroangosce. Siamo nel giugno 1999.leMarcelline si rimboccarono subito le maniche e un altro miracolo si faceva strada, giorno dopo giorno. «Siamo riuscite ad accogliere 1.500 profughi - ricor– da suor Daniela -;600di loroerano nell'hotel Butrint, cheancora oggi è l'alloggio più famoso della città». Le suore erano aiutate dall'opera– zione Arcobaleno,owero decine di volontari che scaricavano container pieni di beni di prima necessità rac– colt i dal governo italiano.Alla fine,le suore ce l'hanno fatta. I kosovari so– no poi rientrati nelle loro case e,con l'inizio del secolo xxi, una sorta di normalitàha preso piede in tutto il «paese delleaquile» (o Shiqperia, nome ufficiale dell'Albania;la ban– diera nazionale è infatti una grande aquila nera su sfondo rosso). Governi meno corrotti di un tem– po, più relazioni paritarie con l'este– ro e lo sviluppo di un commercio in– terno hannogettato le basi di una fragile, ma decisa democrazia,quella che tuttora vige nel paese. NELLAGIUNGLADI CEMENTO L'Italia è il primo partner dell'Alba– nia per tutto:import-export,aiuti u- MC MARZO 2007 ■ 21

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