Missioni Consolata - Marzo 2007

MISSIONI CONSOLATA territorio, spendendo a più riprese alcune settimane con la gente. Per avere un'idea di doveci trovia– mo, basta dire che, partendo da Ca– racas o Barlovento dove lavoriamo da vari anni, occorrono 24oredi viaggio: 17 sulla terra ferma per arri– vare aTucupita,sede dell'omonimo vicariato apostolico, e altre 7 per fiu– me, su barca a motore, per essere a destinazione.Ancora 40 minuti e si è in altomare, in pieno Oceano Atlan– tico. Naturalmente,per rispettare la ta– bella di marcia tutto deve filare li– scio, il che non sempre accade.Nei primi viaggi, infatti, avevamo a di– sposizione una curiara (barca, ca– noa) con un motorevecchio di 30 anni: per la sua età faceva ancora mi- ' racoli,ma non sempre ci riusciva. Più di una volta ci ha lasciati in mezzo al fiume. Comequella volta che, partiti alle 2,30 della notte per andare aTu– cupita, il motore cominciò a bloccar– si dopo un'ora di viaggio... e arrivam– mo in città alle4,30 del pomeriggio. Ma non sono esperienzeche ci scoraggiano.Anzi,diventanoocca– sioni per gustare la bellezza del creato.Ci sentiamo immersi in un al– tro mondo, un paradiso terrestre,tra cielo e... acqua,circondati dalla lus– sureggiante vegetazionedella fitta foresta tropicale,popolata da miria– di di uccelli e altri animali acquatici e terrestri: siamo nell'immenso delta del fiumeOrinoco (vedi riquadro). 1 1 territorio della missione di Na– basanuka misura oltre 15 mila kmq (pari all'Abruzzo e Molise messi assieme), in buona parte co– perto di acqua; la terra ferma, in quanto tale, è molto scarsa. Tutto il delta dell'Orinoco è abita– todagli indios dell'etnia warao, che vivono sparsi nel vasto territorio in piccolecomunità,63 delle quali so– no comprese nei confini della nostra missione. Tradizionalmente i warao si dedi– cavanoalla caccia, pesca e raccolta di frutta e vegetali commestibili, offerti dalla natura circostante.Col tempo, però,i mutamenti climatici e geogra– fici li hanno costretti acambiare al– cune abitudini di vita; hanno incre– mentato la pesca, principale fonte di alimentazione, e si sonodedicati an– cheall'agricoltura. Si tratta di agricol- ■■ ■■ ■■■ tura di sussistenza:unico prodotto coltivato è I' ocumo, una pianta erba– cea con tuberi commestibili. Anche nell'ambito dell'artigiana– to, la produzione è limitata alle ne– cessità immediate della vita:ama– che,ceste, utensili vari. Sotto l'aspettomateriale, quindi,i warao sonogente povera; vivono in fatiscenti palafitte di legno, piantate lungo le sponde dei fiumi. Eppure la scarsità delle risorse li ha portati a sviluppare,fin dai primi anni di età, tutte le doti necessarie per la so– prawivenza. Basta guardare i bam– bini che, a 4 anni, nuotano come pe– sci e solcano le correnti dei fiumi in Palafitte: tipiche abitazioni degli indios warao. canoa con estrema maestria.Sem– brano nati nell'acqua. Ancor più ricco e sorprendente è l'aspetto umanoe sociale dei warao. Anche se, come missionari, ci consi– deriamo stranieri,ospiti e pellegrini, fin dai primi incontri essi ci hanno accolto con tale semplicità e schiet– tezza da farci sentire subito infami– glia.Sorprendente è il modo con cui si riferiscono a noi: non ci chiamano «preti»o «missionari»,ma fratelli. I giovani si rivolgono a noi con il ter– mine «daje» (fratello maggiore),gli anziani con la parola «daka» (fratello minore).Questo ci fa sentire la mis– sione come costruzione di legami di fratellanza. Altrettanto stupenda è l'espres– sione usata per indicare il regno di Dio: «DiosoaJanoko», che letteral– mentevuol dire «la casa di Dio».An- che questoci fa vedere come Dio è in azione anche in questa sperduta parte del globo e,soprattutto,ci in– dica la natura della missione appena iniziata:trasformare il mondo per farne una casa, una famiglia dove tutti possono appendere il proprio chinchorro (amaca) e condividere il poco e il molto che si ha. e ostruire la DiosoaJanoko è, quindi, la grande sfida della nuova missione tra le 63 co– munità warao che ci sono state affi– date.Eabbiamo già cominciatoa stendere i progetti e fissare le prio- rità,tenendo conto della situazione religiosa della gente. Le comunità della missione, infatti, possono esse– re suddivise in tregruppi: quelle già evangelizzate,dove la fede cristiana è radicata; quelle che hanno avuto contatti sporadici con i missionari, per cui la vita cristiana non è ancora impiantata;quelle che non hanno ancora avuto alcun contatto con il vangelo. Per rispondere alla sfida, ci siamo gettati a capofitto nell'apprendere la lingua dei warao:senza di essa è impossibile entrare nel loromondo culturalee trasmettere il messaggio del vangelo; anche perché buona parte delle comunità parla solo il warao e non conosce lo spagnolo. Di pari passo con lo studio della lingua procede la visita alle comu– nità, intrattenendoci con loro per meglio conoscerlee farci conoscere. È una sfida che assorbemolto tem– po, non solo per raggiungere le va- --------------------------------------------------------------------------------------------- MC MARZO 2007 ■ 11

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