Missioni Consolata - Marzo 2007
- ■ KENYA ■■ ■■■ ■■ ----------------------------------------------------------------------------------------------------------- N Q) c. .9 n, e: QJ ~ aj u ·e n, ~ e: o u n, ~ -~ ~ UNA TEOLOGIA DAI TANTI VOLTI Terminati gli studi teologici di base presso l'università Javeriana di Bogotà {Colombia}, hai proseguito il tuo iter accademico in Brasile, dove hai conseguito il dotr tarato in sacra scrittura. Da un po' di tempo sei tol'– nata alla Javeriana, questa volta come insegnante. Sei afro-colambiana e ti dedichi con passione alla ricerca nell'ambito della teofagia etnica e all'accompagna– mento pastorale di comunità afro-discendenti. Ti ha presentato, adesso raccontami qualcosa diquesto tua amore per la teologia afro. Mi interesso delle teologie afro e della liberazione da– gli anni '80; da quando.cioè, ho iniziato a lavorare più direttamente con gruppi giovanili e comunità di base. Ma l'inizio delle mie inquietudini «teologiche» è coinci– so con il lavoro nel barrio San Martin, un quartiere molto povero di Cali, popolato per il 95% da persone afro-discendenti. La maggior parte della gente veniva dalle comunità negre del Pacifico, esattamente come la sottoscritta. Insieme abbiamo iniziato a pensare co– me recuperare canti, tradizioni delle comunità di ori– gine. La domanda che sottostava a tutto questo lavo– ro era: «Sarà possibile esser negra e cristiana nel me– desimo tempo?». E (?he risposta vi siete dati? E stato l'inizio di una ricerca, di un lungo processo. Nei nostri paesi dell'America Latina abbiamo assunto un cristianesimo di stampo molto europeo. Si tratta– va di vedere come. Noi abbiamo solo cercato di dargli un volto e un corpo più afro; siamo partiti dall'espe– rienza di fede, che trascende il puro discorso teologi– co. L'esperienza è aperta, mentre la teologia tende a chiudersi dentro un linguaggiomolto dotto, per addetti ai lavori; cosi facendo, ha finito con il rinchiudere l'e– sperienza che la gente aveva di Dio dentro una deter– minata tradizione. In Colombia, per esempio, la mag- gioranza degli afro-discendenti è cristiana. Nonostan– te in passato il cristianesimo abbia cercato di fare piaz– za pulita delle religioni tradizionali africane, noi ci tro– viamo nei ritmi, nei canti, nel modo di celebrare degli afro discendenti della costa pacifica che tiene molte radici comuni con la Madre Africa. Come viene recepita in ambiente accademica questa nuova sensibilità religiosa e teologica? L'impatto sui seminaristi è buono. Vi sono quelli più aperti al dialogo, altri più radicati su posizioni conser– vatrici. In tutti, però, l'interesse è alto e c'è dibattito, il che è positivo. È una sfida non facile. È una ricerca che va portata avanti con serenità e senza forzature, ' ma chiedendosi onestamente: «Perché dopo secoli e secoli di evangelizzazione la gente afro o quella indige– na vivono facendo coesistere senza nessun problema la fede in Gesù con quella nelle proprie divinità? Opar– tecipano con ugual fede a un candomblé e a una cele– brazione eucaristica?». La nostra ricerca punta a da– re alla nostra fede un volto latinoamericano, con tut– te le sue diverse sfumature. Chiaramente sono temi che creano dibattiti anche accesi, soprattutto con par– te dell'istituzione accademica e gerarchica, che si ri– fiuta di ammettere che possa esistere un altro tipo di teologia. Eppure, passi in avanti possono essere fatti. Per esempio, in maggio vi sarà ad Aparecida, in Bra– sile, la v edizione della Conferenza dell'episcopato lati– noamericano. Non che nutra molte speranze, ma una piccola aspettativa ce l'ho: che ci si interroghi seria– mente sul tema del dialogo fra le religioni. A Santo Do– mingo ci fu un'apertura verso le culture, ad Aparecida spero che emerga invece l'aspetto più spiccatamente religioso del dialogo, soprattutto con le tradizioni reli– giose afro e indigene. È importante sottolineare que– sto aspetto, perché a volte anche tra membri della stessa cultura vi possono essere casi di chiusura o di rigetto. Per esempio, alcuni afro-discendenti appartenenti a certe fran– ge pentecostali sono molto ostili verso un lavoro di recupero delle tradizioni proprie. Senza contare che in molti è forte la diffi– coltà del sentirsi nero e di riconoscerlo con orgoglio davanti agli altri, soprattutto in un paese come la Colombia, in cui il razzismo è molto più diffuso di quanto si possa pen– sare. Come vedi l'impegna pastorale della chiesa latinoamericana nei confronti delle mino– ranze etniche {cheperò in alcune regioni del continente sono numericamentedelle «mag– gioranze» assolute} come quella afro o indi– gena? La teologia della liberazione è ancora viva? Manca un lavoro più profondo e continuo a livello di comunità. Direi che la teologia della liberazione è viva, ma stiamo vivendo in un tempo totalmente diverso rispetto a quando è nata. È forte l'opzione per i pove– ri, non tanto quella verso le culture diffe– renti. Dobbiamo imparare a dare al povero il volto che gli compete: afro o indio che sia. --------------------------------------------------------------------------------------------- 12 ■ MC MARZO 2007
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