Missioni Consolata - Febbraio 2007

sta scritto Paolo FarineUa biblista (LC24,46) DALLA BIBBIA LE PAROLE DELLA VITA (18) LA PARABOLA DEL «FIGLIOL PRODIGO» ( 7) DIO PADRE È GIUSTO PERCHÉ MISERICORDIOSO. e on questa 7• puntata iniziamo la spiegazione, ver– setto per versetto, della parabola raccontata da Le 15,11-32, a cominciare dal titolo. Il più diffuso è: «Parabola del figliol prodigo» 1 • !;espres– sione non appartiene al testo biblico, ma è messo dagli editori come sintesi del brano. Non è un titolo sbagliato, ma è impreciso e povero, perché riduce l'immensa ric– chezza della parabola a un solo aspetto, per altro margi– nale: la prodigalità spensierata del figlio lontano da casa. Sono stati proposti molti titoli per questa parabola, che però non si lascia imbrigliare in una definizione sintetica. La prima edizione della Bibbiadella Cei del 1971 titola: «Il figlio perduto e il figlio fedele: il "figlio prodigo"», cercan– do di salvare e superare al tempo stesso il titolo tradizio– nale, ma travisando così la figura del figlio maggiore, che non è affatto un figlio fedele. La seconda edizione del 1997, infatti, cambia il titolo nel più comprensibile «Para– bola del padre misericordioso», mettendo in evidenza il cuore del racconto, ma lasciando in ombra l'elemento del– la «giustizia», che è essenziale nel pensiero lucano. Bruno Corsani e Carlo Buzzetti nella edizione bilingue (greco-italiano) del NT titolano: «Parabola del figlio ri– trovato»\ che è parzialmente vera, ma non dice il cuore ' della parabola. Helmut Gollwitzer titola «La gioia di Dio»• e in questo modo sintetizza tutto il capitolo alla luce del tema della gioia (gr.: charà/chàiré) presente espressa- ' mente 6 volte in tutto il capitolo 15 (vv.5.6.7.9.10.32; cf anche v. 23). Gérard Rossé sceglie un titolo neutro, da scoprire: «La parabola del padre e dei suoi due figli»S, sen– za alcuna implicazione preventiva. Noi proponiamo di chiamarla:•~ parabola di Dio Padre giusto perchémise– ricordioso». E un titolo lungo, ma offre la chiave di lettu– ra per entrare nel cuore di Dio il cui mestiere è il perdo– no. Sappiamo, però, che si continuerà a chiamarla per abitudine e comodità «parabola del figliol prodigo». LA SEZIONE DELLA «GIUSTIZIA» Prima di cominciare l'analisi dei versetti, è necessario ribadire che quando si legge questa parabola bisogna avere ben presente l'inizio e la fine della sezione in cui Le colloca il racconto: la sezione comprende da 15,1 fino a 17,10 e tratta della «giustizia di Dio», in contrapposizione a quella degli uomini. Questi emettono sentenze e con– danne secondo criteri di eguaglianza, per lo più di con- ' venienza; Dio al contrario esercita la giustizia di Padre e di Madre per recuperare sempre i figli del suo amore. In Le 15,1 come abbiamo già visto più volte, si legge il , contesto di riferimento: «Si avvicinavano poi a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo, mentre mormora- «Il Padre è più grande di me» (Gv 14,28) vano [ sott. contro di lu1] i farisei e gli scribi, dicendo•. A conclusione della sezione in Le 17,1-10 leggiamo che bi- , sogna perdonare il fratello che si pente (v. 3); bisogna ' perdonare sempre: «Anche se [tuo fratello] peccasse set– te volte al giorno contro di te e per sette volte ti dicesse: Mi pento. Tu gli perdonerai» (v. 4). Dall'inizio alla fine, l'orizzonte è dominato dai pubbli– cani, dai peccatori e dal perdono senza condizioni e sen– za misura. Perdonare è soltanto amare a perdere, senza chiedere nulla in cambio. Un perdono che pone una con– dizione (ti perdono, se fai questo o quello... se ti compor– ti così... se non lo fai più...) non è un perdono, perché manca la caratteristica della gratuità: non ti perdono per– ché lo meriti, ma perché io ho sperimentato la misericor– dia di Dio e la rendo visibile, le do un corpo offrendolo a te, realizzando cosi la preghiera del Padre nostro: «Padre, ... perdona a noi i nostri peccati affinché anche noi pos– siamo perdonare a ogni nostro debitore» (Le 11,4). Il perdono di Dio diventa fondamento del perdono re– ciproco degli uomini e il perdono vicendevole degli uo– mini diventa il «sacramento» visibile della misericordia di Dio. Adifferenza di Le, Mt userà una prospettiva diversa: «Padre, ...perdona a noi i nostri debiti come noi li rimet– tiamo ai nostri debitori» (6,12): impegniamo il perdono di Dio a condizione che «prima» noi abbiamo già perdo– nato. Le due prospettive s'integrano e si rafforzano. LE COPPIE IN CONTRASTO !;orizzonte in cui si colloca la parabola è duplice: da una ' parte la coscienza di essere peccatori (Le 15,1-2) e dal– l'altra la certezza della misericordia (Le 17,3-4). Gesù non fa un discorso morale né assume l'atteggiamento di giudi– ce. Egli guarda al cuore della persona e cerca ogni mezzo perché entri nella dinamica della tenerezza di Dio, «per– ché nulla vada perduto di ciò che mi ha dato» (Gv 6,39). La parabola, in quanto modello letterario, veicola un insegnamento generale, per cui il suo messaggio è valido sempre, anche per noi oggi. Sia l'inizio che la fine del– l'intera sezione della «giustizia» mettono in contrapposi– zione due gruppi di persone con i loro atteggiamenti e sentimenti. I vv. 1-2 hanno una struttura incatenata: 1 I I I I I I I 'Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e peccatori ' mentre mormoravano i farisei e gli scribi, per ascoltarlo. ! dicendo... : (sott. contro di lui) I I I I Due vv. appena permettere in evidenza t re contrasti: 1) : pubblicani-peccatori si contrappongono a farisei-scribi; ! 2) i primi sono considerati lontani e impuri, ma si avvici- l nano a lui, mentre farisei-scribi, che dovrebbero essere ! MC FEBBRAIO 2007 ■ 65 I I

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