Missioni Consolata - Febbraio 2007

.. / ~ · •• •••••••••• • , •• • • •••••• • • •• • • • • ••••••••• • • •• u • •••••• • •• • • •• • • • • ••••••• • • ••• ••••••• • • •• • • •••••••••• • • • • • Rlfle:1::,ion.i di 1wn o:1:1erv«tore privlleglRto j ~ dl Vlnce~ MAddc:do,d www.mlssioako 11u~v– j ~\E LA RUSSIA, I RUSSI E IL ,,, ~ «CREPACCIO DEL TEMPO» Nuovi ricchi, nuovi eoveri. Corruz:ic,ne. Denaro. Il dispotismo di Putin e della sua corte. Riflessioni tra pa:ssato e presente, 1n attesa di un'alba che tarda. I l monasteroDonskoj è caro allamemoria dei moscoviti~>er– ché vi era vissuto Tikhon, il dodicesimo patriarca di tutte leRussie. Fu alle cinque del pomeriggio del 10 apriledel 1925 che lo videro per l'ultima volta, disteso nella piccola ban~ di legno di quercia sistemata nella cappella dedicata a sanSergio di Radonez, a destra entrando nella Cattedrale Grande del monastero. Dentro c'era una folla di fedeli, l'ultima isola del vecchio mondo che la tempesta della rivoluzione d'ottolbre aveva sconvolto e che le persecuzioni che si stavano succe– dendo rischiavano di cancellare. Era una tribù disperata e silenziosa, unita dalla dignità di chi sapeva di appartenere a un mondo diverso e che all'impvov– viso si sentiva perduto. Perché in un Paese in cui era s ato capovolto ogni principio di potestà statale, politica e ideofo– gica, Tikhon rappresentava l'unica forma di autorità ricolilo– sciuta da sempre come legittima nelle Russie: quella monùe. Sicché, quando s'era sparsa la notizia della sua morte, i fode- . li si eranomessi in cammino e, sfidando i controlli polizies,chi erano arrivati fino al monastero, dove ilpatriarca accusato di «attività controrivoluzionaria» vi era statointernatonel 19:22. Chi passa, 82 anni dopo la morte del patriarca Tikhon, sotto l'arco dove un tempo c'erano le porte Kaluzskie varcando le quali si entrava nella città di Mosca, e imboccala viaDonskaja cioè la strada che costeggia le mura del monastero, prima1 di giungere al portone su cui sbalza un'icona dellaMadonnar di Kazan, incontra i mendicanti che oscillano ritmicament(~ la testa nel vento chiedendo l'elemosina in cambio di un sa~1ti– no. Appena varcato il portone ci sono due chioschi nei qua– li si vendono i libri di devozione, i calendari, le spille e ov– viamente ritratti del santo patriarca Ttkhon che nel maggio del 1992 era stato innalzato agli onori degli altari. Intomo, sullo spiazzo che porta allaCattedrale Grande c'è sempre un via-vai di gente, poiché qui si concentra dai quattro punti car– dinali di Mosca, qui s'impasta, si rimescola, nel grumo im– mobile - eppure si muove - d'una società che dopo l'imp'.lo– sione dell'Urss ambiva alla democrazia e oggi si ritrova so1tto un regime che, per governare, usa la paura. N aturalmente nel mistero russo di una storia che soprav– vive alle sue mutilazioni lo scenario del Donskoj si ri– propone come un'alternativa, una sorta di identità pern1a– nente: la radice spirituale del paese, la sua memoria storiica autentica che si riassumenel cimitero che stringe la Cattedrale Piccola e si stende fin sotto le mura. Con le ringhiere di fer– ro battuto,le croci, i bronzei catafalchi che raccolgono le spo– glie dei nobili, dei ricchi mercanti, dell' intellighentja mosco– vita prerivoluzionaria. Le sculture annerite e le lapidi am– muffite all'ombra dei tigli e dei castagni selvatici. La copia dell'icona della Madonna poi detta Donskaja (del Don) she il grande principe di Mosca Dmitri Ivanovich baciò prima di affrontarei Tatari a KulikovoFole nei pressi delfiumeDon appunto dove vinse la prima grande battaglia per la libera- ' zione della terra russa. Era l'anno 1380. Ci sono sempre i fiori freschi sulla lapide diJkovSergheevic Polosov il segretario-cameriere di Tikhon, che la notte del 9 . dicembre del 1923 si gettò sui due sicari che erano penetrati negli appartamenti patriarcali per assassinare il presule.}kov gli fece scudo con il suo corpo e la pallottola sacrilega gli tra– passò l'aorta fulminandolo. Fu sepolto vicino alla Cattedrale Piccola inmodo tale che solo unmurolo separasse dalla tom– ba che il Patriarca aveva previsto per sé. Così volle Tikhon. «Lui resterà qui», rispose quando gli riferirono che il mini– stroTuchovvoleva trasferire la salma in un cimitero della pe– riferia. Insomma nel monastero Donskoj tutto scorre come nelle velate sequenze del cinema muto. La sensazione è di uno stato d'immobilità surreale, come se un intero popolo sia rimasto intrappolato in un «crepaccio del tempo», fra l'in– terminabile tramonto del socialismo reale e il chiarore del- 1' alba di una giornata politica che nessuno riesce ancora a con– figurare. Che il compito fosse arduo era chiaro a tutti, russi e non russi. Bisognava agire su vari versanti allo stesso tempo: frantumare il vecchio, costruire il nuovo e mostrarsi credi– bili agli occhi dell'Occidente. V ladimir Putin, l'ex spia della Guerra fredda, ha basato la sua politica sul gas e sul petroliomettendo fine al passag– gio sotto controllo straniero delle risorse naturali russe. Lo sfruttamento del petrolio e il Gazprom hanno riempito le cas– se del Tesoro, ma la rinazionalizzazione è stata fatta nell'ar– bitrio più assoluto con i metodi del passato regime comuni– sta, piegando la stampa e i suoi oppositori. Eliminati gli oli– garchi in odore di tradimenti ne sono subentrati degli altri di provata fede, pronti a seguire sempre la volontà di Putin, ma lo scenario non muta. I nuovi ricchi sono una categoria sem– pre più evidente, mentre aumenta la massa dei nuovi poveri. La corruzione imperversa e con essa la criminalità. Il «dana– ro» s'impone comevalore preminente. E così, dopo tantepa– gine intense e angosciose di sconvolgimenti politici, di guerre perbande, lapopolazione si ritrova di fronte all'abisso del nul– la, piegata da un dispotismo così poco illuminato che non ha aperto alcun spazio alle istituzioni democratiche. Poiché manca quasi tutto - ancora - di quel che serve al fun– zionamento di una democrazia: le leggi, i partiti, i sindacati, per non parlare dei «valori» chenessuno osa rivendicare do– po tutti quei giornalisti morti ammazzati, quelle spie polo– nizzate. Prevale la prudenza, significa che si sta radicando il pessimismo in quella parte illuminata della società civile di un paese che da sempre affronta le vicende della Storia con la disperazione tragica, il furore degli estremi e la violazione dei limiti che rientrano nella sua tradizione. Cosìmeglio di ogni altro luogo, il monasteroDonskoj puòfa– re da fondale a questa tormentata, abbagliante, vertigine col– lettiva. Tra quelle mura aggredite dal tempo e dai vandali i credenti vi avevano cercato riparo con tenacia, con forza, con disperazione, sempre arretrando, sempre allontanandosi di un passo dall'ombra dei persecutori, a volte fino a inabissar– si pur di far sopravvivere la speranza. Che i loro figli ora vor– rebbero ritrovare. ■

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