Missioni Consolata - Febbraio 2007
La «frattura digitale» («digitai divide») SE NEW YORK VALE L'AFRICA Non molto tempo fa tutti parlavano di «villaggio globale». Oggi, dopo il successo delle nuove tecnologie, si discute di «digitai divide». Per capire, è sufficiente un semplice dato: soltanto lo 0,3%degli utenti internet (i cosiddetti «navigatori») vive nel Sud del mondo. Perché esiste la «frattura digitale»? Essa rappresenta una priorità come altri bisogni? Owero: vale la pena colmarla? U na delle questioni più invo– cate nell'agenda del recente Summit dell'Onu sulla «Società dell'informazione» (World Summit on the lnformation Society, Ginevra 2003 - Tunisi 2005) è stata quella relativa al «digitai divide» (d ivario digitale), un termine con cui ci si riferisce alle disparità nella possibilità di accedere alle tecnologie e alle ri– sorse dell'informazione e della comuniçazione, in particolare in– ternet. E anch'esso uno dei frutti perversi della globalizzazione, in particolare del processo di digita– lizzazione dell'economia e della società che, ben lungi dal trasfor– mare il mondo in un villaggio glo– bale, ha contribuito a differen– ziare e allontanare individui e strati sociali, aree rurali e zone urbane, paesi ricchi e paesi po– veri. È di queste settimane la notizia che gli utenti internet nel mondo avrebbero raggiunto il miliardo di persone, e già sono partiti innu– merevoli piani per connettere «il secondo miliardo». Tuttavia, non sarebbe male astenersi qualche momento dal fantasticare, per osservare, invece, come si distribuisce, nel mondo, il primo miliardo di naviga– tori. Secondo i dati di Nua Internet Surveys, un'agen– zia che si occupa di monitorare a livello mondiale lo sviluppo della rete internet e 44 ■ MC FEBBRAIO 2007 l'utilizzo che ne viene fatto, la grande maggioranza della popo– lazione del mondo è ancora priva del tutto dell'accesso a internet. L'88% degli utenti vive nei paesi industrializzati, contro il solo 0,3% che abita nei paesi poveri. Per riflettere sull'enormità delle disuguaglianze esistenti, si ripete spesso che vi sono più connes– sioni internet nella sola città di New York che in tutto il conti– nente africano, mentre vi sono più nodi di accesso (host) in un paese poco popolato come la Finlandia che in tutto il Sud America messo insieme. INTERNET O ACQUA E MEDICINE? Se osserviamo la distribuzione geografica, scopriamo che Stati Uniti e Canada insieme (Nord America) assommano un terzo degli utenti di tutto il mondo, pur rappresentando solamente il 5% della popolazione mondiale; l'Africa sub-sahariana, per contro, possiede l'l, 1% degli utenti inter– net, nonostante nel continente viva I' 11 % della popolazione mondiale. Occorre poi prendere queste cifre, di per sé comunque esplicite, con estrema cautela: i già pochi utenti internet africani, infatti, sono concentrati quasi in– teramente (il 58%) nel solo Sudafrica, che non è certo un paese in via di sviluppo, mentre gli utenti asiatici sono quasi tutti circoscritti al Giappone e alle ric– che «enclave» di Hong Kong, Singapore, Taiwan e Corea del Sud, tagliando fuori la quasi tota– lità degli abitanti della popolosa Cina continentale. La frattura risultante è certa– mente una sfida più complessa di quanto appaia da queste cifre, al– trimenti non si spiegherebbe il grande fiorire di iniziative, finaliz– zate a «colmare» il divario digi– tale. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un impegno intensifi– cato, da parte dei colossi delle tecnologie dell'informazione e delle grandi compagnie mondiali delle telecomunicazioni, in favore di una rapida diffusione delle nuove tecnologie nei paesi in via di sviluppo. Ad esso si sono af– fiancate le rumorose proteste di coloro che, in occasione dei vari vertici internazionali, bruciano sulla piazza i computer portatili , so– stenendo che «il Terzo Mondo ha bisogno di acqua e di medicine, più che di nuove tecnolo- gie». Ciascuna delle due oppo– ste reazioni pecca di ecces– siva superficialità: le grandi
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