Missioni Consolata - Febbraio 2007

■ MISSIONI I.A RETE STRAPPATA E' possibile spegnere internet? Per alcuni di noi questa domanda è semplicemente inconcepibile. Siamo troppo abituati a pensare alla «grande rete» come al sim– bolo stesso della libertà e della democrazia. Internet è una realtà volatile e diffusa, che oltrepassa le singole realtà geografiche o le giurisdizioni territoriali: tentare di esercitare un effettivo controllo rappresenta uno sforzo titanico, tale da far impallidire la mitica fatica compiuta da Ercole per abbattere l'Idra di lerna: internet è un gi– gante che possiede ben più di dodici teste e, quando ne abbiamo abbattuta una, altre mille sono pronte a spun– tare in qualunque angolo del mondo. DOVE LA RETE t PRIGIONIERA In realtà, molti governi, lontani dai riflettori dell'opinione pubblica, hanno ormai rivolto lo sguardo verso la rete, cercando di frenare il crescente protagonismo di uno strumento che, forse troppo frettolosamente, era stato in– caricato di aprire la strada a una rivoluzione democratica. E cosl, nei pochi anni di esistenza della Rete, hanno po– tuto svilupparsi metodi raffinati e variegati per esercitare il dominio e la censura.Secondo Reporters sans frontières, 13 paesi del mondo possono essere qualificati come veri e propri «nemici» di questo medium. Si tratta di una «lista nera» piuttosto eterogenea, che non risparmia alcuna area geografica e che è del tutto priva di qualsiasi pregiu– diziale di natura ideologica. Una parte di questo poco invidiabile gruppo è composta dagli stati più autoritari, quelli che, senza troppi scrupoli, proibiscono l'accesso a internet. la Corea del Nord, per esempio, ha scelto la strada dell'isolamento totale, rifiu– tando l'installazione di provider al suo interno.Altri paesi, come il Myanmar, pur connessi alla rete, hanno quasi raggiunto l'obiettivo di bloccarla interamente, restrin– gendo l'accesso degli utenti a una manciata di siti con– sentiti: circa 800 siti internazionali, più una dozzina dispo– nibili nella rete interna del paese. Ciò equivale a costrin– gere gli utenti a «navigare in una pozzanghera». Ci sono alcuni paesi che, in forma più subdola, consen– tono l'accesso a internet,ma lo limitano alle persone di fi– ducia, che vengono debitamente autorizzate dopo avere subito rigorosi controlli. È il caso di Cuba, il cui governo esercita un controllo ferreo sull'accesso. In tutto il paese esiste un solo cybercaffè pubblico, aperto in seguito alle necessità del turismo e il cui prezzo è di s dollari l'ora, la metà del salario medio mensile dei cubani. A frenare l'accesso concorrono certamente cause che non si possono ricondurre direttamente ai governi: per esempio, i costi eccessivi della tecnologia. Tuttavia, queste difficoltà vengono spesso mantenute artificialmente dai go– verni, a scopo di controllo. In Kazakistan, per esempio, gli ope– ratori devono pagare costi di utiliz– zazione e di connessione assoluta– mente proibitivi, che scoraggiano queste attività. Anche la presenza di monopoli di stato nel settore delle telecomunicazioni è un problema oggettivo: in Sudan lo stato con- trolla tutte le connessioni alla rete attraverso Sudanet, l'u– nico rudimentale provider statale. Che cosa si voglia effettivamente controllare, non è diffi– cile capirlo... In Sierra Leone, nel contesto di una cam– pagna di repressione nei confronti della stampa critica, le autorità hanno attaccato anche un giornale online e hanno arrestato due giornalisti. Uno dei casi più clamo– rosi è stato quello della Bielorussia che, in vista delle ele– zioni presidenziali del 2000, peraltro costellate di brogli e di irregolarità, ha fatto chiudere tutti i siti dell'opposi– zione.Metterli a tacere è stato un compito facile, visto che nel paese esiste un solo provider, owiamente statale. DAL FILTRAGGIO DEI CONTENUTI Al «DISSIDENTI TELEMATICI» Ad un livello di maggiore sofisticazione, si sfruttano le possibilità offerte dalla tecnologia. li filtraggio dei conte– nuti è una di queste e, come è facile immaginare, è ope– rato in base a motivazioni squisitamente politiche. Ma non si deve sottovalutare il fatto che, in molte aree del mondo, prevalgono le componenti culturali. Il pericolo rappresentato da internet per i precetti della religione di Allah è il pretesto usato da molti paesi del Medio Oriente per giustificare la censura. Nell'Iran i provider sono co– stretti a bloccare i siti «immorali» o quelli che «minano» la sicurezza dello stato,cosicché gli studenti iraniani di me– dicina,tanto per fare un esempio, non possono collegarsi a pagine web che parlino di anatomia. Nella ricca Arabia Saudita tutto il traffico transita nei server di un gigante– sco sistema di filtraggio chiamato «Djeddah»: esso impe– disce completamente l'accesso ai siti che propongano «informazioni contrarie ai valori islamici». È appena il caso di osservare che una tale «salvaguardia» dei valori isla– mici è operata servendosi quasi esclusivamente di tecno– logia coercitiva proveniente dall'Occidente. Sebbene sia evidente la pretestuosità di certi argomenti, è indubbio che alcuni paesi, soprattutto quelli del conti– nente asiatico, siano caratterizzati da una notevole diver– sità culturale e da sistemi di valori distanti da quelli occi– dentali, ritenuti una minaccia. In Cina il governo ha vie– tato l'installazione di Internet caffè a meno di 200 metri dalle scuole,e questo la dice lunga sul timore di una con– taminazione culturale occidentale. Proprio la Cina è il paese in cui le restrizioni poste a inter– net toccano il vertice. In questo paese vige un rigoroso monitoraggio degli utenti, costantemente vigilati da corpi politici speciali appositamente incaricati. le chiu– suredi Internet caffè sono all'ordine del giorno,con il pre– testo della scarsa sicurezza dei locali: del resto, è vero che porte e finestre vengono frequentemente bloccati dal– l'interno proprio per evitare i controlli improwisi degli agenti governativi. In Cina esiste una vera e propria «cy– berpolizia»,formata da tecnici specializzati incaricati di vi– gilare sul software in dotazione negli Internet caffè e sul comportamento degli utenti, non esitando a violare la confidenzialità della posta elettronica. Come non bastasse il rigido controllo poliziesco, la Cina utilizza a pieno regime anche gli strumenti giudiziari. Ai «dissidenti telematici» vengono comminate pene duris– sime. Dal gennaio 2001 l'invio di materiale clandestino o «reazionario» attraverso la Rete viene punito perfino con la pena capitale. ,– CD 3 Q = .... ---------------------------------------------------------- MC FEBBRAIO 2007 ■ 41

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