Missioni Consolata - Febbraio 2007
■ I MISSIONI LE IDEE, PRIGIONIERE DEI « BREVETTI» lizzare software pro- Linux A prietari, così come /o- o fJDp,. M calizzare autonoma- C he ci piaccia o no, la conoscenza è ormai diventata una merce.Ha perso il caratteredi bene pubblico, li– beramente condivisibile, per assumere i tratti di un bene privato, cui associare un valore monetario. Le idee, una volta trasformate in merce, diventano pro– prietà di chi riesce ad accaparrarsele per primo, anche quando gli «inventori» sono altri: ed ecco che, con una sbalorditiva disinvoltura, grandi multinazionali si impa– droniscono di musiche di strada, suonate da secoli dalla gente comune, oppure brevettano spudoratamente piante medicinali esotiche, frutto di millenni di evolu– zione. Un bene vendibile poi, secondo meccanismi ben noti agli economisti, diventa più prezioso se è anche scarso, dunque è bene che le idee rimangano ben chiuse e sigillate, protette da eventuali malintenzionati. LETRAPPOLE DEI SOFTWARE PROPRIETARI Qualcosa del genere sta accadendo con il software, uno dei prodotti più puri e più complessi dell'ingegno umano.Nonostante la Convenzione di Monaco, nel 1973, abbia stabilito che il software non si possa brevettare, oggi, con una serie impressionante di prowedimenti le– gislativi, si è riusciti a rendere legale il brevetto su una grande quantità di programmi informatici. Il risultato è stato una crescente diffusione dei «software proprietari», programmi chiusi non modificabili dall'utente per essere adattati ai propri interessi e ai propri bisogni. Parallelamente, si sono moltiplicati i divieti: per esempio quello di accedere liberamente ad archivi digitali, dati di biblioteche pubbliche e via dicendo. Si comprende quanto questa tendenza sia dannosa, in modo particolare per i paesi del Sud. Innanzitutto ven– gono vanificate le loro possibilità di rilancio economico, legate proprio al software. Produrre software, infatti, non richiede grosse infrastrutture e, soprattutto, è legato ad investimenti in risorse umane, un elemento che è del tutto abbondante nei paesi in via di sviluppo. Inoltre per i più poveri, che dispongono soprattutto di computer obsoleti, è diventato sempre più oneroso uti- mente i propri pro– grammi informatici, per adattarli alla pro– pria lingua e alla pro– pria cultura. Non è più possibile accedere a pubblicazioni scientifi– che online, mentre ,. • quelle cartacee conti- w·, ndows v·1sta~ nuano a rimanere inac- cessibili per motivi di costo. Insomma, la co– noscenza in formato digitale, che coincide ormai con la quasi totalità della conoscenza disponibile al mondo, sarà sempre meno accessibile. Le ragioni di tipo econo– mico, come si vede, si fondono con le esigenze di giusti– zia sociale: quando la proprietà intellettuale viene estesa all'informazione, in gioco c'è un diritto fondamentale come l'accesso all'informazione e la libertà di espres– sione. LE ALTERNATIVE DEL SOFTWARE LIBERO In queste condizioni lo sviluppo di standard tecnologici diversi è ormai diventato un tema non più rinviabile. Negli ultimi anni è fiorito un vero e proprio movimento alternativo: quello che si batte in favore degli «standard aperti» (open source) e del «software libero» (free software). Questo movimento è natocon un carattere del tutto particolare, dato che è formato per lo più da tecnici e informatici, ma ha assunto cifre talmente cospicue da non potersi più considerare un semplice gruppo d'inte– resse settoriale: si tratta di circa 300.000 sviluppatori di software sparsi in non meno di 70 paesi. li suo cavallo di battaglia è costituito dall'idea che le risorse informatiche debbano avere la massima circolarità e la massima acces– sibilità. Questa singolare comunità di «programmatori idealisti» è animata da un'etica nuova (ribattezzata «etica hacker»), un'etica di libertà, di altruismo e di coopera– zione. Èla stessa etica che, in tempi passati, ha consentito a internet (un tipico prodotto «open source») di svilup– parsi cosl rapidamente e di raggiungere la vastità delle dimensioni attuali. Eppure il World intellectual property organization, l'orga– nismo delle Nazioni Unite che si occupa di proprietà in– tellettuale ( www.wipo.int) , condizionato com'è dalle grandi corporations tecnologiche, si rifiuta di riconoscere l'importanza del software libero (il software realizzato se– condo gli standard aperti) e di promuoverlo presso i paesi più poveri. Al contrario, non fa che restringere ulte– riormente, con innumerevoli strumenti legali, la circola– zione delle conoscenze informatiche e la possibilità di ac– cesso all'informazione digitale: per questo motivo,è stato pesantemente criticato da un gruppo di paesi del Sud (tra cui Brasile, Argentina e Sud Africa) che lo hanno ri– chiamato a perseguire gli obiettivi di sviluppo umano per i quali è stato fondato. -------------------------------------------------------------------- MC FEBBRAIO 2007 ■ 31
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