Missioni Consolata - Febbraio 2007
bili, li renda capaci di gestire au– tonomamente i propri processi di sviluppo. Sapranno ricordarsene i tecnocrati dello sviluppo? MENO GIGANTISMO, PIÙ FIDUCIA E CONTATTO Contare sullo sviluppo umano comporta avere fiducia nelle ca– pacità delle comunità. Richiede tempo e pazienza, spesso in con– trasto con l'immediatezza e il «bruciare le tappe» tipiche della società dell'informazione; ri– chiede analisi e comprensione, che si acquisiscono con l'espe– rienza e il contatto diretto, più che quello mediato dallo stru– mento tecnologico. Purtroppo questa consapevo– lezza non è per nulla diffusa nella comunità internazionale che, con una disinvoltura ormai eccessiva, si rivolge a internet e alle tecnolo– gie dell'informazione nel tenta– tivo di caricare di significato pro– getti di svil uppo altrimenti poco significativi, in una qualsiasi realtà del Sud del mondo. Dalle «cittadelle digitali» pianifi– cate nei ghetti di Soweto e nell'i– sola di Mauritius ai «villaggi so– lari» (così chiamati perché dotati di computer alimentati da energia solare) realizzati in Honduras, la visione dominante nella comunità In alto: uno scaffale di un negozio africano di telefonini. A destra: un «palmare». Pagina precedente: un cellulare. internazionale è affetta da gigan– tismo. Si ritiene che un pro– gramma tecnologico debba ne– cessariamente funzionare su larga scala, raggiungendo decine di migliaia di comunità rurali, su– perando l'orbita limitata dei pro– grammi di sviluppo convenzio– nali. E naturalmente, protagoniste di tali programmi sono quasi sempre le grandi multinazionali tecnologiche, le uniche che di– spongano dei mezzi per erogare servizi a migliaia di utenti con– temporaneamente. Perché - è la domanda ricorrente - non inco– raggiarle a fornire esse stesse i beni di consumo e i servizi di base, secondo i bisogni e il bud– get delle comunità povere? Il ragionamento spiana la strada all'ingresso in massa del mondo del business, invitato a percorrere una nuova eccitante missione: quella di trasformare gradualmente (a volte in maniera diretta e a volte in partnership con i governi o le reti di Ong) i poveri in «clienti», destinati come tali a pagare servizi finalizzati (al– meno teoricamente) a migliorare la qualità della loro vita e ad au– mentare la produttività delle loro attività. Questo tipo di interventi è di solito condito da una fastidiosa dose di retorica e da un'assoluta mancanza di senso critico, fre– quente ogni volta che ci si riferi– sce a internet. Il senso di ottimi– smo, uno sviluppo fatto piovere dall'alto e la convinzione di neu– tralità della tecnologia non sono certo le premesse migliori per sviluppare una riflessione ma– tura. In un'epoca in cui alle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione si è giunti ad attribuire un valore quasi sal– vifico, ci si chiede se abbia an– cora senso discutere le finalità che dovrebbero guidare il loro impiego e l'impatto prodotto sulle fasce più deboli della popo– lazione. • -------------------------------------------------------------------- MC FEBBRAIO 2007 ■ 35
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