Missioni Consolata - Febbraio 2007
Internet, ma non per tutti L avoro da diversi anni per una Organizzazione non governativa (Ong). Siccome mi occupo di infor– matica,molti sono convinti che il mio la– voro consista nel portare le nuove tec– nologie nei paesi più poveri. Qualcuno ne ricava motivi di entusiasmo, qualcun altro di sospetto. I primi sono abbastanza facili da identi– ficare: i loro discorsi contengono im– mancabilmente elogi sperticati a quella grande «rivoluzione tecnologica» che il Nord ha già sperimentato e che il Sud, presto o tardi, potrà godere. Agli ap– prezzamenti seguono, quasi sempre, proposte di pacchetti tecnologici «chiavi in mano», pronti per essere esportati nel Sud.A costoro rispondo che i poveri non sanno che farsene di tecnologie di punta, soprattutto se sono state ideate e prodotte nei laboratori occidentali. Cercherò di spie– garne il motivo nella prima parte (Per una tecnologia dal volto umano) di questo dossier, percorso da una domanda di fondo: come coniugare i supposti benefici della società dell'informazione con quelli di un auten– tico sviluppo umano? I critici del mio lavoro, invece, sono più sfuggenti, ma non meno categorici: la mia attività consisterebbe nel colonizzare i paesi del Sud e nel soddisfare bisogni inesistenti: il Sud del mondo avrebbe bisogno di medi– cine, di acqua e di scuole piuttosto che di informatica. ■ MISSIONI A costoro rispondo che hanno perfetta– mente ragione, ma che hanno dimenti– cato due bisogni vitali: l'informazione e la comunicazione. Nella seconda parte (L'informazione? Oligopoli e nuove povertà), grazie a una rapida carrellata storica, cercherò di mo– strare il faticoso processo con cui la co– munità internazionale ha preso co– scienza dello squilibrio mondiale nel– l'informazione e nella comunicazione, presentando le svariate proposte - a volte brillanti,molto più spesso fallimen– tari - che sonostate poste inatto per argi– nare lo squilibrio. Tuttavia, ci sono domande a cui è più complicato rispondere. Provengono talvolta dagli stessi abitanti dei paesi poveri, che chiedono a gran voce di non rimanere esclusi da quegli spazi di comu– nicazione, di crescita umana e di democrazia che la rete per eccellenza, internet, sta rendendo possibile. Per loro è già stato coniato il termine «infopoveri» e si profila una minaccia del tutto inedita, indicata con il nome di «divario digitale». Quali ne sono le caratteri– stiche? Come riconoscere le forme di esclusione nella Rete? Acoloro che non si stancano di porre domande come queste, è rivolta la terza parte (Se New York vale l'Africa) di questo dossier. I GIANMARCOSCHIESARO ■--------------------------------------------------------------------- MC FEBBRAIO 2007 ■ 31
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