Missioni Consolata - Gennaio 2007
LA PARABOLA DEL «FIGLIOL PRODIGO» (6) LA LEGGE DELL'IMPOSSIBILITÀ «Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti>, neor 1,27) I l confronto presentato il mese scorso tra la parabola del «figliol prodigo• e quella del pubblicano e fariseo al tempio insegna che i vangeli devono essere letti non a pezzetti o brani separati, ma nel loro contesto e vi– sione globale. Tale confronto mette in luce che Le 15 e Le 18 (così pure il confronto tra il fariseo Simone e l'ano– nima prostituta in Le 7,36-50) sono due modi per spie– gare ai cristiani la teologia paolina della giustificazione: cuore di tutto il NT e nodo cruciale per i cristiani della prima e seconda generazione. I primi cristiani, in quanto ebrei, si consideravano depositari esclusivi della salvezza, ma entrarono in crisi quando videro che Dio accoglieva i pagani e su di essi effondeva lo Spirito senza differenza al– cupa (cf At 10). E un momento drammatico. I:accettazione nella comu– nità giudaico-cristiana dei pagani provenienti in massima parte dal mondo greco non fu pacifica né semplice. Ne fece le spese Paolo, che per tutta la vita si portò conficcata nel fianco «la spina• (cf 2Cor 12,7) del sospetto e del ri– fiuto da parte della comunità cristiana di Gerusalemme. Fu uno scontro durissimo tra due correnti teologiche: da una parte Paolo, aperto al futuro e alla libertà; dall'altra Giacomo (all'inizio anche Pietro), che pretendeva che i pa– gani, prima di diventare cristiani, si convertissero al giu– daismo, praticando la circoncisione e sottomettendosi ai precetti della Toràh. Vinse la linea di Paolo, assunta ben presto anche da Pietro (cf At IO; Gal2). QUANDO IL «NO»DIVENTA «SÌ» Vi sono nella scrittura vari esempi riguardanti coppie di fratelli o gemelli con i quali può essere confrontata la para– bola del «figliol prodigo• per assaporarne una profondità maggiore. La prima coppia riguarda due fratelli che il padre manda a lavorare nella vigna: essi si comportano in modo opposto alle parole che dicono: uno dice di sì e poi non ub– bidisce, l'altro dice di no e poi, cpentito», ubbidisce. <"Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, và oggi a lavorare nella vigna. 29 Ed egli rispose: Sl, signore; ma non andò. 30 Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli ri– spose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. "Chi dei due ha compiuto la volontà del padre? Dicono: "I:ultimo". E Gesù disse loro: "In verità vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio"• (Mt 21, 28-31). Anche qui abbiamo due figli e due comportamenti: quello apparentemente obbediente, alla fine è disobbe– diente; quello esternamente appare ribelle, alla fine ubbi– disce al padre. Il figlio che dice di sì e non va è il figlio , maggiore di Le 15 e il fariseo di Le 18 e Le 7; mentre il fi– : glio che dice di no e poi esegue la volontà del padre è il fi– : glio minore di Le 15 e il pubblicano di Le 18 e la prostituta : diLc7. Gesù commenta tale comportamento come schizofre- 24 • MC GENNAIO 2007 nico: «Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico?• (Le 6,46). Mt dice che le parole non bastano per fare di noi i figli di Dio; solo l'identità con la sua volontà ci introduce nel mistero del suo cielo: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli• (Mt 7,21 ). STARE «IN»CASA O ESSERE «NELLA»CASA La specularità tra la coppia dei fratelli di Mt e quella dei fratelli di Le è ancora più profonda perché svela la vera natura di ciascuno, al di là delle apparenze. Il maggiore af– ferma di avere detto sempre di sì nella sua vita: «<o ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando• (Le 15,29), mentre in realtà ha sempre onorato il padre •con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me• (Mt 15,8; cf Is 29,13). Egli è sempre stato materialmente «in• casa di suo padre, ma non è mai stato •nella• casa del padre e con il padre, perché chiuso nel suo egoismo e vigliaccheria. Non si è neppure accorto che ogni giorno se ne andava molto più lontano del fratello minore, andato via da casa a vivere •da dissoluto• (v. 14). I:ossessione dalla •roba• an– cora oggi gli preclude ogni possibilità di conversione. Al contrario, il figlio minore ha abbandonato il padre e la casa materialmente, ma in fondo al cuore il padre è ri– masto sempre presente; la decisione del ritorno gli viene dalla •memoria• del padre, della cui accoglienza egli non dubita: •Rientrò in se stesso e disse... Mi leverò e andrò da mio padre• (vv.15,17.18). Il minore non è «in casa•, ma è sempre rimasto •nella• casa con suo padre e, trovandosi in •un paese lontano• (v. 13) ne sente nostalgia e man– canza (v. 17). PECCATO PER DIFETTO O PER ECCESSO Ancora una volta si capovolgono le situazioni: il «lon– tano• diventa «vicino•; chi crede di stare dentro la casa si trova fuori, estraneo. Tutti e due i figli peccano nei con– fronti del padre; ma mentre il minore, assillato da un biso– gno errato di libertà, pecca per eccesso e per esuberanza, il fratello maggiore, accecato dall'egoismo, pecca per difetto, cioè per grettezza, perché dominato dalla paura e dalla re– ligione del dovere, cioè da una religiosità basata sul torna– conto. Chi pecca per eccesso, spesso lo fa per amore, mentre chi pecca per grettezza, lo fa sempre per interesse. La para– bola dei due figli «incoerenti• in Mt precede immediata– mente quella dei vignaioli omicidi (Mt 21,33-46) e anche la versione lucana dei vignaioli (Le 20, 9-29) segue il rac– conto del «figliol prodigo•. La conclusione sia di Mt che di Le è inevitabile: quando il Figlio dell'uomo verrà, «affiderà ad altri la vigna• (Le 20,16) perché i vignaioli che si era
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