Missioni Consolata - Gennaio 2007

MISSIONI CONSOLATA duplice: da un lato lasciare che l'Afri– ca venisse raccontata, come spesso accade, da non africani. Dall'altro, l'appiattirsi in attività,anche pasto– rali, concepite senza tener conto di una diversità che reclama attenzioni particolari alle varie identità cultura– li. Si è voluto evitare anche l'apporto di specialisti, privilegiando la fre– schezza e la spontaneità dell'ap– proccio all'approfondimento.Quat– tro chiacchiere tra amici o, meglio, tra gente che vuole essere amica, su temi importanti su cui si gioca la sfi– da del vivere insieme. Si è voluto che l'Africa raccontasse se stessa grazie alla voce di chi, nel cuore, nella men– te e sulla pelle,fa leggere agli altri con chiarezza, orgoglio e semplicità il suo essere africano. Osmund si è imbarcato in un tema difficile: la religiosità africana nel mondo del bene e del male. Ne ha parlato con entusiasmo, non da spe– cialista, m~ da persona impegnata per anni in un gruppo ecumenico che aTorino riunisce cristiani di varie confessioni, tutti di origine africana e di lingua inglese. Il suo è stato un viaggio all'interno della religiosità tradizionale, per cercare di spiegare con parole semplici il mondo dei simboli, dei riti, del mistero che in– fluenza la visione del cosmo e l'etica dell'uomo africano.Osmund ha fat– to accenno al carattere pervasivo della religiosità africana, che coin– volge la totalità della vita della per– sona e della comunità: nascita, ma– trimonio,famiglia, posterità e morte. Ha fatto accenno al difficile rappor– to fra religione ed etica, con il ruolo centrale giocato dal sacerdote tradi– zionale, capace di influenzare la co– munità attraverso il potere che gli viene attribuito dalla sua speciale relazione con il mondo degli spiriti. Un accenno importante è stato an– che fatto in merito ai cambiamenti che la modernità ha apportato e continua ad apportare nel modo in cui gli africani si relazionano oggi con il trascendente. Il carattere fortemente impregna– to di religiosità della vita africana coinvolge, come si è detto, altri a– spetti dell'esistenza.Kenneth,ad e– sempio, anch'egli nigeriano e impe– gnato nel gruppo cristiano-ecume– nico, ha dedicato la sua riflessione al tema «famiglia e comunità».Analiz– zando gli stereotipi che più frequen- 1111 1111 111111 Dall'alto: Fredo 0/ivero, responsabile della pastorale migranti della diocesi di Torino, rivolge il suo saluto ai partecipanti. Osmund (Nigeria) eMarie Noelle (Camerun) durante i loro interventi. temente deve ascoltare su questo argomento, Kenneth ha toccato te– mi come la famiglia tra tradizione e modernità, la poligamia, il clan, rias– sumendo il forte vincolo che si viene a creare fra membri della stessa fa– miglia con il detto africano: «lo esi– sto perché gli altri esistano».ll senso della comunità è così forte che la persona finisce con il non contare in quanto singolo, ma soltanto come membro della comunità.Nella sua relazione ha evidenziato come il tentativo di affermare la propria in– dividualità venga considerato dagli altri membri della comunità come vero e proprio desiderio di prevari– cazione. Ciò che si deve perseguire non è il vantaggio personale, ma l'interesse della famiglia, sia nuclea– re che allargata. I l tema della famiglia ha trovato il suo sbocco naturale nella rifles– sione offerta da don Jean Noel, sacerdote del Madagascar attual- mente in servizio presso la diocesi di Torino. Attraverso la virtù dell'ospi– talità, la forte unione familiare africa– na si apre verso l'esterno,verso l'ac– coglienza dello «straniero». L'ospita– lità è rispetto,dono,dialogo.Come il relatore ha ricordato, l'ospitalità afri– cana tradizionale trascende il confi– ne segnato dal focolare domestico, ma si apre a tutti gli ambienti di so– cializzazione.La scuola, gli ospedali, gli uffici,ma soprattutto la strada, sono ambienti dove l'ospitalità vie– ne riconosciuta come una virtù tra le più importanti, come un vero e pro– prio segno di accoglienza. Suor Restituta, missionaria della Consolata tanzaniana, ha ricordato come tutti i valori in discussione (fa– miglia, comunità,ospitalità, religio– sità) passino attraverso il ruolo della donna. «Una donna è un fiore in un giardino - recita un proverbio del Ghana con cui suor Restituta ha vo– luto iniziare il suo intervento- suo marito è la recinzione intorno a lei». Vera «pietra angolare» della fami– glia, la donna è l'agente propulsore della società africana: «È attraverso la sua fantasia, il suo duro lavoro, il suo elevato senso del rispetto reci– proco che, ogni giorno,viene raffor– zata la vita della famiglia e della co– munità». Partendo dalla figura della donna, sottolineandone gli stravol– genti ritmi di lavoro quotidiano per MC GENNAIO 2007 • 15

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