Racconti come questo contribui• scono ad alimentare Il mito dell'e· migratodì successo edella bellavita al di là dello stretto di Gibilterra. Nessuno parla di quanto ha soffer· to per attraversare il mare e fare l'operaio in Europa, nessuno accenna alle umiliazioni e alla fatica. «Nella regione di Beni Mellal - spiega Khalid Zerouali, portavoce della Afvic, l'Associazione dei familiari delle vittime dell'immigraz1one clandestina · quasi tutti hanno un amico, un parente o fidanzato morto affogato nel tentativo di superare lo stretto o in quello di attraversare a piedi il deserto libico. Nonostante ciò, tutte le iniziative intraprese pe.r scoraggiare l' immigrazione clandestina si infrangono sulla leggenda di chi ce l'ha fatta e sul fatto che le famiglie degli espatriati coriside_rano i loro figli o fratelli degli eroi, perché mandano i soldi a casa». Tuttavia, grazie alla tv satellitare che ha portato nelle case leìmma· gini degli scontri nella banlieue parigina, degli scioperi sindacali e del dibattrto sulle vignette su Maometto, tra i giovani marocchini istruiti il mito dell'Europa si sta ri · dimensionando e con esso anche l'amore-odio per gli zmagria. Le politiche miranti alla selezio· ne degli immigrati,. come quelle proposte dal ministro degli esteri francese Sarkozy, suonano ai marocchini come un tentattvo deliberato deJl'Europa di privare i paesi in via di sviluppo delle loro risorse più qualìficate. «L'Europa vuole i nostri cervelli e le nostre braccia migliori a prezzo scontato · racconta Hafid, che ha passato in Francia sei mesi dì stage come studente di agronomia -. Quello che non capisce la gran parte di quelli che vogliono emigrare è che anche qui si può avere un futuro». A giudicare dalle centinaia di cantieri aperti e dagli investimenti delle imprése marocchine, europee e americane in tutto il regno, il futuro di cui parla Hafid non è più così lontano. Lo scorso luglio, alla conferenza di Rabat sull'immigrazione le au· torità europee non hanno quasi parlato di espatriati marocchini , mentre hanno discusso a lungo del ruoro tampone del Marocco come paese di trans ito degli emigranti sub-sahariani, che aspettano il momento propizio per passare lo stretto di Gibilterra.·«Intorno aOujda, al confine con l'Algeria - ·racconta Araj Jalloul, dell'associa_zione-umanitaria marocchina Homme et Environnemént -, centinala di africani sub-sahariani hanno.fatto della foresta la propria casa. Vivono come animali, in condizioni igieniche e alimentari tremende, volutamente ignorati dal governo marocchino e dalle autorità europee. Con fiducia cieca, restano ad aspettare che lamafia ghanese che li ha fatti arrivare fin qui vadaa stanarli sulle montagne per di-re che è arrivato il loro turno di saltare le barriere di Melilla o di imbarcarsi su due assi inchiodate per attraversare il Mediterraneo. Non c'è modo di convincerli a tornare a casa: sarebbe troppa lavergogna nei coRfronti della famiglia che ha scommesso su di loro». S ono questi gli immigrati delle immagini trasmesse dai te'legiornali: il car·ic:o dei barconi di disperat i che durante l'estate ar· rivano sulle spiagge della costa mediterranea o sulle Isole italiane e spagnole. Visto l'intensificarsi dei controlli dei militari locali edellé guardie costiere di tutta Europa, il breve tratto che separa la città marocchina di Laayoune dalle Canarie •è stato A sinistra, vita notturnaaCasablanca. Sotto, giovani marocchini in attesa di un futuro migliore, magari emigrando In Europa. di fatto bloccato e le nuove diret• trici della disperazione partono dalla Mauritania attraverso l'oceano Atlantico, solcando oltre mille miglra di acque impetuose che travolgono un terzo delle barche di pa.ssaggio e i loro occupanti. Ma la speranza di aiutare la propria famiglia, il sogno di comprare un au· to di lusso, di indossare vestiti firmati e occhiali da sole valgono evidentemente una vita intera. La reazione di chi.queste cose le ha già sono sempre lestessee sfiorano il paradosso: oggi in Marocco, gli immigrati dell'Africa nera sono oggetto dello stesso astio subtto dai marocchini appena arri• vati ìn Europa: «Non ci si può fida· re di questi negr1. Sono qui solo per rubare e creare problemi» av· verte il ge.store di un caffè nella medina di Casablanca, mentre un avventore si rivolge a due giovani del Mali gridando: «Rentrez chez vous, tornatevene a casa vostrç1.: qui non c'è posto per voi>>. Ma a casa, insegnano gli zmagria, ci torna solo chi può farlo da vincitore. • ·----------------------------~----------------------------------------- MC DICEMBRE 2006 ■ 39
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