'I DOSSIER te Rabbani al potere a Kabul, era formata principalmente da funzionari di etnia tagika (Massud stesso è tagiko) e questo, sommato allo stato di perenne conflitto in cui versava l'Afghanistan, impediva alle classi pashtun di commercializzare le loro merci con i coetnici oltrefrontiera, paralizzando l'economia del Pashtunistan pakistano. Al tempo stesso, la compagnia multinazionale petrolifera statunitense Unocal, che dal 1992 cercava di convincere il riluttante Rabbani a concedere il passaggio sul territorio afghano dell'oleodotto per trasportare il petrolio dal Mar Caspio ai porti pakistani, vide nel nuovo movimento studentesco una valida alternativa per raggirare l'impasse frapposta da Kabul. La Casa Bianca, allettata dalla prospettiva di ridurre l'importanza geopolitica dell'Iran nella regione, diede il pieno appoggio affinché mullah Omar riuscisse a potenziare il suo esercito. Islamabad spedì Sultan Amir a Herat sotto la copertura diplomatica di console generale. In realtà Amir aveva il compito di fungere da tramite tra l'lsi, governo pakistano e Unocal. O sama bin Laden è nato nel 1957 in Arabia Saudita. La sua carriera militare inizia nel 1979, quando aderisce al movimento dei mujahedeen afghani contro l'Armata rossa. Con l'aiuto degli Stati Uniti, della Cia e del Pakistan, costituisce una formazione mil~re composta esclusivamente da arabi che lottano in nome della jihad. E il primo nucleo di quella che, anni dopo, diventerà il gruppo noto come al-Qa'ida [la base), responsabile secondo Washington degli attentati a obiettivi militari e diplomatici in Africa e Medio Oriente. Dopo una serie di successi militari contro i sovietici, Osama bin Laden torna in Arabia Saudita, dove inizia a denunciare la corruzione politica, finanziaria e religiosa della casa reale. La definitiva rottura con il mondo occidentale e con il regime di re Fahd, avviene nel 1990, quando Riyad acconsente alle truppe alleate di stanziarsi in Arabia Saudita per lanciare i loro attacchi contro l'Iraq. Non che bin Laden appoggiasse Saddam Hussein, che, anzi, annovera come uno dei suoi nemici, ma il dispiegamento di una forza militare straniera in territorio islamico per attaccare altre popolazioni musulmane, viene visto come un tradimento religioso imperdonabile. Cosi, nel 1991, è costretto a fuggire in Sudan assieme a un gruppo di fedelissimi reduci dalla guerra dell'Afghanistan, i cosiddetti «arabi afghani». In Sudan riorganizza il suo impero economico, commercia con paesi europei, tra cui l'Italia. Per la sua inflessibile denuncia alla famiglia reale saudita, perde il passaporto e, nel maggio 1996, dopo essere stato il principale artefice finanziario della vittoria ta/eban, si trasferisce in Afghanistan da dove lancia la sua fatwa antiamericana. In Afghanistan Osama gestisce diversi campi di addestramento interdetti perfino ai ta/eban, in cui vengono istruiti elementi destinati chi a combattere contro l'opposizione afghana di Massud, chi a esportare la jihad nel mondo. Da questi «non luoghi», veri e propri stati nello stato, sarebbero stati organizzati i più spettacolari attacchi contro basi militari e diplomatiche americane: le esplosioni alle ambasciate Usa di Kenya e Tanzania nel 1998, che causarono 224 morti, l'attacco del 12 ottobre 2000 contro la nave da guerra Cole nello Yemen e, naturalmente, gli attacchi simultanei dell'11 settembre 2001. Nonostante l'Fbi abbia posto sulla testa di bin Laden una taglia plurimilionaria e il Pentagono abbia condotto diverse incursioni aeree in territorio afghano con la speranza di colpirlo, Osama rimane una primula rossa. La sua inafferrabilità contribuisce a creare un alone di mistero «religioso» attomo alla sua figura. C'è chi dice che sia già morto da anni, a causa delle sue precarie condizioni di salute; c'è chi invece afferma che continua a nascondersi tra le montagne pakistane; e chi, infine, afferma che bin Laden abbia un accordo con il govemo statunitense. P erché Rabbani non abbia espulso Amir dal paese, quando i taleban non erano ancora quel movimento di massa che avrebbe conquistato il potere a Kabul, non è ancora chiaro. In una recente intervista Massud mi ha dato una sua spiegazione, a sette anni di distanza: «Avevo più volte suggerito a lsmail Khan (allora comandante della regione di Herat, ndr) di espellere Amir da Herat, ma lui non mi ha mai ascoltato, credendo fino alla fine che Sultan Amir fosse un sant'uomo, dedito alla causa dell'islam. Non credette a una sola parola di ciò che gli dicevo». l'.ubriacatura di successi ottenuti dai taleban, convinsero la dirigenza, nel marzo 1995, che fosse giunto il momento di sferrare l'attacco finale a Kabul, ignorando i consigli dell'lsi, che non considerava maturi i tempi. La disubbidienza di Omar costò al movimento degli studenti il loro quasi totale annientamento: le truppe di Massud distrussero le avanguardie ta/eban a Kabul (8 e 16 marzo 1995) e successivamente a Herat (23 marzo 1995). F u in questa fase che entrarono in gioco Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti (Eau). Dapprima il principale nuovo finanziatore dei taleban fu il petroliere saudita Turki bin Faisal, attratto dalla prospettiva dell'oleodotto, ma verso la metà del 1996, l'impasse militare convinse bin Fai sai a chiudere i rubinetti verso l'Afghanistan. I taleban si trovarono, per la seconda volta nel giro di poco più di un anno, a lottare per la loro stessa sussistenza. Fu solo nell'agosto 1996 che Osama bin Laden accettò di prendersi cura del movimento, il quale, da quel momento, non ebbe più l'appoggio della Casa Bianca. Il 27 settembre 1996, i 3 milioni di dollari concessi da bin Laden ottennero i loro frutti: Kabul, oramai distrutta da quattro anni di guerra civile, cadde nelle mani degli studenti islamici. Pakistan, Emirati Arabi Uniti e la stessa Arabia Saudita furono i soli paesi che riconobbero il nuovo governo afghano. Ironia della sorte, l'Arabia Saudita si è trovata per 5 anni ad appoggiare un governo che ospitava Osama bin Laden, un cittadino saudita a cui Ryad ha tolto il passaporto. Giochi afghani. • --------------------------------------------------------------------- 34 ■ MC SETTEMBRE 2006
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