Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2006

NERVESA DELLA BATTAGLIA (TV) - 30 luglio - 4 agosto: Campi missionari per ragazzi delle scuole medie superiori Informazioni: PP. Renato e Godfrey: Tel. 0422.771272 - 0438.57060 - milaico@libero.it CERTOSA (CN) - 21 - 24 luglio: «Punto luce» - Discernimento vocazionale per giovani/ragazze Informazioni: P. Francesco: Tel.0171.738123- fpeyron@tin.it Sr. Maria: Tel. 011.9644447 - marangi.m@tiscali.it - 24 - 28 agosto: «Và oltre» - Deserto per giovani Informazioni: P. Francesco: Tel. 0171.738123 - fpeyron@tin.it BEVERA DI CASTELLO BRIANZA (LC) - 29 luglio al 7 agosto: «La strada 5» Progetto di animazione di strada per giovani dai 18 anni in su Informazioni: P. Gianfranco: Tel. 039.5310220 - P. Giordano: cell. 333.3339205 amvbevera@missionariconsolata.it opp. saluteafrica.lecco@consolata.net SANTA VENERE (RC) dal 16 al 29 agosto - «Accorciamo le distanze» Campo di animazione missionaria per giovani dai 18 anni in su Informazioni: P. Gianfranco: Tel. 039.5310220 amvbevera@missionariconsolata.it opp. imcbevera@virgilio.it OLBIA (SS) dal 5 al 10 settembre - «La missione ci insegna...» Campo scuola per animatori missionari dai 18 anni in su Informazioni: P. Gianfranco: Tel. 039.5310220 - P. Danilo: Tel. 0789.69377 - amcbevera@missionariconsolata.it

~I LETTO~I TIBHIRINE: I OANNI DOPO N el mese di maggio 1996, aTibhirine in Algeria, 7 monaci trappisti venivano uccisi da una banda di integralisti islamici. La loro presenza in terra d'l\lgeria era da anni contrassegnata da un profondo anelito di preghiera e da una delicata amicizia verso il popolo umile e semplice con cui condividevano la vita di ogni giorno. A 10 anni di distanza, fare memoria di questi martiri cristiani è un dovere essenziale da parte nostra, per evitare che la dimenticanza del loro martirio annacqui il cammino di dialogo aperto da questi silenziosi testimoni del vangelo di Gesù. Sulla scia del loro sacrificio, altri uomini edonne hanno pagato la fedeltà al messaggio evangelico nel mondo islamico: nello stesso periodo fu ucciso il vescovo di Orano, mons. Pierre Claverie; successivamente la laica italiana Annalena Tonelli veniva assassinata in Somalia nell'ospedale che essa stessa aveva costruito per alleviare le sofferenze della povera gente; ultimo, ancora fresco di memoria, lo scorso febbraio, aTrebisonda inTurchia venne ucciso il sacerdote italiano fidei donum don Andrea Santoro. Solo restando in contemplazione di questi nomi, ci prende un senso di sgomento: a cosa serve la nostra presenza in terra islamica, se il prezzo da pagare èquasi inevitabilmente quello del martirio? Per una serena e approfondita riflessione su questi awenimenti, forse vale la pena prendere l'awio dal precursore del dialogo con il mondo islamico: Charles De Foucauld. In tempi in cui la parola ecumenismo non era ancora stata coniata e il dialogo con altre religioni non aveva ancora fatto i primi passi, con una scelta coraggiosa egli si stabiliva aTamanrasset, nel cuore del deserto del Sahara, eattraverso una presenza discreta, umile, poco appariscente, dava inizio a un solco di evangelizzazione con i tuareg del deserto di cui solo adesso si cominciano avedere i primi frutti. S iamo di fronte auno stile missionario radicalmente diverso, che per certi versi ci coglie impreparati. Quando si evoca la missione o si parla di terzo mondo, immaginiamoquasi sempre la povera gente che bisogna aiutare, offrendo quelle strutture (scuole, ospedali, servizi sociali, ecc.) di cui anostro awiso avrebbero bisogno per uscire dalla loro povertà. Non ci sfiora minimamente il dubbio che il primo approccio con gente diversa per lingua ecultura vada fatto secondo lo stile indicato proprio da questi testimoni, con una presenza nel cuore del vissuto delle persone, discreta e silenziosa, caratterizzata da un intenso e fecondo dialogo con Dio. Già i contemporanei di Charles De Foucauld percepirono il nuovo stile di dialogo, quello, cioè, di un uomo profondamente innamorato del suo Dio, tale da doverlo contemplare di fronte all'immensità del deserto, nel cuore di un popolo che, apprezzandone la discrezione, non esitò a qualificarlo come «marabutto», cioè santo. Nella stessa scia si sono mossi i trappisti di Tibhirine, Anna lena Tonelli e don Andrea Santoro: essi hanno indicato a una cristianità sonnolenta edistratta quale sia il futuro che attende un cristianesimo sempre più minoranza, senza più garanzie fornite da una società cristiana equindi intraprendere un itinerario di ascesi edialogo, dove l'essenzialità del messaggio evangelico rifulga proprio a~raverso l'adesione alla vita di Cristo. Poco prima di morire, fratel Christian scriveva: «rinsicurezza? E una grazia di fede. La più scomoda per chi pensa solo a dormire. La più adatta alla vigilanza... ACristo èstato proposto di scegliere tra due stabilità: il tronoo la croce. Ha scelto la croce: ne ha fatto il suo trono, lo sgabello del suo regno. Purtroppo nel corso della storia, la chiesa ha spesso preferito il trono. Soprattutto dopo che l'editto di Costantino ha reso la croce più diffusa e il trono più complice». Queste parole vergate da un martire dei nostri tempi, non sono solo un monito per ogni cristiano, ma indicano una strada ai fratelli e sorelle nella fede, essere battezzati è una cosa seria escegliere di vivere in pienezza il proprio cristianesimo, può avere come conseguenza anche il martirio. Riscoprire queste ricchezze perdute, ci aiuta a essere grati a quella folta schiera di testimoni di ogni lingua, razza, popolo enazione, che hanno versato il loro sangue per l'attaccamento al vangelo di Cristo eper la fedeltà all'uomo di ogni tempo. Cercando di rendere il nostro cristianesimo più comodo, lasciandoci attrarre dal potente di turno nel suo palazzo, ricercando privilegi eesenzioni, alla lunga può essere più pericoloso e più deleterio per una sincera, onesta e corretta vita cristiana. Lasciarci condurre per mano da questi testimoni, sulle strade aspre edifficili del dialogo, può essere dawero un modo nuovo per vivere la nostra fede. MARIO BANDERA MC LUGLIO-AGOSTO 2006 ■ 3

I I I I I I Ai lettori Tibhirine: 10 anni dopo di Mario Bandera Dai lettori Cari missionari (lettere a MC) Uganda Il sorriso di Geltrude di Jean Paré Brasile Uniti per... trasformare il mondo di Piero Trabucco Kenya Angeti con un'ala rotta di Daniele Pecorari Azerbaigian Ebrei del Borgo Rosso di Bianca Maria Balestra Marocco Il matrimonio? Meglio combinato! di Angela Lano Spagna / immigrazione Tanti «saponi» per un sogno di Paulina Ceballos - Paola Cereda Singapore Silenzio! Il padrone ti ascolta di Piergiorgio Pescali Italia Solidarietà in passerella di Dino Sassi - L.G.Melfa www.missioniconsolataonlus.it Il numero è stato chiuso in redazione il 5 giugno 2006. La consegna alle poste di Torino è avvenuta prima del 10 luglio 2006. In copertina: festa a Singapore Foto di: Piergiorgio Pescali Uganda Brasile • Kenya ........... --- Mall Spaana ' Singapore ltalla Stati Uniti Gli articoli pubblicati sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente l'opinione dell'editore. ~------------------------------------------------------------------------------------------

Chiesa nel mondo a cura di Ugo Pozzoli «Così sta scritto... » (14) di Paolo Farinella Battitore libero Aldo Antonelli - Marianna Micheluzzi Come sta Fatou? Le malattie dimenticate (2) di Valeria Confalonieri La vita che... (3): cure palliative di Enrico Larghero Il mondo visto dal Palazzo di Vetro (4) di Barbara Mina Mondo in un libro Fotografie (i numeri indicano le pagine): Andolfi (28,29) -Archivio IMC (2,3,6,20,21,61,63) - Bellesi (3,10,11,13,14,20) - Bello (5) - Paola Cereda (47-53) - Internet (8,9,64,69) - Oikoumene (15-19) - Paré (12,14) -Pescali (3) - Pozzoli (22). I dati personali forniti dagli abbonati sono usati solo per le finalità della rivista. li responsabile del loro trattamento è l'amministratore, cui gli interessati possono rivolgersi per richiederne la verifica o la cancellazione (legge 675/1996). ' ---------------------------------------------------------------~ MENSllE DEI MISSIONAAI DELlA (ONSOlATA FONDATO NEL 1899 Direzione, redazione e amministrazione: Corso Ferrucci, n.1 4- 10138Torino tel. O11.4.400.400 - fax O11 .4.400.459 E-mai l: rivista@missioniconsolataonlus.it Sito internet:www.missioniconsolataonlus.it Direzione: Benedetto Bellesi (direttore - .438) Francesco Bernardi (direttore resp. - .446) Ugo Pozzoli (resp. rivista «AMICO» - .492 ) Redazione: Benedetto Bellesi (bellesi@missionariconsolata.it) Marco Bello (.436) Paolo Moiola (.458) Ugo Pozzoli (pozzoli@missionariconsolata.it) Collaboratori: A.Antonelli, B.Balestra, M.Bandera, $.Battaglia, S.Bottignole, S.Calvani (da Bogotà), C.Caramanti, O.Casali, M.Chierici, G.Chiesa, P.Farinella,A.Lano, E.Larghero (med.), B.Mina, M.Pagliassotti, P.Pescal i, S.Petrovic, G.Sattin (med.), I.Tubaldo, G.Vallotto Sito internet: Paolo Moiola Archivio fotografico: Franca Fanton Progetto grafico: Stefano Labate Grafico: Carlo Nepote Spedizioni ed arretrati: Angela e Vally Stampa: Tipografia Canale, Borgaro (Torino) Editore: MISSIONI CONSOLATA ONLUS Amministratore: Guido Filipello, tel.O11.4.400.447 Segreteria: p.Giovanni Venturini, tel.O11.4.400.439 Ufficio: tel. O11.4.400.447 - fax O11.4.400.411 Conto corrente postale n. 33.40.51.35: si ringraziano vivamente i lettori che sostengono l'impegno di formazione ed informazione di « MISSIONI CONSOLATA ONLUS» . Tutti i contributi o offerte sono detraibili dalla dichiarazione dei redditi. Sped. a.p., a.2, c.20.c., legge 662/96 App. ecc. -Aut. tr.Torino - 15. 6. 48, prot. 79 Iscritto reg. naz. stampa- C./5060 1/3444 17. IO. 91 Associata all'USPI Associata alla FEDERAZIONE STAMPA MISSIONARIA ITALIANA MC LUGLIO-AGOSTO 2006 ■ 5

a Il Massaia... vive Rev.mo padre, chi le scrive ha speso quasi 40 anni della sua vita astudiare la figura del card. Massaia e pubblicare le sue opere: Memorie (6 volumi) e Lettere (5 volumi) ealtro. Perciò mi rallegro del suo scritto apparso su Missioni Consolata, di aprile 2006. Perfetto! Il «grazie» a nome dello stesso Massaia che, anche dopo la sua scomparsa, continua la «via crucis» storica, flagellato da molte parti con critiche spietate e menzognere. Ma ci ha già pensato il Justus Judex a porre rimedio: uno di questi loschi individui (un laicista) ègià stato rimosso dal suo incarico; un altro, addirittura un cistercense etiopico, degradato dal sacerdozio ed espulso dall'ordine, per ben altre accuse. padre Antonio Rosso Pinerolo (TO) Del card. Massaia abbiamo parlato tante volte e continueremo, perché è una figura missionaria affascinante. Speriamo di vederlo presto innalzato agli onori degli altari. Nessuna censura Cari missionari, scrivo aseguito dell'articolo «La croce sotto la camicia» (M. C. aprile 2006, pag. 10), che parla dell'opera della Consolata aGibuti. Conosco bene quel piccolo paese, dove mi sono recato moltissime volte per lavoro; la mia ultima visita risale ad un anno fa. In qualche modo, l'articolo mi ha deluso. Come contenuti: è impensabile parlare di Gibuti senza parlare del consumo del qat, una droga leggera, piaga che affligge la società locale eflagella l'economia soprattutto dei più poveri. Scusate se mi permetto di sospettare: c'è dietro una forma di censura o pressione governativa? Non può essere stato altro che una omissione voluta, ma così Gibuti sembra quasi un'isola felice, non si parla dell'Aids edella prostituzione, del costo della vita. Capisco che la messe è molta ma gli operai pochi, ma farete qualche cosa per i «bianchi» di Gibuti? Le diverse migliaia di legionari emilitari, le centinaia di lavoratori di ditte europee e le decine di operatori umanitari o sedicenti tali (dato che alloggiano sistematicamente allo Sheraton edifficilmente li ho visti nei quartieri disagiati) potrebbero essere un terreno. Forse non èscopo della missione, ma vi posso assicurare che gli europei, anche quelli di passaggio, che ci si fermano pochi mesi o che magari periodicamente ci si recano per una settimana soltanto, vivono una desolazione spirituale senza paragoni, perché si somma alla corruzione materiale espirituale del luogo. Come fare ad avvicinare queste persone non saprei, ma ne hanno, abbiamo, bisogno. 6 ■ MC LUGLIO-AGOSTO 2006 Complimenti per il lavoro che svolgete e la qualità della vostra rivista. Cordialità. Gionata Visconti via e-mail !.'.autore dell'articolo ha voluto semplicemente raccontare la sua esperienza equella degli altri missionari emissionarie della Consolata; come si stiano adattando e organizzando nel loro nuovo lavoro, ad appena un anno e mezzo dal loro arrivo aGibuti. Non ci risulta che le omissioni segnalate siano dovute a pressioni o censure. Certamente ne parleremo in futuro. Per quanto riguarda la cura spirituale dei «bianchi», i nostri missionari non fanno discriminazioni, anche se stanno mettendo in chiaro le priorità della loro presenza. Grazie a don Di Noto Carissimi, ho appena letto su Missioni Consolata di maggio l'intervista adon Fortunato Di Noto.Vi scrivo per fare i complimenti ai volontarioperatori di Meter eadon Fortunato per la loro opera e il loro impegno adifesa dei bambini: «Continuate così, con convinzione sempre maggiore e la certezza che state facendo una cosa buona: per questo il Signore vi aiuterà sempre». Andrea Tomasetto via e-mail Carissimi, complimenti aNicoletta Bressan eaPaolo Moiola per l'articolo sulla pedofilia . Ho fatto fatica a leggerlo, ma alla fine ci sono riuscita. Igiornalisti sono diventati gli scrittori degli orrori, ma questo orrore supera ogni cosa che finora ho letto (e scritto). Snezana Petrovic Rovereto {TN) Chi sbaglia paga Cari missionari, riguardo all'ultima parte dell'intervista adon Di Noto sento di dover fare alcune considerazioni. Primo: i pedofili che deturpano l'immagine della chiesa cattolica non sono solo quelli che hanno ricevuto l'ordine sacro. I sacramenti sono sette, non uno; per cui anche i laici fanno parte del Corpo Mistico di Cristo, sono uniti a lui nel ministero profetico, regale e sacerdotale. Se tenessimo conto di questa realtà, non diremmo che il coinvolgimento della chiesa nell'orripilante business della pedofilia eturismo sessuale è una questione prevalentemente statunitense. Secondo: anche in materia di rapporti stato-chiesa, tra Usa e Italia sussistono differenze rilevanti e la valutazione del comportamento di un prete o di un vescovo risente moltissimo di questo fatto. Forse (lo diceva qualclie anno fa anche Paolo Moiola} negli Usa c'è una sopravvalutazione del fenomeno; in Italia invece c'è sicuramente una sottovalutazione. In Italia èmolto più facile che un prete o un vescovo che hanno compiuto degli abusi (non necessariamente sessuali...) riescono afarla franca con la giustizia e, anche quando vengono riconosciuti colpevoli, èestremamente difficile che paghino qualcosa che somigli aun risarcimento. Ciò avviene anche perché l'Italia è un paese so-

rivista@missioniconsolataonlus.it degli elettori come i custodi delle radici cristiane dell'Italia edell'Europa tutta contro il dilagare dell'islamismo, terrorismo, relativismo etico e religioso. Negli Stati Uniti le cose stanno un po' diversamente, perché non è mai esistito uno Stato Pontificio, non ci sono state brecce di Porta Pia e i cattolici non sono mai stati una maggioranza rispetto ai non cattolici. Di conseguenza, un magistrato statunitense, quando conduce processi, rispetto ai suoi colleghi italiani, è meno condizionato dalle pressioni del Vaticano, stampa (cattolica enon), partiti, e il principio che chi sbaglia paga trova meno difficoltà aessere applicato in concreto. Anche se ciò significa portare la diocesi di una grande città sull'orlo della bancarotta. Francesco Rondina Fano (PU) stanzialmente clericale, dove anche molti atei (o sedicenti tali) hanno convenienza amantenere rapporti cordiali con parroci, vescovi, cardinali (pensiamo al fenomeno dei cosiddetti «atei devot i», atutti quei politici che hanno mogli eamanti avolontà, ma non perdono un'occasione per presentarsi agli occhi ARABIA (IN)FELIX: L'ALTRA FACCIA DELLO YEMEN 11resoconto sulloYemen di Claudia Caramanti (M.C.aprile2006) èmolto interessante, come lo era stato quello di 1 O anni fa (M.C. gennaio 1996pag.46-51). Èbello che questa volta Claudia abbia trovato il modo per parlare anche dell'isola di Socotra, un vero e proprio capolavoro della natura,che recentemente anche la televisione ci ha dato l'opportunità di ammirare. Devo dire però,che questa bellezza contrasta drammaticamente con lo stato di degrado in cui versa gran parte della popolazione yemenita, in particolare quella femminile. La lettura dei libri scritti da Zana Muhsen per denunciare le angherie subite da lei e da sua sorella Nadia nei villaggi dellemontagnedella Mokbana ha consolidato questa mia convinzione. Nate aBirmingham, rispettivamente nel 1965 e nel 1966,nell'estate del 1980, subito dopo la conclusione dell'anno scolastico, Zana e Nadia lasciarono l'Inghilterra per raggiungere, assieme ai loro accompagnatori yemeniti, Abdul Khada eGowad, cui il padre, yemenita anche lui, le aveva vendute. Owiamente il genitore non aveva lasciato trapelare alcunché né alle figlie né alla loro madre inglese, ma aveva dato loro a intendere che si trattava di una bellissima vacanza in un paese straordinario: «Gite nel deserto a dorso di cammello», «case a picco sugli scogli sopra il mare blu», «sabbia dorata», «palmizi», «castelli sulle dune»... La terra che gli antichi romani avevano ribattezzato «Arabia Fefix», come ricordava anche Claudia Caramanti. In realtà, una volta nelloYemen, Zana eNadia si ritrovarono prigioniere delle famiglie degli amici del loro padre efurono obbligateasposare ragazzini più piccoli di loro. Nel 1988,dopootto anni di schiavitù e inenarrabili sofferenze,Zana riuscì atornare in Inghilterra (in «cambio» dovette separarsi da suo figlio Marcus), mentre Nadia, per quel che èdato sapere, si trova ancora nella Mokbana, alla mercé di gente che la considera una macchina per far figli, di persone che approfittano volentieri di questa parentela con una cittadina inglese per avere maggiori possibilità di movimento nel vecchio continente. Ho letto tanti numeri della vostra rivista enon ricordo di avere mai sentito riferirvi allo Yemen come a una terra nella quale si consuma questo tipo di crimini. Non lo avete fatto, mi pare (ma posso sbagliarmi...), neppure nel validissimo, anzi preziosissimo numero monografico dedicato alle schiavitù del terzo millennio. Penso sia arrivato il momento di farlo; credo sia giusto dire che anche nel caso dello Yemen, anche nel caso di Zana, Nadia e di chissà quante altre ragazze e donne costrette al matrimonio-stupro in quella che l'industria turistica si ostina apresentare come Arabia Fefix, le diplomazie e burocrazie occidentali giocano un ruolo importante, ma dalla parte degli schiavisti! Mi hanno veramente sconvolto le parole scritte da Zana per evidenziare le contraddizioni di Londra.Gli inglesi sono sempre i primi e i più determinati amobilitare le loro forze armate, quando l'altra sponda dell'Atlantico invoca inflessibilità emassimo impegno,anche militare,contro terrorismo,tirannia efanatismo religioso; ma diventano inspiegabilmente e colpevolmente tolleranti quando un extracomunitario, che da tanti anni vive aBirmingham, interpreta ed esercita il suo «diritto» di educare la prole secondo «la tradizione culturale ereligiosa del proprio paesed'origine», vendendo lefiglieapersone che le tratteranno peggio delle bestie. «Se Nadia e io avessimo avuto entrambi i genitori bianchi, la "doppia nazionalità" non avrebbe costituito un problema.Nessuno avrebbe dubitato neanche per un momento che era una cosa molto negativa per noi essere vendute come schiave, tenute prigioniere in Mokbana contro il nostro volere eviolentate. Dal punto di vista giuridico Nadia era ancora minorenneper la legge inglese,quando era stata costretta econsumare il matrimonio. Se ci fossimo chiamate Smith eavessimo avuto i capelli biondi e occhi chiari, saremmo state fuori da quellemontagne nel giro di pochi mesi, se non di settimane. Ne ho avuto la conferma da altri episodi. Quando due ragazze inglesi sono state condannate per contrabbando di stupefacenti a Bangkok, John Major si è subito preoccupato di seguire il loro caso, chiedendo che venissero liberate dalla prigione e rispedite in Inghilterra. Esse avevano effettivamente commesso un reato; ma il primo ministro era disposto apassarci sopra e agiungere aun accordo nel loro interesse.Quando venimmo asapere che le ragazze stavano per essere riportate acasa,mia madrespedì una lettera aJohn Major,spiegando quanto la indignasse che alle sue figlie non avessero mai fornito una tale assistenza,ma non ricevette risposta. Quando due infermiere inglesi vennero riconosciute colpevoli di omicidio in Arabia Saudita e imprigionate, i politici si misero di nuovo in moto e queste donne fecero ritorno in Gran Bretagna in men che non si dica. Anche noi eravamo prigioniere in un paese musulmano, proprio come loro,ma non avevamo commesso alcun reato.Eravamo noi aessere vittime dei crimini di altre persone,ma nessun ministro è venuto in nostro soccorso. Nessuno di coloro che hanno il potere di cambiare le cose ha chiesto che ci fosse resa giustizia. Equandoun gruppo di turisti europei èstato rapito da alcune tribù yemenite,è stato un immediato clamore internazionale.L'unica differenza che riesco avedere tra noi egli altri è il colore della pelle...». Queste sono le amare considerazioni che Zana Muhsen fa nel suo libro «Ti salverò» (edizioni Mondadori);equeste sono anche le parole sullequali l'Inghilterra e l'Europa intera devono riflettere, se sono dawero preoccupate per la incredibile crescita di consensi che stanno incontrando, da un po' di tempo in qua, i movimenti e i partiti xenofobi, razzisti, se non di dichiarata ispirazione neonazista. Carlo Erminio Pace Pesaro Èvero. Nel nostro numero speciale sullo schiavismo del terzo millennio abbiamo appena accennato alla schiavitù «per matrimonio» e della situazionefemminile nelloYemen non abbiamo mai parlato nella nostra rivista, non certo per rèticenza omancanza di coraggio. Siamo ben felici di pubblicare il contributo del sig. Pace e restiamo disponibili adare spazio ad altre denunce del genere, quando si tratta di difendere i diritti e la dignità delle persone,a qualsiasi cultura esse appartengano. MC LUGLIO-AGOSTO 2006 ■ 1

La Chiesa d nel mon O GRANDI RBIGIONI .,.DIALOGO del 19 maggio scorso. Il suo corpo senza vita è stato ritrovato poco pri- • ma di mezzogiorno nella boscaglia 1 all'ingresso della città. La polizia ha - - -----------~ riportato l'assenza di ferite e segni di 11 ruolo decisivo del dialogo interreli- percosse. Da tempo a Eldoret si regigioso nella stabilità sociale e l'Islam stra una crescente insicurezza . La vit- (inteso come «religione di pace e coe- timo non è stata derubata e la sua ausistenza, pluralismo e dialogo») sono to è stata trovata abbandonata dopo stati discussi da buddisti, cristiani, poche ore. Padre Kibor lavorava da indù e musulmani a Dhaka, in un con- 5 anni nel carcere di Eldoret, dove vegno organizzato dall'«lstituto ben- sono reclusi oltre mille detenuti. galese del pensiero islamico» (Biit). (Misna) L'incontro, a cui hanno preso parte giornalisti , rappresentanti di Ong, insegnanti ed esponenti religiosi, aveva lo scopo di rassicurare le comunità religiose presenti nel paese sulla possibilità di vivere in pace e di predicare e diffondere gli insegnamenti delle diverse confessioni senza ostacolo. Il paese, ricorda l'agenzia Ucan News, conta 88% di musulmani, l 0% di indù e meno dell' l % di cristiani. Evocando gli attentati compiuti il 17 agosto 2005 dal gruppo estremista musulmano Jamaat-ul Mu;ahiddeen (tre vittime e un centinaio di feriti), Maulana Abul Kalam Azad, segretario generale del «Consiglio per l'armonia interconfessionale» e presidente del comitato delle moschee del Bangladesh, ha sottolineato che i «veri musulmani» sono uomini di pace. L'indù Paresh Chandra Mandai ha sostenuto che «l'induismo non solo tollera le altre religioni, ma le considera vere religioni» e che quindi gli insegnamenti induisti conducono naturalmente a buone «relazioni interconfessionali»; secondo Sukumol Barua, la pace per l'essere umano è un aspetto privilegiato degli insegnamenti di Buddha. L'incontro si è concluso con l'auspicio che il Bangladesh diventi un «modello di tolleranza interconfessionale». (Misna) UCCISO UN ALTRO SACERDOTE P adre Jude Kibor, 48 anni, cappellano del carcere di Eldoret, circa 300 km a nord-ovest di Nairobi, è stato trovato ucciso alla periferia della città . Il sacerdote sarebbe stato vittima di un'imboscata nelle prime ore 8 ■ MC LUGLIO-AGOSTO 2006 L a mobilità riguardante i paesi « musulmani merita una specifica riflessione, non solo per la rilevanza quantitativa del fenomeno, ma soprattutto perché quella islamica è un'identità caratteristica, sotto il profilo sia religioso che culturale»: lo ha detto Benedetto XVI in occasione dell'udienza concessa ai membri del «Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti», radunati in sessione plenaria sul tema «Migrazione e itineranza da e per i paesi a maggioranza islamica». I flussi dal Sud del mondo costituiscono «una realtà sempre più attuale», ha aggiunto il papa, che ha fatto notare: «Gli sforzi che in tante comunità si vanno facendo per tessere con gli immigrati rapporti di mutua conoscenza e stima, appaiono quanto mai utili per superare pregiudizi e chiusure mentali». Il santo padre ha inoltre identificato nel dialogo interreligioso un impegno importante della chiesa «a servizio dell'umanità», sollecitando ogni cristiano ad aprirsi «a ogni persona, da qualunque paese provenga, lasciando poi alle autorità responsabili della vita pubblica di stabilire in merito le leggi ritenute opportune per una sana convivenza» . «Stiamo vivendo tempi - ha detto ancora papa Ratzinger - nei quali i cristiani sono chiamati a coltivare uno stile di dialogo aperto sul problema religioso». Al termine del suo intervento ha auspicato che «i cristiani che emigrano verso paesi a maggioranza islamica trovino là accoglienza e rispetto della loro identità religiosa». (Misna) ' E una piccola vittoria per la comunità cristiana in Rajasthan, che lascia aperti spiragli di speranza: il governatore dello stato, la signora Pratibha Patii, non ha firmato il decreto anti-<::onversioni, approvato il 7 aprile scorso dal parlamento e lo ha rinviato alla stessa assemblea. Per effetto di questa mancata ratifica, il provvedimento non entra in vigore e, almeno p~r ora, non ha forza di legge. «E stato un atto di coraggio, che ha un valore maggiore perché viene da un governatore donna», hanno detto le minoranze religiose, visibilmente soddisfatte anche per la motivazione data dal governatore, che ha sottolineato come «il decreto colpisca la libertà di religione dei cittadini». Il provvedimento di legge, approvato dal governo dei Baratiya lanata Party, nonostante l'opposizione del partito del Congresso e alcuni settori della maggioranza, vieta le conversioni operate con inganno o mezzi fraudolenti e prevede per i colpevoli il carcere e pene fino a 50 mila rupie . Contro la legge si erano già espressi i leaders religiosi cristiani di diverse confessioni e musulmani in Rajasthan, che avevano rivolto un appello al governo federale dell'Unione Indiana, chiedendo di non dare il proprio assenso alla legge. Essa, hanno detto i leader religiosi, viola gli articoli n.19 e n. 25 della Costituzione indiana, che garantiscono libertà di religione per tutti i cittadini. «Il documento è parte dell'agenda nazionalista e in-

tollerante del Baratiya )anata Party», hanno sottolineato, notando che il prowedimento vieta le conversioni dall'induismo ad altre religioni, mo riconosce il diritto di passare da altre religioni all'induismo. 1 leaders religiosi si sono anche incontrati pubblicamente in una piazza di Jaipur, capitale dello stato del Rajasthan, e hanno ricevuto la solidarietà di numerosi fedeli di diverse religioni, cittadini di religione indù, rappresentanti di movimenti e associazioni, anche di alcune autorità civili. (Fides) sione offerta da alcuni accademici che orienterann9 l'approfondimento dei temi; la condivisione delle esperienze locali nelle diverse parti del continente; l'impegno di raccogliere conclusioni e orientamenti, soprattutto tra le popolazioni indigene. (Fides) condanna, dal 5 ottobre 1954 al 3 giugno 1957; il secondo dall'aprile 1958 all'aprile 1960, con una condanna a tre anni; il terzo dal marzo 1966 al 29 dicembre 1979, con una condanna a 20 anni. Monsignor Li Du'an aveva anticipato i problemi circa la nomina dei nuovi vescovi verificatasi di recente e aveva - ----------------. ribadito che «il papa è il capo della . MORl'O l VESCOVO FEDELE AL PAPA : M ercoledì 24 maggio è morto _ _____________.., monsignor Antonio Li Du'an, chiesa. L'apostolicità della chiesa consiste nel fatto che essa discende dagli apostoli, con Pietro a capo. Il papa ha il diritto di governo e supervisione su tutta la chiesa, un diritto che include l'elezione dei vescovi». A suo awiso, era importante assolutamente salvaguardare il ruolo della gerarchia, voluta da Gesù stesso. «Il potere dei vescovi, successori degli apostoli, è vero potere di governo. Certamente ogni vescovo ha i suoi limiti, e deve guidare la chiesa come un servo. Ma il suo potere è autentico, non può essere ridotto a un simbolo». TV CATTOUCHE NCONGRESSO dal 1987 arcivescovo di Xi'an (Shaanxi). Monsignor Antonio Li Du'an, la cui nomina era stata approvata dal Vaticano e riconosciuta _ -..;.___________.. dal governo di Pechino, era nato a R egisti, direttori, produttori e re- Xi'an il 13 giugno 1927 e ordinato sponsabili di programmi televisivi sacerdote I' 11 aprile 1951. Aveva cattolici di più di 20 paesi dell'Ame- trascorso lunghi anni di detenzione, rica Latina e dei Caraibi, si sono riu- in tre diversi periodi: il primo, senza (Zenit) niti nel maggio scorso a Medellin (Colombia), per il «Congresso latinoamericano della televisione cattolica». L'evento è organizzato dal dipartimento di comunicazione del «Consiglio episcopale latinoamericano» (Celam), per iniziativa del «Pontificio consiglio per le comunicazioni sociali». Il Congresso intendeva studiare l'identità e la missione cattolica nel mondo della televisione, nella varietà di servizi e iniziative presenti in America Latina, oltre a promuovere modalità e strumenti di comunione e comunicazione, e organizzare uno spazio per lo scambio dei prodotti televisivi. Inoltre si voleva dar vita a uno spazio propizio per la riflessione e la ricerca di un orizzonte comune per la televisione cattolica, per il continente e per il mondo. MISSIONE: CAMBIO ALLA GUIDA 11 papa ha nominato prefetto della «Congregazione per l'evangelizzazione del popoli» Il cardinale Ivan Dlas, arcivescovo di Bombay (India). Prende il posto del cardinale ~ Crescenzio Sepe, recentemente nominato arcivescovo di Napoli. Ivan Dias è nato a Bombay il 14 aprile 1936, dove è stato ordinato sacerdote 1'8 dicembre 1958. Per 30 anni ha prestato il suo servizio in nunziature di varie nazioni, awicinando diverse situazioni della chiesa e dei cristiani in varie parti del mondo: ha lavorato in Scandinavia, Indonesia e Madagascar. In seguito si è occupato di Unione Sovietica, Africa Occidentale e Cina durante il servizio in segreteria di stato in Vaticano. Ha quindi guidato le nunziature di Ghana, Togo, Benin per poi essere trasferito in Corea del Sud dal 1987 al 1991. Il suo servizio diplomatica l'ha reso un vero eproprio poliglotta: parla 17 lingue, molte europee, ma anche il coreano. l'ultimo servizio diplomatico di Dlas è stato in Albania dove è rimasto fino al 1997. In questo periodo ha avuto modo di conoscere e stringere amicizia con Madre Teresa di Calcutta. Proprio lui ha letto l'omelia durante la messa di beatificazione della suora albanese, celebrata dal papa il 19 ottobre 2003. Il cardinale, grande ammiratore della figura edell'opera di Madre Teresa, l'ha più volte Indicata come modello per la testimonianza cristiana, non solo in Asia: «Andare verso il prossimo, abbracciare i poveri, come faceva Madre Teresa, deve diventare un servizio comune, proprio di ogni cristiano». L:'8 novembre 1996 è stato nominato arcivescovo di Bombay e il 21 febbraio 2001 cardinale. ' I I temi principali intorno ai quali i congressisti hanno concentrato l'attenzione sono: televisione e mondo cattolico; gestione e sostenibilità di un canale televisivo; organizzazione e sfide; «Congresso mondiale della televisione cattolica», che si celebrerà a Madrid (Spagna) dal 1 Oal 12 ottobre 2006, convocato dal «Pontificio consiglio per le comunicazioni sociali». La partecipazione all'incontro madrileno si muoverà secondo tre grandi dimensioni: la rifles- (Asia News) : I I ---------------------J-------------------------------------------~------ MC LUGLIO-AGOSTO 2006 ■ 9

MISSIONI CONSOLATA P rima ancora che i missionari della Consolata si stabilissero in Uganda,alcuni giovani ugandesi avevano fatto richiesta di entrare nell'Istituto e furono accolti nel seminario di Langata,a Nairobi (Kenya). Da tali richieste i missionari operanti in Kenya ebbero l'ispirazione di estendere la loro presenza all'Uganda, coniugando l'attività di prima evangelizzazione con quella di animazione missionaria evocazionale. Dall'idea si passò ai fatti: nel 1985 i padri Luigi Barbanti e Antonio Rovelli arrivarono a Bweyogerere, una scuola-cappella della famosa parrocchia di Namugongo, la località dove un centinaio di cristiani,cattolici e anglicani,subirono il martirio. Venti anni fa, Bweyogerere era un villaggio in aperta campagna;oggi è diventata una zona urbana,alla periferia orientale di Kampala, la capitale dell'Uganda. Organizzata la nuova missione,si passò subito alla costruzione del centro di animazione vocazionale a Kiwanga,a tre chilometri dalla sede parrocchiale.Si tratta di un centro di accoglienza per giovani che sentono la chiamata alla vocazione religiosa come missionari della Consolata. Qui i giovani ugandesi trascorrono un anno per conoscere meglio l'Istituto e la loro vocazione, prima di passare al seminario di Nairobi per gli studi di filosofia. ALTRO PASSO... AD GENTES Nel 1996, quando l'immensa diocesi di Kampala fu suddivisa in 4 circoscrizioni ecclesiastiche: Bweyogerere rimase inclusa nella diocesi della capitale; Kiwanga si trovò dentro i confini di quella di Lugazi. Fu proprio in seguito a tale divisione che mons.Cyprien Kizito Lwanga, bisognoso di preti per la sua nuova diocesi di Kasana-Luweero,scrisse al superiore regionale dei missionari della Consolata in Kenya,suggerendo di prendere in consegna la missione di Kapeeka. La proposta venne accolta con favore dalla comunità dei missionari in Kenya. Ben presto fu firmato un Tristi ricordi della guerra civile che ha insanguinato la regione di Luweeroneglianni 1981-1986. ■ ■■ ■■■■ contratto, in cui il vescovo s'impegnava a costruire una casa per i missionari e il superiore promise di inviare almeno due missionari. L'offerta di questo nuovo campo di lavoro, infatti, rispondeva agli impegni presi dal loro capitolo genera1 le del 1999: estendere la missione sempre più lontano, verso luoghi più missionari, dove poter vivere in modo più radicale il proprio carisma missionario e il servizio di consolazione. Pur continuando la missione nella periferia della capitale, ma avanzando verso un territorio rurale, totalmente differente, i missionari della Consolata sentivano di procedere nella direzione migliore. Soprattutto,si tratta di una zona, chiamata «Luweero»,che ha particolarmente sofferto per i conflitti e le violenze che si sono susseguite dopo il famigerato regime di Idi Amin. Da qui cominciò la guerra di liberazione, guidata dall'attuale presiden1 te contro i suoi principali oppositori. Gli effetti si vedono ancora oggi: tanta gente è stata uccisa e tutte le infrastrutture sono state distrutte. Un anno fa, per commemorare il 25° anniversario dell'inizio di tale rivoluzione, il presidente Museveni ha voluto ripercorrere quella regione e vi ha inaugurato varie costruzioni, tra le quali anche una cappella dedicata a Santa Teresa, contribuendo con una generosa offerta. La costruzione dell'abitazione per i missionari a Kapeeka è iniziata nel 2002, ma non senza difficoltà. I mezzi finanziari del vescovo erano limitati. Nel maggio 2004, due padri, l'ugandese Leo Bagenda e il tanzaniano Edward Ololi, poterono stabilirsi in un'ala quasi terminata della casa; scavarono un pozzo e portarono l'elettricità.Con l'acqua e la corrente si poteva cominciare a lavorare. La nuova missione si trova a un centinaio di chilometri a nord ovest 1 della capitale. li suo territorio si estende per un raggio di 60 km e conta circa 26 mila persone, che vivono di agricoltura e pastorizia. Le famiglie sono numerose,con tanti bambini e giovani. Dopo la scuola elementare la mag1 gioranza dei giovani non possono proseguire gli studi per mancanza di mezzi economici.C'è tanta povertà e ignoranza. La donna in genere vive in uno stato di sottomissione all'uomo, del tutto ignara dei propri diritti. Numerose sono le ragazze madri.I due missionari hanno subito accolto le sfide e urgenze,soprattutto nel campo economico e sanitario. PEDALARE... Quasi metà della popolazione della nuova missione è cattolica; un quarto appartiene ad altre chiese cristiane, in particolare anglicana e aventista. Pochi sono i musulmani. A Kapeeka non c'è una chiesa parrocchiale, essendo stata distaccata dalla parrocchia madre di Kijaguzo; i missionari vi hanno trovato una semplice cappella; altre 20 sono disseminate su quasi tutte le colline della zona. MC LUGLIO-AGOSTO 2006 ■ 11

■ UGANDA Padre Leo mi porta a visitarne alcune e mi spiega che ognuna di esse è affidata a un laico,con l'aiuto di un catechista. Inoltre, in ogni cappella c'è una trentina di laici che fanno funzionare diversi comitati e commissioni: per la pastorale, per i giovani, per le costruzioni, per la gestione e funzionamento della vita della comunità... La maggior parte del loro lavoro missionario, quindi, si svolge nelle cappelle. Mentre percorriamo la strada principale, costeggiata da alcune botteghe e magazzini, ci fermiamo presso il rivenditore di biciclette.«È qui che, grazie agli aiuti inviatici da una Ong d'Italia, ho comperato 26 biciclette per i catechisti della parrocchia - racconta il missionario -.Abbiamo fre- ' quenti riunioni con loro, perché la nostra evangelizzazione si fonda in gran parte sul loro servizio. Per venire alle riunioni, essi dovevano fare decine di chilometri a piedi. Le biciclette hanno facilitato molto il loro lavoro. Ne sono felicissimi». Il padre vuole presentarmi il catechista del villaggio di Kyanya, ma non è nel suo appezzamento di terra.Ritorniamo sulla strada principale e lo incrociamo:con un amico ha cominciato a disboscare un terreno, perché gli abitanti del villaggio si lamentano che la chiesa è lontana. Hanno deciso,quindi,di sistemare una nuova cappella su quel terreno tra la strada principale e il villaggio. Proseguendo il nostro viaggio, ci fermiamo al dispensario di Santa Teresa, gestito da tre infermiere.Una, però,è partita per partecipare a un seminario formativo; la seconda è a casa per un lutto in famiglia;c'è ri12 ■ MC LUGLIO-AGOSTO 2006 ■■ ■■ ■■■■ masta Patricia Namutebe,che mi fa visitare il dispensario.Non ci sono né acqua né elettricità. EMl CHIAMARONO... «PADRE LETTO» Il dispensario di Santa Teresa può essere uno specchio della precarietà in cui versano la sanità e gli ospedali in molte zone dell'Uganda. Significativo al riguardo è un fatto capitato a padre Peter Ssewezi,che attualmente lavora con padre Leo,anche lui ugandese, già missionario per tre anni in Sudafrica e quattro in Kenya. «Un giorno - racconta - mi presentai all'ospedale della città più vicina con una donna gravemente ammalata. Ricevute le prime cure, la paziente doveva essere messa a letto; ma l'unico letto di cui disponeva l'o- /n alto, padre Leo Bagenda (primo a destra) con i catechisti di Kapeeka. A destra, padre LeoBagenda eun catechista con la sua bicicletta. Asinistra, i padri Leo ed Edward O/ali tra i due preti diocesani della parrocchia di Kijaguzo. speciale era già occupato da un anziano.Allora alcune infermiere stesero un materasso sul pavimento, vi adagiarono l'anziano e posero la donna sul letto liberato. Ne fui indignato! Non è possibile, dissi dentro di me. Uscii dall'ospedale e mi recai in un magazzino,dove sapevo che si vendevano i letti. Nel giro di un'ora ritornai con un letto nuovo di zecca. Da quel giorno sono diventato"il padre del letto" per medici e infermieri». In una parrocchia appena awiata, come Kapeeka, le costruzioni non mancano mai.Padre Leo mi fa visitare il cantiere dell'asilo.A Kapeeka esistono già due scuole elementari e una media statali, ma il livello d'inse-

MISSIONI CONSOLATA gnamento è molto basso.Con la scuola materna, la parrocchia spera di portare un contributo significativo all'educazione dei più piccoli. Dopo la scuola materna, sarà la volta del dispensario e in fine si aprirà il cantiere per la costruzione della nuova chiesa parrocchiale. I missionari non si aspettano di completarla prima di quattro o cinque anni:costruire la chiesa-comunità è per loro più importante che costruire la chiesa di mattoni. Da notare, poi, che la costruzione di Kapeeka, forse per la prima volta nella regione del Kenya,è affidata totalmente a missionari africani. ANZIANI: SITUAZIONE IN EVOLUZIONE Quando, 25 anni fa, spiegavo ad alcuni africani la situazione degli anziani in Canada, come alcuni di essi venissero affidati a posti specializzati per la loro cura, immancabilmente reagivano affermando che non sarebbe mai stato possibile vedere fatti del genere in Africa,dove i legami familiari sono fortissimi. Ora, visitando l'Uganda, mi rendo conto chetale situazione si sta evolvendo in maniera rapida e inquietante. La sorpresa inizia quando padre Leo mi sottopone un progetto per l'acquisto e l'equipaggiamento di un'ambulanza,destinata a trasportare gli ammalati,soprattutto gli anziani, nei due ospedali più vicini,distanti 30-40 km da Kapeeka. Più della richiesta, mi stupisce ciò che vedo con i miei occhi, quando padre Leo mi accompagna in una breve visita a quattro o cinque anziani, praticamente soli e abbandonati. «Come è possibile? Dove è andata la famiglia?» gli domando.Sono curioso. Ci fermiamo dapprima davanti a una misera capanna:tutta la parte posteriore è crollata; le travi sono divorate dalle termiti. Nel minuscolo spazio rimasto in piedi,abita un vegliardo che deve avere almeno 80 anni e si vede che è molto malato: tenta di sollevarsi per stringermi la mano, ma non ci riesce. Arriva di corsa alle mie spalle un ragazzo di 13 anni, di ritorno da scuola: è suo nipote; è tutto ciò che restava a questo vecchio. Èlui a occuparsi del nonno e a sbrigare,alla ■■ ■■■ ■■ sua età, tutte le faccende domestiche. Lo vedo uscire e,a destra della capanna attizzare il fuoco,dove bolle una pentola malandata. Non oso sollevare il coperchio! Ma dov'è il resto della famiglia? Padre Leo mi spiega che il vecchio aveva avuto alcuni figli e figlie, ma sono stati tutti uccisi durante la guerra e le violenze scoppiate dopo la caduta del regime di Idi Amin. Mentre ci rechiamo a visitare un'altra famiglia,ci fermiamo a salutare uno dei più anziani catechisti Namugongo: santuario dei martiri ugandesi (1885-1887). della parrocchia, immigrato in questa zona dai tempi dei missionari d'Africa (Padri bianchi). Nonostante la sua evidente età avanzata, cammina e si awicina alla jeep insieme alla sua sposa, tutta felice di poter salutare dei preti. CIRCA 16 FIGLI Il prossimo anziano si chiama Joseph Makuya; ha passato la vita nella polizia, fin dai tempi del colonialismo britannico; parla un eccellente inglese. Posso quindi fargli qualche domanda: il suo cervello è definitivamente in eccellente forma, malgrado i 78 anni suonati.Sua moglie (la seconda o la terza, non oso domandarglielo), molto più giovane di lui,si awicina con due sedie e s'inginocchia davanti a noi,secondo il costume di queste regioni: le donne accolgono i visitatori inginocchiandosi davanti a loro. La accompagnano tre figli, il più giovane ha 12 anni. «È vostro figlio?» domando al vecchi. «Sì, il più giovane» risponde. Di fronte alla vigoria di quest'uomo mi azzardo un'altra domanda: «A quando il prossimo?». «Paolo è l'ultimo - risponde sorridente-. Lo abbiamo battezzato col nome di Paolo perché è nato durante l'ultima venuta in Uganda di Giovanni Paolo 11».«Quanti figli avete?». «Circa 16» risponde con un sorriso ancora più largo.«Dove sono ora?». Joseph Makuya mi spiega che i giovani non vogliono più restare in campagna. Una volta in questa regione i colonizzatori britannici possedevano immense piantagioni di caffè,che davano impiego a centinaia di lavoratori.Poi il suo prezzo sempre più in ribasso,la concorrenza internazionale,con l'aggiunta di una malattia che divora e uccide le piante di caffè, hanno avuto per effetto di porre termine a quell'età dell'oro. Ora, finita la scuola secondaria e anche prima, i giovani vanno nelle città del paese in cerca di lavoro.Aggiunge che una o due volte all'anno riusciva ad andare a visitarli; ma orMC LUGLIO-AGOSTO 2006 ■ 13

-■ UGANDA Sopra, perforazione di un pozzo sponsorizzato dalla parrocchia. A destra, i padri Luigi Barbanti e Antonio Rovelli: primi missionari della Consolata in Uganda. mai,a causa di forti dolori alla schiena, gli è sempre più doloroso affrontare un viaggio di tre ore. Le persone anziane restano qui,sole. GELTRUDE, LAVICINATA Dall'altro lato della strada abita Geltrude.Tulle le mattine Joseph va avisitarla per avere sue notizie. Lo stesso fa al tramonto. Anch'essa è totalmente sola, ma per un'altra ragione. Era emigrata in questa zona insieme a suo marito in cerca di lavoro. La sua famiglia è a 300 km più a 14 ■ MC LUGLIO-AGOSTO 2006 ■■ ■■ ■■■■ ovest. Dopo la morte del marito, è remasta tutta sola e il suo vicino Joseph ha cominciato a occuparsi di lei. Dovrebbe avere un paio d'anni più di lui; ma, come capita spesso in Africa, nessuno sa dire con precisione la propria data di nascita. L'anno scorso,a causa di un uragano particolarmente violento, un grosso albero è caduto sulla capanne di Geltrude. È Joseph a raccontare l'accaduto: «Dopo quel rumore simile a un colpo di fulmine,sono uscito precipitosamente e che vedo? Il grande albero che era sul bordo della strada non c'era più.Mi faccio avanti e mi accorgo che è caduto sulla casa di Geltrude.Tutto spaventato, m'infilo tra i rami e arrivo fino alla sua capanna e vedo la donna uscire lentamente dalle rovine della sua casa,indenne,senza neppure un graffio. È un miracolo». Mi volto e vedo che ora Geltrude abita in una modesta casa; allora Joseph mi spiega che tutti i vicini si sono messi insieme per salvare ciò che si poteva ancora salvare dalle rovine della casa schiacciata e hanno ricostruito in tutta fretta un riparo, per colei che è considerata la più anziana del villaggio. Padre Leo cerca di comunicare con GE!ltrude; ma essa è diventata talmente sorda da rendere impossibile una conversazione. La salutiamo,ammirando il bel sorriso che addolcisce quel viso profondamente segnato da una storia così lunga e ~a::..:=!IDl~..i.;...~ L11L11~LJ1~; tanto drammatica. ■

■ BRASILE ■ ■■ ■ ■■■■ Porto A/egre: Assemblea del Consiglio mondiale delle chiese e on scadenza settennale, il Consiglio mondiale delle chiese (Cmc) celebra la sua assemblea generale. Essa costituisce un momento importante di incontro per i rappresentanti di varie comunità cristiane, nell'intento di costruire nuovi ponti fra le innumerevoli chiese cristiane, fare un consuntivo del cammino compiuto verso l'unità dei cristiani e per programmare ulteriori tappe verso la realizzazione dell'ideale voluto da Gesù stesso, che tutti i credenti «siano una cosa sola» (Gv 17, 21). «Trasformazione» è stata la parola d'ordine risuonata nell'Assemblea del Consiglio mondiale delle chiese (Cmc), tenuta a Porto Alegre (Brasile) dal 14 al 23 febbraio scorso. Vi hanno partecipato quasi 4 mila persone, provenienti da tutto il mondo, rappresentanti di 348 chiese membro. Era presente, come membro della delegazione vaticana, anche padre Piero Trabucco, che condivide con noi la sua esperienza. UNITI PER... TRASFORMARE IL MONDO ------------------------------------------------------------------------------~--------------- MC LUGLIO-AGOSTO 2006 ■ 15

-■ BRASILE Nel mese di febbraio 2006, per 1 O giorni, in Porto Alegre (Brasile), si sono dati appuntamento 3.838 rappresentanti di chiese cristiane,di cui 691 erano delegati ufficiali econ diritto al voto, mentre i restanti 3.147 partecipavano avari titoli,quali osservatori ufficiali, giornalisti, rappresentanti dei giovani o di altre categorie all'interno del popolo cristiano. Tra questi osservatori ufficiali c'erano i membri della delegazione del Vaticano,comprendenti vari rappresentanti del «Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani»ealtri invitati, come religiosi e religiose, membri di movimenti ecclesiali, vescovi e sacerdoti. Come segretario dell'Unione superiori generali, ho avuto il privilegio di essere invitato a fare parte della delegazione vaticana e così di poter vivere all'interno e in maniera molto intensa questo evento. Ho potuto così scoprire, poco a poco, cosa significa per la chiesa cattolica,oggi, vivere l'impegno di lavorare per l'unità dei cristiani nel grande movimento ecumenico. UN PO' DI STORIA Per comprendere meglio l'importanza di questo evento, è forse opportuno ricordare come è nato ecome si è sviluppato il Consiglio mondiale delle chiese. La prima Conferenza mondiale della missione, tenutasi a Edimbur- • .,..., ,ga.""• ,;Ò, 111 Y -~~ ,,,of«:, ~ n$!o'"' ,;,. tta ,...--, ~"~· ~11 , . ' - 16 ■ MC LUGLIO-AGOSTO 2006 ■■ ■ ■ ■■ ■ ■ go, viene celebrata nel 191 O ed evidenzia con molta forza il bisogno di lavorare per l'unità della chiesa,se si vuole essere efficaci annunciatori del vangelo ai popoli. Da quella assise nascono il «Consiglio internazionale della missione»,«Fede e costituzione» e «Vita e lavoro». Alla vigilia della seconda guerra mondiale,alcuni capi delle chiese cristiane «storiche» propongono di costituire il Consiglio mondiale delle chiese. L'idea si potrà concretizzare soltanto nel 1948,quando i rappresentanti di 147 chiese si riuniscono in Amsterdam e danno vita al Cmc. In seguito le assemblee verranno celebrate in varie parti del mondo, con tematiche specifiche e per affrontare questioni particolarmente sentite dalle varie chiese. . L'Assemblea di Nuova Delhi,nel 1962,offre al Consiglio una struttura solida e un'apertura a tutti i continenti.In quell'occasione un buon numero di chiese ortodosse decide di aderire al Consiglio mondiale delle chiese. Negli anni '70 e '80, si affrontano temi teologici quali l'eucaristia, il battesimo e i ministeri della chiesa. Negli anni'90,si presta una particolare attenzione ai temi della pace e della giustizia. Ad Harare, nel 1998, si fa una seria riflessione sulla tensione ecumenica del Consiglio stesso.Viene dato voce Logo della 9" Assemblea del Cmc. a un diffuso malessere delle chiese ortodosse, a causa dell'eccessivo frazionamento dei rappresentanti delle chiese membri. LA CHIESA CATTOLICA NON NE È MEMBRO: PERCHÉ? La domanda è stata ripetutamente posta a noi, membri della delegazione vaticana, nel corso dell'Assemblea di Porto Alegre.11 Pontificio consiglio per l'unità delle chiese ha voluto allora ricordare i motivi principali per cui la chiesa cattolica, pur essendo un attivo partner, non ne fa giuridicamente parte. Fin dalla sua nascita nel 1948, nel Cmc predomina una ecclesiologia prevalentemente protestante.Gli ortodossi sono sempre stati una minoranza e la loro posizione teologica non viene presa molto in considerazione. L'auspicio che anche la chiesa cattolica entri a far parte del Cmc viene ripetutamente ribadito. La chiesa cattolica si troverebbe molto a disagio con l'ecclesiologia vigente oggi nel Consiglio. Secondo l'attuale costituzione del Cmc, le chiese membri sono le chiese nazionali. Esse si presentano all'assemblea a titolo individuale, per cui all'interno della stessa chiesa (es. anglicana) le posizioni possono essere molto diversificate. La chiesa cattolica,come chiesa universale, non può essere accettata dall'attuale struttura del Cmc. La costituzione attuale del Cmc t?'""D:d:i!lill•• prevede che il numero complessivo dei fedeli di una chiesa determini il numero dei delegati all'Assemblea. Se la chiesa cattolica dovesse entrare nel Consiglio,essa avrebbe il numero doppio di delegati di tutte le altre chiese assommate assieme, che è invece di 560 milioni. Il tema dell'autorità è centrale nella chiesa cattolica.Senza dubbio,il modo di intenderla costituirebbe un ostacolo non indifferente alle chiese protestanti e anche aquelle ortodosse. Per questi e altri motivi, la chiesa cattolica, pur essendo presente nel Cmc attraverso una viva collabora- ' zione con le sue attività e soprattutto negli approfondimenti teologici, in vista di un cammino comune verso l'unità, non ne fa parte giuridica. Il suo ruolo nel Cmc,sebbene di-

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