CARTAGENA DEL CHAIRA (COLOMBIA) CON IL «CRISTO DEI DOLORI» M ercoledì 12 aprile: insieme al seminarista kenyano Clemens, parto da Cartagena del Chaira con un mezzo pubblico per andare a celebrare la pasqua al villaggio Camicaya. Partiamo con un'ora di ritardo, aspettando che la jeep si riempia di 10 passeggeri, tanti ne sono consentiti. Siamo in 9; ma durante il tragitto se ne aggiungono altri. Viaggiamo stretti come sardine; alcuni sono aggrappati fuori del veicolo. Alla fine una signora si prende la briga di contarci: siamo in 22. Per strada ci sorprende la pioggia; la jeep finisce fuori strada. La doppia trazione è fuori uso. Ma per fortuna l'autista riesce a telefonare a un altro autista che ci porta sani e salvi a destinazione. G iovedì santo, 13 aprile. Passo la mattinata a preparare i canti e le cerimonie delle celebrazioni del triduo pasquale. Alle tre del pomeriggio iniziamo la celebrazione dell'«Ultima cena del Signore». Per la lavanda dei piedi, al posto dei dodici apostoli, ci sono adulti, uomini e donne, ragazzi e bambini. È un momento significativo anche per me, chiamato dal Signore in questo luogo, a servire questa gente, offrendo la mia vita e tutto l'amore possibile. V enerdì santo, 14 aprile. La celebrazione inizia alle tre del pomeriggio, con la liturgia della parola, l'adorazione della croce, e prosegue con il commento alle ultime «7 parole» dette da Cristo prima di morire. È una tradizione di quasi tutti i paesi dell'America Latina. Si tratta di una lunga serie di prediche su tali parole pronunciate da Gesù sulla croce, un commento al suo testamento finale, che si traduce in un riassunto del suo messaggio e del suo vangelo. Concludiamo la celebrazione con la comunione. Dopo due ore e mezzo di celebrazione, ci diamo appuntamento al solito negozio per bere un po' di acqua fresca o una bibita. Questa è la giornata più importante del triduo pasquale in tutta la Colombia e anche per questo sperduto angolo della terra. La gente si identifica di più con il Gesù che soffre, che con il Cristo risorto. Il «Cristo dei dolori» rispecchia la vita dura di questa gente, che deve strappare alla foresta la terra metro per metro, abbattendo alberi giganteschi con mezzi rudimentali; isolati dal resto del mondo e dimenticati dalla stessa Colombia, senza una qualsiasi forma di assistenza sociale, isolati tra loro stessi, da un'abitazione all'altra, a causa delle distanze e dell'inaccessibilità delle vie di comunicazione. Anche qui la gente vive coltivando la coca, nonostante la repressione militare. Ora si sta tentando un'alternativa, che sembra essere il formaggio. Gli allevamenti di mucche da latte stanno aumentando; la gente trasforma il latte in «una specie di formaggio», che i commercianti comprano e portano a Bogota, la capitale, per essere ulteriormente lavorato e trasformato in vari tipi di formaggio. Come accade in ogni parte del terzo mondo, il prezzo non viene stabilito dai produttori, ma dai commercianti, e può oscillare tra 10 e 25 euro all'arroba, unità di peso locale, corrispondente a 12 chilogrammi. S abato santo, 15 aprile. Nel villaggio di Camicaya celebreremo la veglia pasquale alle 10 del mattino, anziché la sera. Come era prevedibile, a questa celebrazione partecipa metà delle persone rispetto a ieri. Ad ogni modo, eseguiamo la celebrazione in tutte le sue parti: liturgia della luce, della parola, la benedizione dell'acqua battesimale e l'eucaristia. Cerchiamo di aiutare i fedeli a vivere tale celebrazione con intensità, spiegando segni e simbologie dei vari riti, come avevo fatto l'anno scorso a Nervesa della Battaglia: mentre cantavo «Cristo luce del mundo», non ho potuto fare a meno di ricordare l'ultima pasqua celebrata in Italia. Il contesto diverso, ma identica è l'intensità. È il grande miracolo della nostra fede: celebrata in una bella chiesa o nella cappella con tetto in lamiera di Camicaya, la pasqua ha la stessa forza e potenza. Cristo è risorto anche qui, in questo angolo sperduto della Colombia, dove ho trovato tanta semplicità, umiltà, speranza e soprattutto tanta fede. Angelo Casadei MC GIUGNO 2006 ■ 13
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