Rembrandt è un poeta e attraverso i colori e la disposizione delle figure fa «vedere»plasticamente l'abisso e il vertice della parabola lucana: il padre (con il maggiordomo) spicca nel colore rosso del suo mantello, simbolo del calore della «casa», mentre ambedue i figli sono avvolti nel grigio del loro egoismo ed esilio: uno che ritorna quasi morto e l'altro che nutre pensieri di morte pur stando «in casa». Non sappiamo se Rembrandt conoscesse l'esegesi giudaica, ma è certo che in quella figura di padre, materno e paterno insieme, egli esprime ciò che la scienza della ghematria, cioè il valore numerico delle lettere alfabetiche, dice con il linguaggio dei numeri meglio di qualsiasi altra forma esplicativa. In ebraico, infatti padre si dice 'ab e ha il valore numerico di «2»; madre si dice 'em e ha il valore numerico di «41 », mentre figlio si dice yelèd e ha il valore numerico di «43», cioè la somma di 2+41: il figlio è il risultato della sintesi di «padre+madre». Il figlio è la vita visibile del padre e della madre. IN PRINCIPIO FU LA PREDICAZIONE ORALE La parabola del «figliol prodigo»si trova solo in Luca, non in Matteo e in Marco e nemmeno in Giovanni. In termini tecnici, con una parola greca, si dice che è un racconto hàpax, cioè una parabola detta «una sola volta». Per rispondere alle domande del lettore, è necessario fare un po' di storia sulla formazione dei vangeli, che non sono opere scritte a tavolino, come la biografia di un personaggio. I vangeli nascono come predicazione che si tramanda oralmente. Gli apostoli , dal giorno della pentecoste non si preoccupano di scrivere una «vita di Gesù», ma si buttano nelle piazze e sulle strade a «predicare» agli ebrei loro contemporanei che Gesù, l'uomo di Nazareth crocifisso, è il messia atteso, che Dio ha risuscitato dai morti . Per farsi un 'idea di questa predicazione basta leggere il capitolo 2 del libro degli Atti, che riporta il primo discorso missionario (tecnicamente si dice kèrigma, cioè annuncio) di Pietro il giorno di Pentecoste. I primi cristiani erano ebrei che frequentavano il tempio a Gerusalemme e la sinagoga nelle altre città e villaggi. Qui ascoltavano la Parola di Dio, cioè quello che noi oggi chiamiamo l'Antico Testamento. Con la conversione di Paolo di Tarso (35/36 d.C.) , inizia anche la predicazione alle persone di lingua greca residenti in Gerusalemme con cui inizia la missione verso i pagani o gentili (dal latino gentes che significa le genti/i popoli). I quali gentili non conoscono la tradizione religiosa ebraica, ma hanno una esperienza religiosa politeista e quindi non sanno nulla della storia degli ebrei: patriarchi, esodo, promessa, alleanza, messia. Si hanno così due kèrigma/annunci: uno rivolto agli ebrei, prevalentemente da Pietro, che parla di Cristo come messia d 'Israele nel solco delle promesse dell'Antico Testamento, e l'altro rivolto ai pagani, prevalentemente da Paolo, che svela il piano di salvezza del Dio del - la creazione realizzato in Gesù Cristo, figlio di Dio e salvatore del mondo. Questi due annunci sono orali. LE PRIME RACCOIJ.'E SCRITIE I primi scritti del NT sono le lettere che Paolo scrive alle comunità da lui fondate e dalle quali si trova lontano (anni 50-67 d.C.) . Queste lettere passano di comunità in comunità e vengono lette durante le riunioni eucaristiche (cf 1Ts 5,27; Col 4, 16). Più ci si allontana dalla pasqua di Gesù e più la chiesa primitiva si allarga e si organizza. C'è bisogno di avere strumenti adeguati sia per integrare la liturgia leggendo «fatti e parole»di Gesù accanto all'AT, che ora viene letto e interpretato alla luce della sua morte e risurrezione. Accanto alle lettere paoline, nascono le prime raccolte scritte su ciò che Gesù ha detto e ha fatto. Nascono così liste di miracoli, raccolte di parabole, insegnamenti di Gesù in diverse occasioni; coloro che avevano conosciuto Gesù fanno a gara a ricordare questa o quella parola o una frase o miracolo che Gesù ha fatto o detto nelle più diverse situazioni. È un cammino lento, che alimenta un materiale sempre più corposo, ma anche sempre più lontano dal suo contesto storico. Quello che Gesù ha detto· o fatto non viene ricordato solo per conservarne la memoria, ma principalmente per rispondere alle nuove problematiche e situazioni della vita: se i cristiani sono perseguitati, si domandano come Gesù si sarebbe comportato e quindi si va alla ricerca di parole e fatti che possono essere di aiuto in questa circostanza; di fronte agli ebrei che negano la messianicità di Gesù, si cercano quelle parole e fatti che invece l'appoggiano; davanti a una religione ufficiale troppo esteriore, si ricordano parole e fatti che esprimono una purifica- , zione della religione e di Dio. Tutti questi scritti in origine 1 sono autonomi e indipendenti gli uni dagli altri. : I PRIMI TRE VANGELI PRIMA DEI SINOTTICI L:ipotesi più accreditata considera che la predicazione degli apostol i fu messa per iscritto dando vita a un probabile Vangelo dei dodici, forse scritto in ebraico o aramaico a Gerusalemme prima dell'anno 36, anno in cui gli ebrei di lingua greca, chiamati «ellenisti» nel NT, furono cacciati dalla città santa, spostandosi ad Antiochia in Siria, a nord della Palestina. Qui nasce e si sviluppa una fiorente comunità dove per la prima volta i discepoli di Gesù sono chiamati «cristiani». Anche qui si sentì la necessità di avere «scritture» di Gesù sia per la liturgia che per la catechesi. Si suppone che il Vangelo dei dodici sia stato tradotto in I I I I I l I I I ------------------------------------------------------ MC MAGGIO 2006 ■ 25
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